Se dura qualche settimana è una normale tosse, spesso legata a un’infezione delle vie respiratorie. Insomma, il classico malanno di stagione da curare con mucolitici, se è grassa, oppure con farmaci che inibiscono il colpo di tosse, se al contrario è secca.

Ma che succede se dura più a lungo?

Per convenzione si definisce cronica quando persiste per più di tre settimane, ma visto che spesso un’infezione virale delle vie aeree può durare anche otto settimane, sarebbe più corretto definire una tosse con l’aggettivo “cronica” quando permane oltre due mesi.

L’inquinamento tra le possibili cause

Nei bambini e nei ragazzi la tosse cronica può essere causata dall’asma. Lo stesso può succedere anche nell’adulto, ma oltre all’asma possono esserci problemi di altra natura, come per esempio il reflusso gastroesofageo.

Se vengono escluse queste patologie e la tosse è persistente allora si parla di tosse idiopatica, cioè senza un’origine ben definita.

È a questo punto che vengono tirati in ballo i fattori ambientali. Secondo alcuni studi il 62 per cento dei casi di tosse cronica potrebbe essere riconducibile a inquinamento e variazioni climatiche stagionali.

Il rapporto tra inquinamento atmosferico e tosse cronica è ormai stato dimostrato in diverse pubblicazioni scientifiche.

I processi di industrializzazione, urbanizzazione e l’aumento del traffico di automobilihanno ormai alterato in maniera profonda l’aria che respiriamo, soprattutto nelle città. Sul banco degli imputati ci sono le micro polveri, l’anidride solforosa, il biossido d’azoto e l’ozono. Sono questi gli inquinanti più coinvolti nel’insorgenza delle malattie dell’apparato respiratorio.

In particolare i famigerati PM10 e PM 2,5. I primi sono detti polveri inalabili, perché in virtù delle loro dimensioni possono raggiungere soltanto l’apparato respiratorio superiore, cioè naso e laringe. I PM2,5 invece, detti respirabili, sono più piccoli e possono penetrare in profondità fino agli alveoli.

Le sostanze inquinanti possono scatenare la tosse in persone che hanno già problemi respiratori, come appunto asma o allergie» spiega «ma possono anche favorire la comparsa di infiammazioni e ostruzioni delle vie aree in soggetti che, in un contesto ambientale diverso, non avrebbero alcun problema.

Se la tosse non passa

Davanti a una tosse che non vuole guarire, il primo approccio è andare dal medico, il quale a seconda dei casi può prescrivere un sedativo della tosse, un mucolitico oppure un espettorante. Nella gran parte dei casi si tratta di un’infezione virale, e quindi si risolve nel giro di qualche settimana.

Se dura per più di tre settimane è bene tornare dal medico di famiglia. Senza aspettare tutto questo tempo se si fa notevole fatica a respirare, si ha una sensazione di fame d’aria, rigonfiamento notevole delle vene del collo e accentuazione degli spazi intercostali.

Oppure quando il colorito della pelle e delle mucose, in particolare labbra e bocca, tende a diventare, da roseo, bluastro.

Meglio contattarlo anche in caso di peggioramento vistoso delle condizioni generali o se verso sera si osserva puntualmente un rialzo febbrile, anche se lieve.

Cosa sono i mucolitici

I mucolitici agiscono secondo diversi meccanismi d’azione. I più usati sono in grado di rompere le proteine che costituiscono il muco, rendendolo così più fluido.

In questo modo, attraverso i colpi di tosse, viene facilitata la sua espulsione da parte dell’albero respiratorio.

Attenzione però: sono diversi dai sedativi della tosse, non la calmano subito. Al contrario, subito dopo l’assunzione si può registrare un aumento dello stimolo a tossire, perché aumenta la presenza di muco da eliminare.

Quelli più comunemente usati contengono: sobrerolo, acetilcisteina, ambroxolo, carbocisteina, bromexina.

Microbiota e tosse

Uno studio recente condotto da Yu-Chi Chiu e il suo team presso la National Yang Ming Chiao Tung University di Taiwan ci svela che polmoni e intestino potrebbero essere più collegati di quanto immaginiamo, soprattutto quando si parla di malattie polmonari croniche, come la BPCO (Broncopneumopatia Cronica Ostruttiva).

La BPCO è una condizione che rende difficile respirare a causa dell’ostruzione delle vie aeree, spesso accompagnata da tosse e produzione di catarro. Nonostante il fumo sia un noto colpevole, ci sono altri fattori che contribuiscono a questa complessa malattia, e recentemente gli scienziati hanno iniziato a esplorare il ruolo del microbioma intestinale, ossia l’insieme dei microorganismi che vivono nel nostro intestino.

La ricerca ha esaminato il microbioma intestinale di 60 pazienti affetti da BPCO a vari stadi di gravità, per capire se le differenze nei batteri intestinali potessero influenzare la severità della malattia. Hanno scoperto che, nonostante alcune variazioni, non c’è una correlazione diretta tra i tipi di batteri presenti e la gravità della BPCO.

Questo suggerisce che la chiave potrebbe non essere tanto nei tipi di batteri, ma in come il nostro sistema immunitario interagisce con essi. Alcuni batteri specifici, infatti, sembrano avere un impatto sulla funzionalità polmonare e potrebbero influenzare l’andamento della malattia attraverso un dialogo immunitario piuttosto che infiammatorio.

Una tosse che non passa potrebbe anche nascondere molto più di un semplice “raffreddamento”, soprattutto nei bambini. È quanto emerge da un altro studio condotto da Mikhail Kazachkov e il suo team, che ha gettato luce su un aspetto sorprendente della tosse cronica nei più piccoli: il ruolo chiave del microbiota, l’insieme dei microorganismi che vivono nel nostro corpo.

Per molto tempo, la tosse prolungata nei bambini è stata un puzzle per i medici. Circa il 20% dei piccoli in età prescolare ne soffre, e mentre a volte è solo il segno di un’infezione passeggera, altre può indicare problemi più seri come l’asma o la bronchite cronica.

Grazie alla ricerca condotta presso la New York University School of Medicine, oggi sappiamo che i batteri che normalmente risiedono nella nostra bocca e nelle vie aeree inferiori potrebbero avere un ruolo in questo. E la cosa interessante è che questi microorganismi cambiano in base alla malattia di cui soffre il bambino e al livello di infiammazione presente.

Il team di ricercatori ha esaminato con attenzione il microbiota di 36 bambini con tosse cronica, utilizzando tecniche all’avanguardia che vanno oltre i tradizionali metodi di coltura dei batteri. Hanno scoperto che, indipendentemente dalla malattia, i bambini con tosse cronica hanno un’abbondanza di batteri tipici del cavo orale anche nelle vie aeree inferiori.

Il tipo di batteri varia a seconda che il bambino sia asmatico, soffra di bronchite cronica o presenti disordini neurologici. Ad esempio, nei bambini asmatici sono più comuni batteri come Granulicatella e Rothia, mentre in quelli con bronchite spicca il genere Prevotella.

Questa scoperta non solo ci aiuta a capire meglio le cause della tosse cronica ma apre anche nuove strade per trattamenti mirati che tengano conto del particolare equilibrio microbico di ogni piccolo paziente.

C’è ancora molto da scoprire, e gli autori dello studio sottolineano la necessità di ulteriori ricerche per approfondire questi legami. Ma una cosa è chiara: la prossima volta che un bambino non smette di tossire, potrebbe essere il suo microbiota a parlare.