Il reflusso gastroesofageo è una patologia molto diffusa, denominata anche malattia da reflusso gastroesofageo (MRGE). È fra i più frequenti disturbi trattati in gastroenterologia e influisce negativamente sulla qualità della vita.

Il reflusso si verifica quando l’acido dello stomaco risale nell’esofago, causando sintomi fastidiosi e potenzialmente dannosi per la mucosa esofagea. 

Se questo fenomeno avviene regolarmente, il reflusso può evolvere in una forma cronica e ricorrente, minando il benessere e la qualità della vita. Senza trattamenti adeguati, può portare a complicazioni serie.

Statistiche recenti indicano che tra l’8 e il 33% della popolazione mondiale è affetta da reflusso, indipendentemente da sesso o età, interessando persino i bambini. Scopriamo insieme cause, sintomi e metodi di trattamento di questa condizione.

Cause del reflusso gastroesofageo

Per comprendere le cause, è utile conoscere i meccanismi coinvolti. La digestione inizia in bocca, dove il cibo viene triturato e mescolato con la saliva, formando il bolo alimentare che, attraversando l’esofago, raggiunge lo stomaco, dove i succhi gastrici proseguono la digestione.

Il transito del cibo dall’esofago allo stomaco è controllato da una valvola, lo sfintere esofageo inferiore, che normalmente resta chiusa per prevenire la risalita del contenuto gastrico. Tuttavia, è normale che una piccola quantità di acido risalga occasionalmente senza causare problemi. Se questo fenomeno si presenta con un’eccessiva frequenza e durata, si manifesta la MRGE.

Le cause del reflusso includono:

  • alterazioni dello sfintere esofageo inferiore: se è indebolito o non funziona correttamente, il contenuto acido dello stomaco può risalire nell’esofago
  • aumento della pressione addominale: condizioni come l’obesità e la gravidanza o persino il sollevamento di pesi possono aumentare la pressione nell’addome, favorendo il reflusso
  • abitudini alimentari e di vita: consumo di cibi grassi, speziati o contenenti caffeina, alcol e fumo di sigaretta possono rilassare lo sfintere esofageo inferiore o stimolare la produzione di acido gastrico, contribuendo al reflusso
  • farmaci: alcuni medicinali, come i farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) o i calcio-antagonisti usati per l’ipertensione, possono influenzare negativamente la funzionalità dello sfintere esofageo inferiore
  • ernia iatale: questa condizione si verifica quando una parte dello stomaco risale nel torace attraverso un foro nel diaframma, compromettendo la funzione dello sfintere esofageo inferiore.

Anche un’alterata motilità esofagea può contribuire al problema. La peristalsi esofagea, ovvero i movimenti che spingono il cibo verso lo stomaco, aiutano infatti a rimuovere gli acidi gastrici che sono risaliti.

Sintomi del reflusso gastroesofageo

I sintomi della MRGE possono variare, ma solitamente includono:

  • bruciore retrosternale, una sensazione di bruciore localizzata a livello dello sterno, che si presenta spesso dopo i pasti o di notte
  • rigurgito acido, che può arrivare fino alla gola
  • disfagia, ovvero difficoltà nella deglutizione
  • tosse cronica o raucedine, causate dall’irritazione cronica dell’esofago e della laringe.

Sintomi meno comuni, chiamati anche sintomi atipici, comprendono:

  • alitosi
  • nausea e vomito
  • dolore toracico
  • abbassamento della voce
  • erosione dei denti.

Se trascurata, la MRGE può portare a un’infiammazione cronica dell’esofago (esofagite), che può causare ulcere e sanguinamenti. Inoltre, la MRGE può favorire lo sviluppo di una condizione denominata esofago di Barrett, caratterizzata da un’alterazione delle cellule della mucosa esofagea, che se non trattata può, in alcuni casi, trasformarsi negli anni in una neoplasia maligna.

Diagnosi di reflusso

La diagnosi si basa in primo luogo sulla storia clinica e sui sintomi riportati dal paziente. Se il quadro diagnostico non è chiaro o il trattamento non porta i risultati attesi, il medico può valutare la necessità di esami strumentali. In particolare, per arrivare a una diagnosi di MRGE possono essere prescritti l’endoscopia digestiva superiore e il monitoraggio del pH esofageo per 24-48 ore. In presenza di disfagia, può essere utile una radiografia con bario. Per valutare la motilità esofagea e la tenuta dello sfintere, si può ricorrere alla manometria esofagea.

Rimedi e trattamenti per il reflusso gastroesofageo

Dopo la diagnosi di malattia da reflusso gastroesofageo, lo specialista consiglia in primo luogo di seguire un’alimentazione sana, evitando alcuni alimenti “trigger” che possono favorire il reflusso. Inoltre, sono cruciali alcune modifiche dello stile di vita, tra cui perdere peso per ridurre la pressione addominale, smettere di fumare, limitare l’alcol, fare pasti piccoli e frequenti per favorire la digestione ed evitare di coricarsi subito dopo aver mangiato, in particolare dopo cena per non favorire il reflusso notturno.

Se questi accorgementi non sono sufficienti ad alleviare i sintomi del reflusso, il medico può valutare la prescrizione di alcuni farmaci, come:

  • inibitori della pompa protonica o inibitori dei recettori H2, che riducono la produzione di acidi nello stomaco.
  • farmaci procinetici, che stimolano lo svuotamento gastrico.

In caso di inefficacia della terapia medica o di ernia iatale, può essere infine considerata l’opzione chirurgica, che prevede l’intervento di fundoplicatio, che ha l’obiettivo di ristabilire la funzionalità dello sfintere esofageo.

Cibi da evitare e cibi consigliati

Per i pazienti con reflusso gastroesofageo è importante adottare abitudini alimentari sane ed evitare cibi o bevande che rallentano lo svuotamento gastrico o indeboliscono lo sfintere, come per esempio: 

  • cioccolato 
  • caffè
  • alimenti ricchi di grassi
  • spezie
  • menta
  • aglio
  • cipolla
  • alcol 
  • pomodori 
  • bevande gassate 
  • agrumi.

È utile invece seguire i dettami della dieta mediterranea, che prevede cereali integrali, frutta fresca, verdura, pesce e carni bianche, cucinati alla griglia, al forno o al vapore e conditi con olio d’oliva a crudo.

Reflusso in gravidanza

Durante la gravidanza, molte donne possono andare incontro a un aumento dei sintomi della MRGE o addirittura svilupparla per la prima volta. 

Questo fenomeno è dovuto a diversi fattori fisiologici e ormonali tipici della gravidanza, che possono influenzare il funzionamento del sistema digestivo, come per esempio:

  • modifiche ormonali: gli ormoni della gravidanza, in particolare il progesterone, possono rilassare lo sfintere esofageo inferiore, facilitando il reflusso di acido dallo stomaco all’esofago
  • aumento della pressione addominale: man mano che il bambino cresce, l’aumento della pressione all’interno dell’addome può spingere il contenuto dello stomaco verso l’esofago.
  • modifiche della dieta e dell’appetito: le modifiche nelle abitudini alimentari durante la gravidanza possono contribuire ai sintomi del reflusso.

Strategie per gestire la malattia da reflusso

Per prevenire o alleviare i sintomi del reflusso si possono seguire semplici strategie, come per esempio:

  • Dieta bilanciata e frazionata: fare piccoli pasti frequenti anziché pasti abbaondanti può ridurre la pressione sullo stomaco. È importante anche evitare cibi che scatenano il reflusso, come quelli grassi, piccanti o acidi.
  • Postura corretta: mantenere una postura eretta dopo i pasti ed evitare di coricarsi subito dopo aver mangiato aiuta a prevenire il reflusso.
  • Sollevamento della testa durante il sonno: dormire con la testa leggermente sollevata può ridurre il reflusso notturno.
  • Abbigliamento comodo: indossare vestiti che non stringano l’addome può aiutare a ridurre la pressione su stomaco ed esofago.
  • Evitare fumo e alcol: queste sostanze possono peggiorare i sintomi della MRGE.

Per quanto riguarda le donne in gravidanza, il medico può fornire ulteriori consigli personalizzati per prevenire e trattare la MRGE durante la dolce attesa. In particolare, alcuni farmaci comunemente usati per la MRGE possono essere controindicati o richiedere un’attenta valutazione dei rischi e dei benefici da parte dello specialista.

Il microbiota gastrico

Fino a poco tempo fa, la credenza comune era che lo stomaco fosse un ambiente sterile, ma recenti studi hanno dimostrato che, nonostante l’alta acidità caratteristica dell’ambiente gastrico, esiste un insieme diversificato di microorganismi che non solo sopravvivono, ma svolgono funzioni cruciali per la nostra salute.

Le tecniche di biologia molecolare, come l’analisi dell’rRNA 16S, hanno permesso di identificare e classificare i batteri presenti nello stomaco: i ceppi più comuni nei fluidi gastrici appartengono ai gruppi dei Firmicutes, Bacteroidetes e Actinobacteria, mentre sulla mucosa prevalgono Firmicutes e Proteobacteria.

Tra i batteri presenti nello stomaco, Helicobacter pylori è forse il più noto. Pur essendo presente in circa metà della popolazione, in alcuni casi può causare gastriti, ulcere e altri disturbi. Allo stesso tempo, si è scoperto che ha anche effetti protettivi in alcune condizioni.

L’equilibrio del microbioma locale (eubiosi) e un certo livello di acidità sono essenziali per il funzionamento dello stomaco. L’acidità gastrica non solo aiuta nella digestione degli alimenti, ma è anche cruciale nel mantenere l’equilibrio della flora batterica, proteggendo dai microorganismi non commensali.

Farmaci come gli inibitori della pompa protonica e gli antinfiammatori non steroidei possono avere un impatto significativo sul microbiota gastrico. L’uso prolungato di questi farmaci è stato collegato a un aumento del rischio di infezioni intestinali gravi e di sovracrescita batterica del piccolo intestino (SIBO).

I probiotici possono aiutare a ristabilire l’equilibrio del microbioma gastrico. La scelta dei ceppi probiotici è fondamentale a causa della natura unica dell’ambiente gastrico. Studi hanno dimostrato che la somministrazione di probiotici può ridurre sintomi come dispepsia e dolore post-prandiale in pazienti trattati con PPI.