Negli ultimi anni, un numero crescente di studi ha evidenziato il ruolo fondamentale del microbioma intestinale nello sviluppo della salute umana, specialmente nei primi mesi di vita.
Un recente studio statunitense pubblicato sulla rivista Communications Biology mette in luce un fenomeno preoccupante: un neonato su quattro negli Stati Uniti nasce privo del batterio intestinale Bifidobacterium, una mancanza che triplica il rischio di sviluppare allergie, eczema e asma nei primi anni di vita.
Perché Bifidobacterium è così importante?
Bifidobacterium è un genere batterico tradizionalmente abbondante nell’intestino dei neonati allattati al seno. Questi batteri svolgono funzioni chiave, come la digestione degli oligosaccaridi del latte materno (HMO), sostanze fondamentali per nutrire i batteri benefici e rafforzare il sistema immunitario del bambino.
Tuttavia, negli ultimi decenni, la prevalenza di allergie e malattie atopiche nei bambini è cresciuta significativamente, parallelamente alla riduzione di questi batteri nell’intestino infantile.
Per questo motivo un team di ricercatori ha deciso di avviare il progetto My Baby Biome Study, che ha coinvolto 412 neonati sani provenienti da 48 stati americani, con età compresa tra 1 e 3 mesi.
Questo campione rappresenta fedelmente la popolazione nazionale americana in termini di etnia, modalità di nascita (parto vaginale o cesareo) e tipo di alimentazione (allattamento al seno o con formula).
Parto naturale e parto cesareo
Hanno quindi analizzato campioni fecali tramite sequenziamento genetico, identificando ben 559 specie batteriche diverse. Tuttavia, l’intestino dei neonati è risultato molto meno diversificato rispetto a quello degli adulti, con una media di circa 12 specie per bambino. Il dato più significativo è stato la totale assenza di Bifidobacterium nel 24% dei neonati, in particolare nel 35% di quelli nati tramite cesareo.
I batteri dominanti, quando presenti, appartenevano principalmente alle specie Bifidobacterium breve, Bifidobacterium bifidum, e due sottospecie di Bifidobacterium longum. Solo nell’8% dei campioni era presente Bifidobacterium longum subsp. infantis, un tempo considerato onnipresente nei neonati allattati al seno.
Attraverso modelli statistici avanzati, i ricercatori hanno identificato tre principali comunità batteriche intestinali (clusters):
- Cluster 1 (24%), tipico di neonati nati per parto vaginale e allattati al seno, dominato da Bifidobacterium breve, ricco di geni per il metabolismo degli oligosaccaridi del latte.
- Cluster 2 (37%), caratterizzato da quantità intermedie di Bifidobacterium e altri batteri benefici.
- Cluster 3 (39%), predominante nei nati con parto cesareo, quasi privo di Bifidobacterium e popolato da batteri potenzialmente patogeni come Clostridium perfringens. Quest’ultimo gruppo ha mostrato una ridotta capacità metabolica degli oligosaccaridi del latte e una maggiore presenza di geni associati alla resistenza antibiotica e alla virulenza batterica.
Conseguenze sulla salute metabolica e immunitaria
I neonati appartenenti al Cluster 3 hanno mostrato una significativa riduzione di metaboliti essenziali per la maturazione del sistema immunitario, come la tiamina e l’indolo-3-lattato (ILA). Questi composti, prodotti principalmente dai batteri benefici, contribuiscono allo sviluppo corretto della risposta immunitaria.
Nei neonati senza Bifidobacterium, è stato riscontrato un profilo metabolico sbilanciato verso acidi grassi a catena corta potenzialmente infiammatori, oltre a modifiche significative nella composizione degli acidi biliari, elementi cruciali per l’assorbimento dei nutrienti e per la protezione della barriera intestinale.
Rischio più alto per le malattie atopiche
Lo studio ha seguito lo stato di salute dei bambini fino ai due anni, raccogliendo informazioni da parte dei genitori su eventuali diagnosi pediatriche di allergie, eczema e asma. Dai risultati è emerso un quadro preoccupante: il 30% dei bambini aveva sviluppato almeno una condizione atopica diagnosticata dal medico.
Più precisamente, i neonati appartenenti ai clusters privi o carenti di Bifidobacterium avevano un rischio di sviluppare tali patologie fino a tre volte superiore rispetto ai neonati con abbondante presenza di questo genere batterico. Nello specifico, la sola presenza di Bifidobacterium breve riduceva il rischio di quasi cinque volte.
Cosa significa questo per genitori e medici?
Questi risultati evidenziano chiaramente l’importanza critica del microbioma intestinale nei primissimi mesi di vita. La modalità di nascita (cesareo vs vaginale), l’alimentazione neonatale (latte materno vs formula) e l’uso precoce di antibiotici possono influenzare significativamente la composizione microbica intestinale, con conseguenze durature sulla salute dei bambini.
Per medici e pediatri, questi dati suggeriscono di prestare particolare attenzione alla composizione del microbioma nei neonati, specialmente quelli nati da cesareo o alimentati esclusivamente con formula.
Potrebbe essere opportuno integrare precocemente probiotici mirati, in particolare ceppi selezionati di Bifidobacterium, per ripristinare un equilibrio intestinale favorevole allo sviluppo immunitario e metabolico.
Nonostante l’importanza di questi risultati, la natura osservazionale dello studio impedisce conclusioni definitive sul rapporto causa-effetto. Tuttavia, i ricercatori sono convinti che interventi mirati per restaurare o favorire la crescita di Bifidobacterium nell’intestino neonatale possano essere una strategia efficace per ridurre la diffusione delle patologie allergiche e infiammatorie nella popolazione pediatrica.