Centomila miliardi: è questo il numero stimato dei microrganismi che ciascun individuo ospita nel proprio intestino dal momento della nascita e, abbastanza stabilmente, per tutta la vita. Una cifra ben dieci volte superiore a quella di tutte le cellule che compongono tessuti, organi e apparati dell’intero corpo umano e che, in termini di massa, contribuisce per quasi 2 kg a determinarne il suo peso totale.

Un vero e proprio ecosistema formato da batteri e virus, lieviti e funghi, in equilibrio dinamico tra loro e con l’ospite, che non si limitano a sfruttare le risorse energetiche che introduciamo con l’alimentazione, ma che hanno la capacità di influenzare il nostro metabolismo, il nostro stato di salute e, secondo le ricerche più recenti, perfino il funzionamento del sistema nervoso centrale e il nostro benessere psicologico e, attraverso il cosiddetto “asse intestino-cervello”.

Per questo motivo, il microbiota intestinale sta suscitando un enorme interesse tra medici e ricercatori che, studio dopo studio, stanno comprendendo quanto complesse siano le interazioni tra il corpo umano e i microrganismi che lo abitano e le enormi potenzialità della modulazione delle comunità batteriche intestinali nel contribuire a ottimizzare il funzionamento dell’organismo e contrastare disturbi di vario tipo e diverse patologie, non soltanto in gastroenterologia, ma in vari ambiti della medicina.

Che cos’è e come si forma il microbiota 

Il microbiota intestinale inizia a formarsi al momento del parto, definendo la sua composizione “di base” nei primi 12 mesi dopo la nascita, per arrivare a un assetto simile a quello che sarà poi mantenuto in età adulta entro i 3 anni di vita. Nella prima fase del suo sviluppo, la composizione del microbiota è determinata dalla genetica individuale e dai microrganismi materni con i quali il neonato entra in contatto mentre attraversa il canale vaginale (in caso di parto naturale) e nei primi mesi di vita, anche in funzione del tipo di allattamento e svezzamento. Ciò fa sì che ogni individuo sia dotato di un microbiota intestinale unico e non riproducibile, che può essere considerato una vera e propria “impronta digitale microbica”.

Tuttavia, la composizione della microflora endogena non è “rigida”, ma cambia nel corso della vita, adattandosi via via alle sollecitazioni provenienti dall’ambiente esterno (alimentazione, farmaci assunti, cambiamenti di stile di vita ecc.) e dal nostro stesso organismo (età, oscillazioni ormonali, stress, stati di malattia ecc.). Questa “plasticità” funzionale è legata all’enorme numero di geni che costituiscono il patrimonio genetico microbico intestinale (microbioma), di gran lunga più ricco e diversificato dell’intero genoma umano (si stimano circa 10 milioni di geni batterici vs 23.000 geni umani totali).

Il microbiota è presente lungo tutto l’intestino, ma con sostanziali differenze di abbondanza e diversità dei ceppi batterici ospitati nei vari tratti. In condizioni fisiologiche, la microflora endogena è meno “rigogliosa” nell’intestino tenue, mentre diventa molto più abbondante a livello del colon, dove trova un ambiente particolarmente favorevole per la propria proliferazione. Nel canale intestinale il microbiota interagisce, oltre che con il materiale contenuto nel lume, anche con lo strato più esterno del muco che ne riveste le pareti, di cui contribuisce a definire composizione e caratteristiche, partecipando alla formazione della “barriera intestinale”.

Quando le specie batteriche che compongono il microbiota sono in equilibrio tra loro e con il corpo umano, si dice che è presente uno stato di “eubiosi”. Questa condizione non fa riferimento a un insieme di microrganismi intestinali ben definito, ma a tutte le possibili combinazioni microbiche che, pur variando leggermente, permettono a un certo individuo di trovarsi in uno stato di benessere.

Quando i cambiamenti di composizione del microbiota sono più marcati si parla invece di “disbiosi”, uno stato che equivale alla sostanziale perdita dell’equilibrio dell’ecosistema microbico che impedisce all’intestino di funzionare correttamente, con ripercussioni negative su tutto l’organismo. Generalmente, l’insorgenza di disbiosi si associa a disturbi enterici come gonfiore, crampi, meteorismo, flatulenza, diarrea o stitichezza, nausea/vomito, inappetenza, senso di malessere ecc.

Le funzioni della microflora enterica

L’equilibrio della microflora enterica è cruciale per garantire la funzionalità tratto gastrointestinale e il benessere dell’intero organismo attraverso molteplici meccanismi.

In primo luogo, la popolazione batterica intestinale partecipa alla digestione e all’assorbimento dei nutrienti assunti con l’alimentazione. In aggiunta, il microbiota supporta la corretta nutrizione dell’organismo attraverso la produzione di sostanze utili, come alcune vitamine essenziali (soprattutto, vitamine del gruppo B e vitamina K) e altri composti di origine batterica coinvolti nella regolazione dell’attività metabolica (in particolare, gli acidi grassi a catena corta o SCFA, Short Chain Fatty Acid).

Il microbiota intestinale sano è fondamentale anche per il buon funzionamento del sistema immunitario locale e per la prevenzione dell’infiammazione del tratto gastrointestinale e dell’intero organismo, grazie alla sua capacità di proteggere e ripristinare la “funzione barriera” della mucosa intestinale. Questa barriera fisiologica, costituita dallo strato di muco che riveste l’epitelio intestinale e dall’epitelio stesso, impedisce ai microrganismi contenuti nel lume di entrare in diretto contatto con gli strati più profondi delle pareti dell’intestino e di sollecitare in modo abnorme il sistema immunitario locale.

Inoltre, la barriera intestinale blocca il passaggio nel sangue di microbi potenzialmente patogeni e sostanze dannose, contribuendo alla prevenzione di infezioni sistemiche ed effetti tossici, e riduce l’assorbimento di composti sensibilizzanti introdotti con l’alimentazione (allergeni), diminuendo la probabilità di sviluppare allergie, soprattutto nei bambini.

Il microbiota intestinale svolge un ruolo fondamentale nella difesa dalle infezioni del tratto gastrointestinale attraverso diversi meccanismi, come la produzione di batteriocine (piccole proteine prodotte da alcuni batteri intestinali capaci di uccidere altri batteri), perossido di idrogeno e altre molecole in grado di contrastare la proliferazione di specie batteriche e protozoi potenzialmente dannosi per l’organismo.

Infine, è stato dimostrato che la microflora enterica può influenzare il benessere e le funzioni di altri organi e apparati, come la pelle, le vie urinarie, l’apparato genitale femminile, il fegato e il sistema nervoso centrale. Negli ultimi anni, gli studi su quest’ultimo fronte si stanno moltiplicando in seguito all’evidenza che alcuni composti prodotti dai batteri intestinali possono raggiungere il cervello attraverso il sangue o le terminazioni del nervo vago (“asse intestino-cervello”) e contribuire, così, a modulare il tono dell’umore, la risposta allo stress e il rischio di sviluppare patologie neurodegenerative, come la malattia di Parkinson o di Alzheimer.

I fattori che influenzano l’equilibrio del microbiota

Fin dall’infanzia e durante tutto il corso della vita, la composizione del microbiota intestinale può andare incontro a oscillazioni transitorie o a cambiamenti di più lunga durata in funzione di innumerevoli fattori interni o esterni all’organismo che possono agire in modo diretto (a livello intestinale) oppure indiretto (per esempio, lungo l’asse “cervello-intestino”).

La dieta è, senza dubbio, la variabile in grado di incidere maggiormente sulla microflora enterica, in senso positivo o negativo, al punto che è stato dimostrato che le persone che seguono un’alimentazione basata prevalentemente su cibi semplici di origine vegetale (frutta, verdura, cereali) hanno un profilo microbico intestinale differente e più stabile di chi segue abitualmente una dieta di tipo occidentale (ricca di zuccheri semplici, grassi saturi e proteine animali), che predispone alle disbiosi.

Un altro fattore chiave che influenza la ricchezza e la composizione del microbiota intestinale è il movimento. In questo caso, è stato osservato che una corretta attività fisica (ossia moderata, regolare e commisurata alle potenzialità individuali) contribuisce a mantenere l’equilibrio microbico enterico e una buona funzionalità del tratto gastrointestinale, mentre sia la sedentarietà sia lo sforzo fisico molto intenso (per esempio, quello necessario per una maratona) rendono maggiormente soggetti ad alterazioni del microbiota (disbiosi).

Alimentazione e livello di attività fisica hanno anche effetti indiretti sulle popolazioni batteriche intestinali, per le ripercussioni che possono avere sul peso corporeo e, conseguentemente, sull’equilibrio metabolico e ormonale. In particolare, è stato osservato che condizioni di forte sovrappeso e obesità si associano a una microflora enterica meno ricca e meno stabile, quindi più propensa a dar luogo disturbi e diverse patologie, sia gastrointestinali sia di tipo sistemico (a partire da diabete di tipo 2 e malattie cardiovascolari).

Effetti destabilizzanti più o meno marcati sull’equilibrio del microbiota intestinale possono essere, poi, determinati dall’assunzione di diversi tipi di farmaci, a breve o lungo termine, per la terapia di una malattia acuta o di condizioni croniche di varia natura.

I medicinali a maggior rischio di causare disbiosi severe e conseguenti disturbi intestinali sono senza dubbio gli antibiotici che, anche per questa ragione (oltre che per evitare alterazioni delle difese immunitarie e l’induzione di resistenze batteriche) dovrebbero essere assunti sempre e soltanto dopo una visita medica e gli eventuali esami necessari per verificare le condizioni del paziente e formulare una diagnosi precisa della malattia presente.

Ulteriori sostanze di cui tener conto e preferibilmente da evitare ai fini della tutela della microflora enterica, oltre che di molti organi e apparati del corpo umano, sono il fumo e gli alcolici, entrambi caratterizzati da effetti fortemente destabilizzanti e proinfiammatori a livello del tratto gastrointestinale.

Due fattori “non organici” che possono incidere in modo significativo sull’equilibrio del microbiota intestinale sono lo stress e i disturbi psichiatrici (ansia, depressione ecc.), fortemente implicati anche nello sviluppo e nel peggioramento della sindrome dell’intestino irritabile (Irritable Bowel Syndrome, IBS), una condizione caratterizzata da sintomi come dolore, crampi e gonfiore addominali, meteorismo e flatulenza, diarrea e/o stipsi prevalenti o in alternanza, nella quale è sempre più evidente il ruolo giocato dalle disbiosi.

Stati di ansia, depressione e IBS tendono a interessare più spesso le donne che, durante tutta l’età fertile, devono anche fare i conti anche con periodiche oscillazioni fisiologiche dei livelli ormonali. Studi recenti hanno indicato che gli ormoni femminili (estrogeni) hanno la capacità di influenzare il microbiota, sia in modo diretto (modificando le caratteristiche dell’ambiente che lo ospita e promuovendo l’infiammazione della mucosa intestinale) sia indirettamente (attraverso i cambiamenti transitori del tono dell’umore, dell’alimentazione ecc.).

Probiotici e prebiotici: quando e perché

Seguire una dieta bilanciata, uno stile di vita sano e ritmi regolari è la migliore strategia per proteggere l’equilibrio del microbiota intestinale e promuovere il benessere dell’intero organismo. 

Negli individui particolarmente soggetti ad alterazioni della microflora e ai relativi disagi intestinali, lo stato di eubiosi può essere favorito più facilmente attraverso l’assunzione ciclica o a lungo termine di preparati probiotici e/o prebiotici.

Per definizione, i probiotici sono “microrganismi vivi e vitali che, somministrati in quantità adeguata, sono in grado di determinare benefici per la salute di chi li assume”. Il Ministero della Salute ha indicato che questa “quantità adeguata” deve essere pari ad almeno 109 UFC (Unità Formanti Colonia, ossia microrganismi in grado di moltiplicarsi attivamente nell’intestino, almeno transitoriamente) per almeno uno dei ceppi batterici presenti nella porzione quotidiana del preparato probiotico. In commercio esistono sia prodotti mono-ceppo (ossia contenenti un solo tipo di microrganismo probiotico) sia prodotti multi-ceppo (ossia contenenti più tipi differenti di microrganismi probiotici, in quantità uguale o diversa).

I prebiotici, invece, sono sostanze non digeribili dall’intestino umano, ma che possono essere fermentate da alcune specie batteriche presenti nel microbiota enterico. In questo modo, i prebiotici favoriscono l’equilibrio del microbiota intestinale. I principali prebiotici in commercio sono l’inulina, i frutto-oligosaccaridi (FOS) e lo psyllium, cui si aggiungono zuccheri a corta catena come il lattulosio e i galatto-oligosaccaridi (GOS).

In alcuni casi, batteri probiotici e composti prebiotici vengono inseriti nello stesso prodotto: preparati di questo tipo vengono chiamati “simbiotici”.

Attualmente, sono disponibili in commercio innumerevoli preparati e integratori alimentari probiotici mono-ceppo o multiceppo, prebiotici e simbiotici, con caratteristiche e proprietà differenti. Per essere certi di scegliere quello più adatto alle proprie necessità, è consigliabile farsi indirizzare nell’acquisto dal medico di famiglia o dal farmacista.