Un’indagine innovativa pubblicata sulla rivista Cell Reports da Ilana Brito, ricercatrice presso la Cornell University, e il suo team, svela come la varietà del microbiota intestinale nelle diverse popolazioni mondiali possa giocare un ruolo cruciale nella suscettibilità alle infezioni intestinali. Lo studio mette in luce differenze significative nei microbioti intestinali a livello globale, con potenziali implicazioni per la comprensione della salute umana.
La ricerca ha esaminato i microbioti di individui dagli Stati Uniti, Guatemala e Fiji, trasferendoli in topi precedentemente privi di germi. Dopo l’esposizione a Citrobacter rodentium, un patogeno utilizzato come modello per le infezioni da Escherichia coli negli umani, è emerso che i topi con microbiota guatemalteco mostravano una maggiore resistenza all’infezione, seguiti da quelli con microbiota statunitense, mentre i topi con microbiota delle Fiji erano i più vulnerabili.
Interessantemente, i topi con microbiota guatemalteco presentavano anche livelli elevati di specifiche molecole immunitarie e marcatori fecali di infiammazione, suggerendo un legame diretto tra la composizione microbica intestinale e la risposta immunitaria.
In un esperimento successivo, i ricercatori hanno dimostrato che la resistenza all’infezione poteva essere “condivisa” tra topi di diversi gruppi attraverso il trasferimento del microbiota, evidenziando la plasticità del sistema immunitario in relazione alla composizione microbica intestinale.
Questi risultati aprono nuove prospettive per l’impiego del microbiota intestinale come bersaglio per strategie preventive e terapeutiche contro le infezioni, sottolineando l’importanza di una prospettiva globale nella ricerca sul microbioma per migliorare la salute umana a livello mondiale.