Quando un bambino compie un anno, molte famiglie si pongono la stessa domanda: continuare ad allattare ha ancora senso? Le linee guida internazionali – dall’American Academy of Pediatrics (AAP) all’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) – raccomandano di proseguire l’allattamento almeno fino al secondo anno di vita, quando possibile. Tuttavia, sul piano scientifico, restano ancora diversi dubbi su cosa rimanga effettivamente nel latte materno dopo i 12 mesi e quali siano i benefici concreti per la salute del bambino.

Un recente studio pubblicato sulla rivista Frontiers in Pediatrics ha cercato di colmare questa lacuna, analizzando in modo sistematico la presenza e l’andamento nel tempo dei principali zuccheri complessi presenti nel latte materno: gli oligosaccaridi del latte umano, meglio noti con la sigla HMO (Human Milk Oligosaccharides).

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Cosa sono gli HMO e perché sono importanti

Gli HMO rappresentano la terza componente solida più abbondante del latte materno, subito dopo lattosio e lipidi. Non sono zuccheri che il bambino digerisce direttamente per produrre energia: il loro ruolo è più “raffinato”.

Questi composti funzionano come “carburante selettivo” per i batteri benefici dell’intestino – in particolare per i bifidobatteri – favorendo lo sviluppo di un microbiota equilibrato già nei primi mesi di vita. Inoltre, gli HMO svolgono funzioni di difesa contro agenti patogeni: molti virus e batteri, infatti, si legano a specifici zuccheri per entrare nelle cellule; gli HMO agiscono come “esche”, impedendo l’attacco diretto all’organismo.

Ma non è tutto: numerosi studi suggeriscono che questi zuccheri siano coinvolti anche in meccanismi di comunicazione tra intestino e cervello, influenzando lo sviluppo neurologico e cognitivo del bambino. In altre parole, gli HMO non nutrono solo l’intestino, ma contribuiscono anche alla crescita armoniosa del cervello.

Allattare dopo il primo anno di vita

Finora la maggior parte delle ricerche sugli HMO si era concentrata sui primi mesi dopo la nascita, soprattutto sul colostro e sul latte del primo semestre. Molto meno si sapeva di cosa accade dopo il primo compleanno.

Per fare chiarezza, i ricercatori hanno condotto una revisione sistematica selezionando 13 studi che avevano analizzato la composizione del latte materno fino a 24 mesi. Complessivamente sono stati raccolti e armonizzati i dati di 4.786 campioni, trasformati in valori comparabili (grammi per litro).

In particolare, l’attenzione si è concentrata su sei HMO cosiddetti “core”, cioè quelli più frequentemente misurati e presenti in quantità significative:

  • 2′-fucosillattosio (2′-FL)
  • 3-fucosillattosio (3-FL)
  • lacto-N-tetraosio (LNT)
  • lacto-N-neotetraosio (LNnT)
  • 3′-sialillattosio (3′-SL)
  • 6′-sialillattosio (6′-SL)

Questi sei da soli rappresentano oltre il 70% del totale degli HMO nel latte materno.

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Cosa hanno scoperto i ricercatori

I dati hanno mostrato che, pur diminuendo rispetto al colostro, gli HMO non scompaiono dopo i 12 mesi, anzi continuano a essere presenti a livelli biologicamente rilevanti anche nel secondo anno di vita.

Il 2′-FL, per esempio, è risultato costantemente l’HMO più abbondante, con una media di 3 g/L nel colostro e ancora 1,59 g/L a un anno. Particolarmente interessante è il caso del 3-FL, che invece di calare, aumenta progressivamente: da 0,38 g/L nel colostro a 1,45 g/L a 12 mesi, un incremento di quasi quattro volte.

Altri HMO, come LNT e LNnT, hanno mostrato un calo graduale (LNT da 1,31 a 0,50 g/L), mentre il 6′-SL ha avuto una riduzione più marcata (da 0,52 a 0,06 g/L). Il 3′-SL, invece, è rimasto relativamente stabile nel tempo.

In generale, la concentrazione totale di HMO passa da circa 7,7 g/L nel colostro a 5,3 g/L a un anno, stabilizzandosi successivamente. I pochi dati disponibili oltre i 12 mesi indicano valori ancora consistenti, intorno a 8,5 g/L, anche se con ampia variabilità tra studi e popolazioni analizzate.

Perché questi risultati sono importanti

Il fatto che gli HMO continuino a essere presenti anche dopo il primo anno suggerisce che il latte materno mantiene proprietà funzionali uniche ben oltre la fase dell’allattamento esclusivo.

Questi zuccheri possono continuare a sostenere la maturazione del microbiota intestinale, ancora in via di sviluppo durante il secondo anno di vita. Ma proteggono anche dalle infezioni, attraverso meccanismi di difesa passiva. Aiutano anche i processi neurocognitivi, grazie al ruolo nel dialogo intestino-cervello.

Inoltre, queste evidenze hanno un impatto anche sul piano della salute pubblica. In molti Paesi, soprattutto a medio e basso reddito, l’allattamento si protrae naturalmente fino ai due anni o oltre: conoscere la composizione del latte in queste fasi significa poter elaborare politiche nutrizionali più mirate e rafforzare il sostegno alle madri.

Per i sistemi sanitari e le banche del latte umano, avere informazioni sugli HMO oltre i 12 mesi è altrettanto importante: sapere che questi composti restano attivi può guidare le pratiche di donazione, conservazione e fortificazione del latte destinato ai neonati che non possono essere allattati.

Infine, per le famiglie che non possono proseguire con l’allattamento, questi dati offrono indicazioni preziose anche per lo sviluppo di formule per la prima infanzia arricchite di HMO, già oggi disponibili in parte con l’aggiunta di 2′-FL e LNnT, con l’obiettivo di colmare almeno parzialmente il “gap” rispetto al latte materno.

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Una fonte preziosa di nutrienti per il microbiota

Il messaggio che emerge da questa revisione è chiaro: il latte materno continua a essere una fonte preziosa di composti bioattivi anche dopo il primo anno di vita. I sei HMO principali non solo persistono, ma in alcuni casi – come per il 3-FL – diventano ancora più abbondanti.

Per i genitori significa avere una conferma scientifica di ciò che le raccomandazioni internazionali già suggeriscono: continuare ad allattare, se possibile, porta benefici che vanno oltre la nutrizione di base. Per la comunità scientifica e i decisori politici, invece, significa disporre di nuove evidenze per sostenere pratiche di salute pubblica e sviluppare soluzioni innovative quando l’allattamento non è un’opzione.

In definitiva, questi zuccheri speciali ricordano che il latte materno non è mai un alimento “semplice”: è un tessuto vivo di molecole, interazioni e benefici che accompagnano il bambino ben oltre i suoi primi passi.