Roseburia intestinalis è uno dei batteri più importanti del microbiota intestinale. Scoperto in UK nel 2002 dalla ricercatrice Sylivia Duncan questo batterio porta il nome di un microbiologo americano, Theodore Rosebury. Roseburia intestinalis è nella top 10 tra i batteri più abbondanti di un intestino sano, con la sua abbondanza relativa compresa tra 1 e 5% del totale dei batteri del microbiota intestinale.

Si tratta di un batterio dotato di un flagello, con il quale si aggancia all’epitelio intestinale. Si nutre di fibre alimentari che noi gli forniamo mangiando soprattutto vegetali e produce grandi quantità di acidi grassi a catena corta, che sono, lo ricordiamo, propionato, acetato e butirrato

In particolare Roseburia produce butirrato: se volessimo attribuire le medaglie ai batteri del microbiota in relazione alla loro capacità di produrre butirrato Roseburia salirebbe sul podio con la medaglia d’argento, preceduta da Faecalibacterium prausnitzii e seguita da Agathobacter rectalis.

Medaglia d’argento nella produzione di butirrato

È proprio questa caratteristica a rendere Roseburia importantissima per il nostro benessere. Il butirrato svolge diverse funzioni importanti:

  1. è il principale nutrimento delle cellule intestinali;
  2. stimola la produzione di muco, importante nel mantenimento della barriera intestinale, barriera che ci difende dai patogeni ed impedisce l’ingresso nel sangue di molecole che innescano reazioni immunitarie;
  3. svolge attività antiinfiammatoria ed immunomodulante, il che significa che attiva il sistema immunitario utile alla difesa contro i patogeni e spegne quello potenzialmente in grado di danneggiare l’organismo attraverso reazioni autoimmunitarie;
  4. svolge attività anti-tumorale attraverso l’azione diretta sui geni che producono proteine con ruolo di oncosoppressori, cioè abbassamento della velocità di replicazione cellulare;
  5. ultimo, ma non per importanza, gli acidi grassi a catena corta in generale ed il butirrato in particolare attivano recettori che potenziano il rilascio da parte dell’intestino di ormoni che riducono il senso di fame.

Non stupisce quindi che Roseburia intestinalis sia stata trovata carente in tutta una serie di condizioni quali malattie intestinali incluse le malattie infiammatorie croniche intestinali (come il morbo di Crohn e la rettocolite ulcerosa) e il cancro del colon, ma anche in malattie extraintestinali come la steatoepatite non alcolica, l’ipercolesterolemia ed il diabete di tipo 2.

I ricercatori sono ora a lavoro per rendere questo batterio somministrabile per gli esseri umani, impresa non banale in quanto Roseburia intestinalis è un cosiddetto anaerobio stretto, quindi non sopravvive in presenza di ossigeno ed è quindi difficile farne una preparazione probiotica in capsule o bustine.

Altri gruppi stanno provando ad introdurre il batterio in nanoparticelle magnetiche in modo da preservarlo in ambiente privo di ossigeno e poi teleguidarlo direttamente nella sede intestinale a scopi terapeutici: sembra fantascienza ma non lo è!