Negli ultimi anni, la scienza ha iniziato a svelare un legame sempre più stretto tra intestino e salute cardiovascolare. Se fino a poco tempo fa il microbiota intestinale era considerato soprattutto in relazione alla digestione e all’immunità, oggi emerge come attore chiave anche nel cuore della medicina cardiovascolare. 

Una nuova review pubblicata su Heart Failure Reviews analizza quasi 50 studi scientifici e lancia un messaggio chiaro: un intestino “permeabile” e sbilanciato potrebbe favorire o aggravare l’insufficienza cardiaca (HF, heart failure), e il microbioma potrebbe diventare un nuovo alleato nella prevenzione e cura.

Il cuore malato comincia nell’intestino?

L’insufficienza cardiaca è una condizione seria e sempre più diffusa a livello globale: il cuore non riesce più a pompare sangue in modo efficace, causando affaticamento, difficoltà respiratorie e, nei casi più gravi, ricoveri ripetuti e aumento della mortalità. 

Oltre ai fattori noti come età, ipertensione, obesità, fumo e diabete, sempre più ricerche puntano il dito contro il ruolo del microbiota intestinale e della permeabilità della barriera intestinale, la cosiddetta “leaky gut”, ovvero intestino che perde.

Il cuore e l’intestino sono più collegati di quanto si pensasse. Nei pazienti con insufficienza cardiaca, la ridotta perfusione sanguigna intestinale compromette l’integrità della mucosa intestinale. Questo provoca l’apertura di “falle” nella barriera intestinale, consentendo a tossine batteriche e metaboliti dannosi di entrare nel circolo sanguigno. 

Uno dei principali responsabili è il lipopolisaccaride (LPS), un composto presente nella membrana esterna dei batteri gram-negativi. Quando il LPS entra in circolo, attiva il recettore TLR4 sulle cellule del muscolo cardiaco, innescando una cascata infiammatoria che include citochine come TNF-α, IL-1 e IL-6, tutte coinvolte nel danno al tessuto cardiaco.

Un altro metabolita pericoloso è il TMAO (ossido di trimetilammina), prodotto dai batteri intestinali (soprattutto Firmicutes e Proteobacteria) durante la digestione di colina e carnitina, abbondanti in carne rossa, uova e pesce. Il TMAO è fortemente associato ad aterosclerosi, disfunzione endoteliale, infiammazione e persino alla fibrosi cardiaca. Sebbene alcuni studi su animali suggeriscano che in specifiche condizioni possa avere effetti protettivi a basso dosaggio, la maggior parte delle evidenze lo descrive come un nemico del cuore.

Scopri i biotici studiati sulla prevenzione cardiovascolare

Uno squilibrio immunitario e metabolico

La disbiosi intestinale (cioè l’alterazione della composizione microbica) non colpisce solo il metabolismo, ma anche il sistema immunitario. Nell’insufficienza cardiaca, si osserva una riduzione dei linfociti T regolatori (Treg), che normalmente tengono sotto controllo l’infiammazione, e un aumento delle cellule Th17, promotrici di risposte infiammatorie. Questo squilibrio immunitario alimenta ulteriormente la disfunzione cardiaca.

In parallelo, diminuiscono i batteri benefici come Bifidobacteria e Bacteroides, produttori di acidi grassi a catena corta (SCFA) come il butirrato. Questi metaboliti, oltre a nutrire le cellule intestinali, rafforzano la barriera intestinale e riducono l’infiammazione sistemica attraverso recettori specifici (GPR41/43/109A) e meccanismi epigenetici. In pazienti con HF, la loro carenza crea un circolo vizioso: l’infiammazione peggiora la disbiosi e viceversa.

Terapie future: curare il cuore partendo dall’intestino

L’analisi degli studi condotti finora mostra risultati ancora preliminari, ma promettenti. Alcuni interventi sul microbiota, come l’uso di probiotici (Saccharomyces boulardii) o antibiotici mirati (rifaximina), non hanno ancora dimostrato miglioramenti consistenti sulla funzione cardiaca in studi clinici di fase 2. Tuttavia, piccoli studi pilota suggeriscono un possibile beneficio per la frazione di eiezione (una misura della funzionalità cardiaca) in pazienti trattati con specifici probiotici.

Anche le sostanze naturali come l’allicina (principio attivo dell’aglio) sono allo studio per la loro capacità di modulare la produzione di TMAO. Interventi dietetici su larga scala come la dieta mediterranea o la DASH diet, ricche di fibre e povere di proteine animali, rappresentano già un’applicazione pratica: riducono i substrati per la produzione di TMAO e favoriscono la crescita di batteri benefici produttori di SCFA.

Infine, si stanno valutando approcci più diretti e sperimentali come il trapianto di microbiota fecale (FMT), ma al momento i risultati sono contrastanti e ancora lontani da un’applicazione clinica standardizzata.

Un nuovo paradigma per la salute cardiovascolare

Questa revisione mette in luce una connessione ormai innegabile tra intestino e cuore. L’insufficienza cardiaca non può più essere vista solo come un problema meccanico del cuore, ma come una condizione sistemica in cui il microbiota intestinale gioca un ruolo centrale. Prendersi cura del proprio intestino, dunque, potrebbe diventare un nuovo approccio terapeutico per proteggere il cuore, accanto ai farmaci tradizionali.

Siamo ancora agli inizi, ma il futuro della cardiologia potrebbe passare anche — e soprattutto — dall’intestino.

Scopri i biotici studiati sulla prevenzione cardiovascolare