Una nuova ricerca pubblicata su Cell getta luce su un aspetto sorprendente del nostro metabolismo: una parte dell’energia che utilizziamo ogni giorno non proviene direttamente dal cibo, ma dal lavoro dei batteri che abitano il nostro intestino. E più fibre mangiamo, più questi batteri ci “ripagano” con una fonte di energia preziosa: gli acidi grassi a catena corta (SCFA).

Gli scienziati lo sanno da anni: i batteri intestinali – in particolare quelli che vivono nel colon – sono in grado di fermentare fibre e altri carboidrati indigeribili trasformandoli in SCFA come acetato, propionato e butirrato. Questi metaboliti svolgono molteplici funzioni benefiche: nutrono le cellule intestinali, modulano il sistema immunitario, influiscono sul metabolismo epatico e addirittura sulla comunicazione con il cervello.

Ma quanto contano davvero questi prodotti di fermentazione per il nostro bilancio energetico? E quanto incide la composizione del microbiota rispetto al tipo di dieta seguita?

La dieta conta più del microbiota

Per rispondere a queste domande, un team internazionale di ricercatori ha sviluppato un approccio innovativo, combinando esperimenti in laboratorio con analisi metagenomiche e dati nutrizionali su larga scala.

I ricercatori hanno coltivato 22 specie batteriche comuni del microbiota umano in diverse condizioni per misurare quanto zucchero consumano e quanti SCFA producono. Hanno poi confrontato questi dati con l’abbondanza relativa dei batteri in oltre 200 metagenomi di individui sani, integrando il tutto con informazioni dietetiche e fisiologiche.

Il risultato? Sebbene la composizione del microbiota influenzi la qualità dei metaboliti prodotti (cioè quali SCFA vengono generati in maggiore quantità), è la dieta – in particolare il contenuto di fibre – a determinare la quantità totale di energia che i batteri restituiscono all’organismo.

Quanta energia ci danno i nostri batteri?

Nei paesi occidentali, dove le diete tendono a essere povere di fibre e ricche di cibi raffinati, i batteri intestinali contribuiscono in media al 2–5% del fabbisogno energetico giornaliero. Ma questa percentuale può salire notevolmente in popolazioni con diete tradizionali, come i cacciatori-raccoglitori Hadza della Tanzania, che consumano grandi quantità di tuberi ricchi di fibre. In questi casi, l’energia fornita dai batteri può superare il 10% del totale.

In termini pratici, ciò significa che un’alimentazione ricca di fibre può aumentare di tre volte la quantità di energia prodotta dal microbiota rispetto a una dieta a base di cibi raffinati.

Non è solo una questione di calorie

Gli SCFA non sono soltanto una fonte energetica. Il butirrato, per esempio, è essenziale per il funzionamento delle cellule del colon e ha proprietà antinfiammatorie. L’acetato è coinvolto nella regolazione della glicemia e della produzione epatica di energia. Una dieta povera di fibre non solo riduce la quantità complessiva di SCFA, ma può anche alterarne l’equilibrio, favorendo metaboliti meno benefici.

Questo squilibrio potrebbe contribuire all’insorgenza di malattie metaboliche come obesità, diabete di tipo 2 e sindrome metabolica. Al contrario, l’aumento dell’apporto di fibre potrebbe rappresentare una strategia semplice ma potente per migliorare la salute metabolica e ridurre il rischio di malattie croniche.

Più fibre per tutti

Questo studio fornisce una prova quantitativa che il microbiota non è solo un osservatore passivo della nostra dieta, ma un attore attivo nella digestione e nell’equilibrio energetico. E conferma che non è tanto “quali” batteri abbiamo, quanto piuttosto “cosa” mangiamo a determinare il loro impatto.

Le implicazioni per la salute pubblica sono importanti. Promuovere il consumo di alimenti ricchi di fibre – come legumi, verdure, cereali integrali e frutta – non significa solo migliorare la digestione, ma anche ottimizzare l’interazione tra uomo e microbiota, con benefici potenzialmente estesi al metabolismo, al sistema immunitario e al benessere generale.

I ricercatori sottolineano che questo è solo un primo passo verso una comprensione più profonda delle interazioni tra dieta, microbiota e metabolismo. Futuri studi dovranno considerare anche la dinamica del microbiota (che cambia nel tempo), le interazioni tra specie microbiche (cross-feeding) e un’analisi più ampia dei metaboliti prodotti.

Nel frattempo, però, il messaggio è chiaro: mangiare più fibre fa bene non solo all’intestino, ma anche al nostro bilancio energetico e alla salute in generale. E i nostri batteri intestinali sono pronti a dimostrarcelo, ogni giorno.