È un disturbo che può colpire potenzialmente chiunque, ma che è particolarmente diffuso tra i bambini, soprattutto tra i più piccoli (al di sotto dei 2 anni). 

Nella maggior parte dei casi si risolve in qualche giorno, ma se non trattata opportunamente le conseguenze della bronchiolite possono essere anche gravi e possono richiedere il ricovero in ospedale. 

Cos’è la bronchiolite

La bronchiolite è un’infezione delle vie respiratorie, caratterizzata dall’infiammazione dei bronchioli, piccoli tubuli che costituiscono la parte più bassa dell’albero bronchiale e che sono rivestiti internamente da uno strato di mucosa (un tessuto secernente muco, che serve a trattenere ed eliminare agenti potenzialmente pericolosi per l’organismo).

In caso di bronchiolite, e quindi di infiammazione dei bronchioli, la produzione di muco aumenta, riducendo il diametro del bronchiolo e rendendo di conseguenza più difficile il passaggio dell’aria

Il rischio di ospedalizzazione è maggiore nei primi 6 mesi di vita, quando un’infezione anche non particolarmente aggressiva può intaccare la salute dei bronchioli ancora in formazione.

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Le cause della bronchiolite 

La bronchiolite è un’infiammazione causata, nella maggior parte dei casi, dal virus respiratorio sinciziale, l’agente patogeno che causa il comune raffreddore. 

Anche altri agenti patogeni, come i virus influenzali e parainfluenzali, possono determinare l’insorgenza di questa patologia.

Il fatto che la bronchiolite sia causata da questi virus spiega la sua stagionalità: questo disturbo è più frequente nei mesi autunnali e invernali (picco tra gennaio e febbraio), ossia il periodo in cui tali virus sono particolarmente diffusi, anche grazie all’abbassamento delle temperature medie.  

I sintomi da non sottovalutare

Come altre infezioni virali, la bronchiolite presenta una fase di incubazione asintomatica, durante la quale non ci sono infatti particolari manifestazioni cliniche. 

Questa fase, che solitamente dura tra i 6 e i 10 giorni, è quella che maggiormente contribuisce al diffondersi della patologia, perché chi ne è colpito è asintomatico, ma potenzialmente contagioso. 

La sintomatologia della bronchiolite si manifesta solitamente di solito in due fasi.
La prima, che dura solitamente da 1 a 3 giorni, è caratterizzata da sintomi non specifici, che possono rendere la diagnosi difficoltosa: 

  • naso intasato e che cola
  • starnuti frequenti 
  • febbre, di solito bassa (non sono rari i casi di bronchiolite senza febbre) 
  • inappetenza e difficoltà di deglutizione.

La seconda, nella quale l’infezione dei bronchioli è più estesa, è invece caratterizzata da una sintomatologia più specifica:

  • difficoltà di respirazione, con conseguente aumento della frequenza del respiro 
  • respiro sibilante
  • tachicardia
  • disidratazione indotta dal progressivo aumento della difficoltà a bere e mangiare 
  • torpore e letargia.
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La prevenzione è possibile

La bronchiolite può essere contratta attraverso il contatto diretto con le secrezioni di una persona infetta o per via aerea: per questo soggiornare in ambienti chiusi e affollati (in particolare quelli frequentati da bambini, come gli asili) aumenta il rischio di diffusione della patologia. 

È possibile però cercare di prevenire il contagio attuando alcune elementari norme igieniche

  • lavarsi le mani con attenzione, soprattutto prima di mettersi a tavola o di interagire con i più piccoli 
  • disinfettare le superfici più utilizzate dai bambini, per i quali la raccomandazione di non toccarsi occhi, naso e bocca risulta particolarmente difficile da seguire. 

La vaccinazione contro il virus respiratorio sinciziale ha dato per ora risultati molto variabili per quanto riguarda l’incidenza della bronchiolite. D’altro canto, uno studio condotto da un gruppo di ricerca della Società Italiana di Neonatologia suggerisce l’utilità della profilassi (ovvero un trattamento a scopo preventivo) a base di un anticorpo monoclonale specifico per questo virus nel ridurre il rischio di ospedalizzazione nei neonati, specie per quelli nati prematuri (una condizione che, così come avere patologie cardiovascolari e/o respiratorie, aumenta il rischio di sviluppare una sintomatologia più grave in caso di bronchiolite).  

Nel corso degli ultimi 50 anni sono stati sperimentati diversi trattamenti farmacologici per curare la bronchiolite: corticosteroidi, broncodilatatori, farmaci antivirali. 

Tuttavia, probabilmente a causa delle differenze interindividuali, non esiste una strategia efficace nella totalità dei pazienti; è quindi opportuno valutare caso per caso le terapie da seguire, soprattutto sulla base dell’andamento dei sintomi. 

Se non passano, o addirittura peggiorano, si procede di solito al ricovero in ospedale, durante il quale si applicano tecniche di ossigenazione tramite ventilazione non invasiva, volte a ripristinare livelli di ossigeno nel sangue ottimali. 

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Il possibile ruolo del microbiota nella bronchiolite

La bronchiolite è una delle principali cause di ospedalizzazione infantile, soprattutto nei primi anni di vita. Tuttavia, non tutti i bambini infettati sviluppano forme gravi della malattia. Gli scienziati stanno scoprendo che il microbiota respiratorio e intestinale potrebbero giocare un ruolo chiave nella gravità della bronchiolite, offrendo nuove prospettive per la prevenzione e il trattamento.

Studi recenti hanno dimostrato che il microbiota presente nelle vie respiratorie può modulare la risposta immunitaria durante un’infezione da virus respiratorio sinciziale. In particolare, alcune comunità microbiche, dominate da patogeni come Haemophilus influenzae e Streptococcus pneumoniae, sono state associate a una maggiore infiammazione e severità della malattia​​. 

Al contrario, la presenza di batteri come Staphylococcus aureus sembra avere un effetto protettivo, probabilmente riducendo l’attivazione eccessiva del sistema immunitario​.

L’infezione virale può alterare il microbiota preesistente, favorendo la proliferazione di patogeni e aumentando la risposta infiammatoria. Questo fenomeno potrebbe spiegare perché alcuni bambini con un microbiota respiratorio squilibrato siano più suscettibili a sviluppare forme gravi di bronchiolite​

Anche il microbiota intestinale contribuisce alla modulazione della risposta immunitaria alle infezioni respiratorie. Studi su modelli murini hanno mostrato che una dieta materna ricca di fibre, che favorisce la produzione di metaboliti immunomodulatori come gli acidi grassi a catena corta, può rafforzare l’immunità nei neonati. 

Questo effetto è mediato dall’attivazione di cellule dendritiche e T regolatorie, che aiutano a contenere l’infiammazione eccessiva durante le infezioni respiratorie​

Comprendere il ruolo del microbiota offre nuove opportunità per sviluppare strategie preventive e terapeutiche. Ad esempio, interventi che promuovono un microbiota sano, come l’uso di probiotici o modifiche dietetiche, potrebbero ridurre la severità della bronchiolite nei neonati a rischio. Inoltre, terapie mirate a ripristinare l’equilibrio del microbiota respiratorio potrebbero migliorare la risposta al trattamento durante un’infezione acuta​.

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