Il nostro intestino è popolato da miliardi di microrganismi – batteri, virus, funghi – che formano il cosiddetto microbiota intestinale. Questi alleati invisibili non solo aiutano a digerire il cibo, ma giocano anche un ruolo fondamentale nel trasformare gli alimenti in energia e nel mantenere il nostro equilibrio metabolico. 

Come gli esseri umani, anche i microbi seguono ritmi di attività durante il giorno, che possono però essere disturbati da abitudini alimentari scorrette, come una dieta ricca di grassi. Questo squilibrio microbico è stato associato allo sviluppo di obesità, diabete e altre malattie metaboliche.

A digiuno per 16 ore

Una nuova ricerca condotta dall’Università della California a San Diego ha esplorato come un semplice intervento nutrizionale – l’alimentazione a tempo limitato (in inglese time-restricted feeding, o TRF) – possa ripristinare questi ritmi microbici e, di conseguenza, migliorare il metabolismo. Il TRF prevede di concentrare l’assunzione di cibo in una finestra temporale ristretta durante la giornata, ad esempio otto ore, lasciando il corpo “a digiuno” per le restanti sedici.

Lo studio, pubblicato sulla rivista Cell Host & Microbe, ha coinvolto topi nutriti con una dieta ricca di grassi. I ricercatori hanno diviso gli animali in tre gruppi: uno seguiva il TRF, uno aveva accesso continuo al cibo, e uno di controllo seguiva una dieta standard. Dopo otto settimane, i risultati hanno confermato che il digiuno a tempo limitato protegge dalla disfunzione metabolica, anche quando l’alimentazione è ad alto contenuto di grassi.

Ma i ricercatori non si sono fermati qui: per comprendere come l’alimentazione a tempo limitato agisse sul microbiota, hanno utilizzato una tecnica avanzata chiamata metatrascrittomica, che analizza l’attività dei geni microbici in tempo reale. 

Grazie a questo approccio, hanno scoperto che il TRF non modifica soltanto la composizione del microbiota, ma soprattutto quando e come i microbi lavorano. In particolare, l’alimentazione a tempo limitato ha parzialmente ripristinato i ritmi giornalieri di espressione genica che erano assenti nei topi con accesso continuo al cibo. Sono emersi cambiamenti specifici nell’attività dei geni microbici coinvolti nel metabolismo dei carboidrati e dei grassi.

Microbiota e metabolismo del glucosio

Uno degli elementi chiave scoperti è un enzima microbico chiamato BSH (bile salt hydrolase), noto per la sua capacità di scomporre i sali biliari durante la digestione e per influenzare il metabolismo del glucosio

I ricercatori hanno osservato che, nei topi sottoposti ad alimentazione a tempo limitato, l’attività del gene BSH aumentava nelle ore diurne nei batteri Dubosiella newyorkensis, un microbo intestinale con un equivalente anche nell’uomo.

Spinti da questa scoperta, il team ha ingegnerizzato dei batteri intestinali “buoni” per esprimere diverse versioni del gene BSH, alcune attive in condizioni normali, altre in situazioni di dieta ricca di grassi, e una versione derivata dal batterio attivo durante il TRF. I risultati sono stati sorprendenti: solo i topi che avevano ricevuto i batteri con il bsh “temporizzato” (cioè quello espresso durante l’alimentazione a tempo limitato) hanno mostrato miglioramenti significativi, tra cui una riduzione della massa grassa, un aumento della massa magra, una migliore sensibilità all’insulina e un controllo più efficiente della glicemia.

Questi risultati forniscono una prova concreta che i benefici metabolici dell’alimentazione a tempo limitato sono in parte mediati dal microbiota intestinale e dalle sue funzioni temporizzate. Come sottolinea Amir Zarrinpar, professore di medicina e autore senior dello studio, «abbiamo sempre sospettato che il microbiota fosse coinvolto nei benefici del digiuno a tempo limitato, ma ora siamo riusciti a dimostrarlo direttamente».

Il prossimo passo sarà testare questi batteri ingegnerizzati in modelli animali di obesità e diabete per verificare se gli effetti positivi si mantengono anche in presenza di malattie metaboliche conclamate. Inoltre, i ricercatori vogliono esplorare altri geni microbici la cui attività è regolata dal tempo, per sviluppare nuovi interventi probiotici mirati.

Questo studio apre la strada a un futuro in cui si potranno progettare terapie microbiche su misura, basate non solo sui tipi di batteri presenti nell’intestino, ma soprattutto su ciò che questi fanno e quando lo fanno. In altre parole, il “quando” potrebbe essere importante quanto il “cosa” nel mondo della salute metabolica.