Andrew Day è un rinomato microbiologo molecolare dell’Università di Tufts, nel Massachusetts. Quest’anno festeggia un traguardo personale significativo: quattro anni senza alcolici. Questo traguardo personale non solo segna un punto di svolta nella sua vita, ma ispira anche il suo lavoro scientifico, che potrebbe avere profonde implicazioni per chi lotta contro l’alcolismo. La sua storia è raccontata da Tammy Worth, giornalista freelance statunitense, sulle colonne di Nature Outlook.
La ricerca di Day si è concentrata su un fattore inusuale nel panorama della dipendenza dall’alcol: il microbiota intestinale. Fino a oggi la scienza medica tradizionale si concentra principalmente sulla biochimica del cervello per il trattamento delle dipendenze. Invece Day e il suo team stanno gettando luce su un nuovo possibile bersaglio: l’intestino.
«Negli ultimi anni, la ricerca ha iniziato a mettere in luce un legame tra il microbiota intestinale e la dipendenza dall’alcol» afferma Day. «Questo ci offre una nuova speranza e un nuovo approccio per aiutare coloro che lottano con questo problema».
Il concetto chiave su cui si basa la ricerca di Day è la disbiosi intestinale. Secondo il ricercatore, uno squilibrio nel microbiota intestinale può inviare segnali al cervello che promuovono comportamenti di dipendenza, incluso il consumo eccessivo di alcol. Se confermata, questa scoperta potrebbe aprire la strada a nuovi trattamenti per l’alcolismo, concentrati sul ripristino dell’equilibrio nel microbioma intestinale.
Questo approccio rappresenta una netta rottura rispetto agli approcci convenzionali. «Molte terapie attuali per la dipendenza dall’alcol si sono rivelate inefficaci» afferma Day. «Dobbiamo esplorare nuove vie per offrire ai pazienti un trattamento più efficace e duraturo».
Il concetto di “asse intestino-cervello” è centrale nella ricerca di Day. Questo asse rappresenta la complessa comunicazione tra il nostro intestino e il cervello, che avviene attraverso il nervo vago, il sistema endocrino e il sistema immunitario. Si ritiene che questa comunicazione possa influenzare i comportamenti legati alla dipendenza in due modi principali.
Il primo coinvolge una condizione nota come “gut leaky”, in cui lo stress, una dieta scorretta e l’abuso di alcol stesso danneggiano la parete intestinale, consentendo a cibo e batteri di entrare nel flusso sanguigno. Questo può innescare una reazione infiammatoria nel cervello che promuove la dipendenza.
Il secondo modo in cui il microbiota intestinale può influenzare la dipendenza è attraverso le molecole prodotte dai batteri intestinali. Alcune di queste molecole sono importanti per il funzionamento del cervello e possono influenzare i comportamenti legati alla dipendenza.
L’approccio innovativo di Day ha il potenziale per rivoluzionare il trattamento dell’alcolismo e delle altre dipendenze. Tuttavia, c’è ancora molto lavoro da fare prima che un trattamento mirato al microbiota possa essere offerto ai pazienti. Sono necessarie ulteriori ricerche per comprendere quali componenti del microbiota sono più importanti e quali vie di comunicazione tra l’intestino e il cervello devono essere bersagliate.
Nonostante le sfide, Day e il suo team sono determinati a continuare la loro ricerca. Con un occhio rivolto al futuro, sperano di offrire nuove speranze e nuove soluzioni a coloro che combattono contro la dipendenza dall’alcol. Con il loro lavoro pionieristico, potrebbero finalmente svelare la chiave per sconfiggere questa dipendenza e offrire una nuova speranza a milioni di persone in tutto il mondo.