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Glucanasi

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Overview

La “glucanasi” è un termine ombrello che indica enzimi capaci di tagliare i legami delle β-glucani, grandi polisaccaridi presenti nelle pareti cellulari dei lieviti e di molti funghi, ma anche nelle fibre dei cereali (avena, orzo) e in alcune alghe. In pratica, queste idrolasi “aprono” la catena glucidica in punti specifici: per esempio le endo-1,3-β-glucanasi spezzano i legami β-1,3 all’interno della catena, mentre altri membri della famiglia agiscono su β-1,6 o su miscele β-1,3/β-1,6.

È un’azione molto diversa da quella delle amilasi (che attaccano l’amido) e più vicina alle emicellulasi impiegate per degradare le fibre non amidacee. In natura le glucanasi sono prodotte da piante, batteri e funghi; per uso alimentare e integrativo, nella grande maggioranza dei casi si ottengono per fermentazione controllata di microrganismi “di lavoro” come Trichoderma reesei o Aspergillus niger, selezionati da decenni per la produzione di enzimi.

Sul piano tecnico sono proteine stabili in un ampio intervallo di pH tipico dell’apparato digerente e vengono dosate non in milligrammi ma in “unità di attività”, perché ciò che conta è quanto substrato riescono a idrolizzare nelle condizioni standard di test.

Glucanasi negli integratori alimentari

Perché compaiono negli integratori? La prima risposta, molto concreta, viene dall’industria alimentare: le β-glucanasi sono usate da anni come coadiuvanti tecnologici nella birrificazione e nella trasformazione dei cereali per ridurre la viscosità causata dai β-glucani, chiarificare e migliorare le rese.

Questa lunga storia d’uso ha generato un corposo dossier di valutazioni tossicologiche. In Europa, il quadro di riferimento è il Regolamento (CE) n. 1332/2008 sugli enzimi alimentari, che prevede una valutazione di sicurezza da parte di EFSA prima dell’inclusione nella lista dell’UE: EFSA ha pubblicato diversi pareri su preparazioni enzimatiche con attività β-glucanasi (spesso in combinazione con xilanasi) prodotte da T. reesei, con conclusioni di assenza di problemi di sicurezza alle condizioni d’uso tecnologiche. Negli Stati Uniti, preparazioni enzimatiche analoghe vengono inquadrate come GRAS (Generally Recognized As Safe) quando impiegate come ingredienti/processing aids, con dossier che documentano purezza, assenza di tossine e caratterizzazione del microrganismo produttore. Tutto ciò non equivale a un’autorizzazione implicita di “benefici per la salute” negli integratori, ma aiuta a definire un profilo di sicurezza di base.

Nel mondo degli integratori la glucanasi è proposta soprattutto come parte di “blend digestivi” o in formule rivolte al microbiota e al supporto contro la formazione di biofilm fungini. Qui serve distinguere con cura tra ipotesi plausibili, evidenze meccanicistiche e prove cliniche. A livello di meccanismo, sappiamo che i β-glucani sono componenti strutturali chiave della parete e del biofilm di Candida: romperli con β-1,3-glucanasi può indebolire la matrice e rendere i lieviti più sensibili agli antifungini. Questo è stato dimostrato in vitro e in modelli animali, dove l’aggiunta di β-glucanasi ha aumentato l’attività di farmaci come fluconazolo o amfotericina B contro biofilm già formati. È un razionale interessante che spiega perché alcune aziende includano glucanasi in formule “anti-biofilm”.

Tuttavia, sul piano clinico nell’uomo mancano ancora studi controllati che valutino l’uso di glucanasi da sole come intervento terapeutico per candidosi o disbiosi; l’evidenza più robusta resta confinata ai modelli preclinici e a studi di base sul ruolo dei β-glucani nella virulenza e nell’evasione immunitaria di Candida. In altre parole: il meccanismo c’è, ma la traslazione clinica richiede ancora prove.

C’è poi l’ambito gastrointestinale “generico”, in cui le glucanasi compaiono accanto a amilasi, proteasi, lipasi ed emicellulasi per migliorare la digestione di pasti ricchi di fibre solubili e cereali viscosi. Anche qui il nesso è plausibile: tagliando i β-glucani si può ridurre la viscosità del contenuto intestinale e, almeno teoricamente, mitigare gonfiore o fermentazioni in soggetti sensibili. Però, a differenza di altre aree (per esempio le miscele di lattasi nei maldigestori di lattosio), gli studi clinici specifici su “glucanasi come integratore” per sintomi funzionali sono scarsi e spesso confondono l’effetto con quello di altre idrolasi presenti nel blend. Da notare che l’effetto salutistico ben documentato nei regolamenti europei riguarda i β-glucani come nutrienti (per esempio da avena/orzo, utili per colesterolo e risposta glicemica), non la loro degradazione enzimatica con glucanasi; la differenza regolatoria è sostanziale e si riflette su ciò che si può dichiarare in etichetta.

Aspetti regolatori

Sul fronte regolatorio degli integratori, in Europa le glucanasi sono ingredienti alimentari ordinari: restano soggette alle norme generali di sicurezza alimentare e d’informazione al consumatore, ma non esiste un “canale privilegiato” di claim salutistici per gli enzimi. Il Registro UE delle indicazioni sulla salute elenca, per esempio, indicazioni autorizzate per i β-glucani di avena/orzo (colesterolo, risposta glicemica), mentre non contempla indicazioni per “glucanasi” in quanto tali. Di conseguenza, i prodotti possono descrivere la funzione tecnologica o digestiva in termini generici, evitando di attribuire all’enzima la prevenzione, il trattamento o la cura di malattie. Negli USA, le glucanasi usate come ingredienti di integratori ricadono sotto il Dietary Supplement Health and Education Act (DSHEA) e possono riportare structure/function claims compatibili con la normativa, ma anche qui non sono approvate indicazioni terapeutiche.

Sicurezza

Capitolo sicurezza. Gli enzimi alimentari sono proteine e, come tutte le proteine, possono teoricamente scatenare reazioni di ipersensibilità: il rischio principale è occupazionale (inalazione di polveri enzimatiche in fabbrica), mentre per l’assunzione orale alle dosi tipiche alimentari e d’integratore la tollerabilità è generalmente buona. Le valutazioni EFSA sui preparati con attività β-glucanasi prodotti da T. reesei non hanno evidenziato preoccupazioni di genotossicità o tossicità subcronica nelle condizioni d’uso previste nell’industria. Nei dossier GRAS statunitensi per preparazioni enzimatiche similari si trovano conclusioni sovrapponibili, con specifica attenzione alla purezza (assenza di micotossine, residui del processo, DNA o cellule vive del microrganismo produttore) e alla caratterizzazione delle eventuali proteine “carriero”. Per i consumatori allergici a muffe o funghi non ci sono controindicazioni automatiche, ma una sensibilità individuale è possibile e, in presenza di disturbi dopo l’assunzione, l’interruzione e il confronto con il medico rimangono prudenziali. Come sempre, gravidanza, allattamento, terapie antifungine in corso e patologie gastrointestinali attive richiedono attenzione medica prima di inserire un nuovo integratore.

Un’ultima nota utile riguarda il dialogo con i test di laboratorio: nel sospetto di infezioni fungine invasive si usa talvolta il dosaggio ematico del (1→3)-β-D-glucano (BDG) come marcatore diagnostico. La variabilità del test è elevata e il risultato va interpretato in clinica; non esistono prove che l’assunzione orale di glucanasi negli integratori influenzi in modo significativo il BDG sierico, ma vale la pena informare il medico di tutti i prodotti assunti se si sta seguendo un percorso diagnostico.

Conclusioni

In sintesi, la glucanasi negli integratori è un enzima con una buona base di sicurezza derivata dall’uso alimentare e un razionale biochimico chiaro: taglia i β-glucani e, così facendo, può ridurre la viscosità delle fibre dei cereali o indebolire la matrice dei biofilm fungini. Le applicazioni cliniche più promettenti — l’uso come coadiuvante contro i biofilm di Candida — sono sostenute da solide evidenze precliniche ma attendono conferme in studi controllati sull’uomo. Sul piano regolatorio, in UE non ci sono indicazioni sulla salute autorizzate per “glucanasi” come tali; la comunicazione deve rimanere descrittiva della funzione enzimatica senza sconfinare in claim terapeutici. Per l’uso pratico questo si traduce in scelte informate: prodotti di qualità con origine del ceppo produttore dichiarata, standard di purezza e unità di attività esplicitate in etichetta, attenzione alle eventuali sensibilità individuali, e aspettative realistiche sui benefici, soprattutto quando l’enzima è inserito in miscele complesse dove isolare l’effetto del singolo componente non è semplice.

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