L’inverno australe si avvia alla conclusione e le notizie che arrivano dall’altra parte del mondo non sono rassicuranti. L’Australia ha affrontato infatti una delle stagioni influenzali più impegnative dell’ultimo decennio, la seconda peggiore in dieci anni, con un forte impatto sul sistema sanitario. E come spesso accade, ciò che avviene nell’emisfero sud anticipa l’andamento della stagione influenzale europea, Italia compresa.
«Anche se è ancora presto per fare delle previsioni precise in quanto molto dipenderà anche dall’andamento meteorologico, alla luce di tutto ciò non possiamo permetterci di trascurare i segnali d’allarme e dobbiamo farci trovare pronti. L’influenza non è mai da sottovalutare: sebbene spesso venga percepita come una malattia stagionale fastidiosa ma tutto sommato gestibile, essa rappresenta un rilevante problema di salute pubblica, capace di determinare ogni anno migliaia di ricoveri e non poche complicanze gravi, soprattutto nei soggetti più vulnerabili» spiega il professor Fabrizio Pregliasco, virologo e docente all’Università di Milano, direttore scientifico di Osservatorio Virusrespiratori.it.
Diversi virus in circolazione
Il quadro che emerge dai dati australiani mostra una circolazione particolarmente aggressiva del virus influenzale di tipo A H1N1 e del virus di tipo B Victoria, quest’ultimo considerato una peculiarità della stagione e potenzialmente in grado di aumentare i contagi, anche perché la copertura nei confronti di questo ceppo risulta inferiore. «I dati che ci arrivano dall’Australia, dove la stagione influenzale svolge al termine, non ci danno buone notizie, proprio perché quest’anno in Australia la stagione è stata molto intensa, la seconda peggiore degli ultimi 10 anni, con una co-circolazione di virus influenzale di tipo AH1N1, di virus influenzale di tipo Victoria, che è una peculiarità, purtroppo, di quest’anno, insieme poi anche ad altri due virus, virus respiratorio sinciziale e ancora – e lo vediamo anche già ora in Italia – la presenza di virus Covid-19» precisa Pregliasco.
Il rischio, dunque, è che anche nel nostro Paese l’influenza arrivi in anticipo e con una diffusione particolarmente ampia. “Tutto questo ci fa pensare a una stagione con un inizio abbastanza brusco da metà ottobre in poi, dipenderà anche dalle condizioni meteorologiche, e con una intensa presenza di virus che coinvolgerà dal 15 al 25% della popolazione” avverte il virologo.
Vaccini disponibili da ottobre
Un elemento positivo è che entrambi i principali ceppi influenzali previsti – A H1N1 e B Victoria – sono già contemplati nella formulazione del vaccino antinfluenzale, disponibile in Italia a partire da ottobre. Per questo, sottolinea Pregliasco, “sarà fondamentale pianificare in modo adeguato le strategie di protezione vaccinale. La vaccinazione antinfluenzale è lo strumento più sicuro ed efficace per ridurre la circolazione del virus e soprattutto per limitare le conseguenze cliniche nei soggetti fragili. Pazienti anziani, persone con patologie croniche (cardiovascolari, respiratorie, metaboliche), donne in gravidanza e bambini molto piccoli rappresentano i gruppi più esposti a complicanze severe: in questi casi, un’infezione influenzale può comportare rischi significativi per la salute, fino a determinare la necessità di ricovero in terapia intensiva.”
Accanto all’influenza, non bisogna dimenticare gli altri virus respiratori che circoleranno nella stessa finestra temporale, dal virus respiratorio sinciziale al SARS-CoV-2, la cui presenza si registra già da settimane con un lieve incremento dei casi. Ecco perché, per le categorie più vulnerabili, può essere utile considerare la vaccinazione antinfluenzale come un’occasione per effettuare anche un richiamo anti-Covid. «Tutto questo quindi ci fa rilanciare l’opportunità di pianificare il richiamo della vaccinazione antinfluenzale, cogliere l’occasione per i fragili e gli anziani di eseguire un richiamo anche per quanto riguarda la vaccinazione contro il Covid-19, perché appunto questi virus per loro soprattutto – e lo sappiamo – determinano effetti pesanti di salute, costi sanitari e costi sociali non da poco» conclude Pregliasco.
Influenza: come riconoscerla
A differenza dei comuni raffreddori o delle classiche sindromi da raffreddamento, l’influenza vera e propria arriva all’improvviso. Non “cresce poco a poco”: i sintomi compaiono bruscamente, spesso nel giro di poche ore, e nel giro di mezza giornata ci si ritrova a letto con febbre alta e spossatezza.
Il primo campanello d’allarme è proprio la febbre. La temperatura corporea sale rapidamente, toccando spesso valori tra i 38,5 e i 40 gradi e rimanendo alta per tre o quattro giorni. Non è un effetto collaterale, ma un meccanismo di difesa del corpo: il calore infatti ostacola la sopravvivenza dei virus. In questi casi, oltre al riposo, sono utili antipiretici e antinfiammatori, accompagnati da tanta acqua per compensare i liquidi persi con la sudorazione.
Subito dopo arriva la tosse, che può essere secca o grassa a seconda della fase della malattia. È il modo con cui l’organismo cerca di liberare i bronchi dal muco che intrappola i virus. A volte può essere accompagnata da dolori al petto, che diventano più intensi proprio durante i colpi di tosse.
Non manca quasi mai il mal di testa, presente in circa l’80% dei casi e spesso particolarmente forte. Spesso si associa ai dolori muscolari e articolari che danno quella tipica sensazione di “ossa rotte” che tutti conoscono. Anche in questo caso i farmaci antidolorifici possono essere di aiuto per rendere più sopportabile il quadro.
Infine, l’influenza lascia dietro di sé un nemico invisibile ma tenace: la stanchezza. La debolezza è molto intensa nei primi giorni, quando ci si sente letteralmente privi di forze, e si trasforma poi in una sensazione di spossatezza generale che può accompagnare il recupero anche per due o tre settimane.

