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La vitamina D è una delle quattro vitamine liposolubili (insieme alle vitamine A, E e K): è naturalmente presente in alcuni alimenti, ma viene per la maggior parte prodotta dal nostro corpo quando i raggi ultravioletti della luce solare penetrano nella pelle e ne innescano la sintesi a partire da un derivato del colesterolo.

In natura esistono due forme principali di vitamina D, la vitamina D3, o colecalciferolo, nell’uomo e negli altri animali, e la vitamina D2, o ergocalciferolo, di origine vegetale e fungina.

Le fonti naturali di vitamina D sono gli oli di fegato di pesce, i pesci d’acqua salata (sardine, aringhe, salmone, sgombro). Uova, carne, latte ne contengono piccole quantità, mentre la frutta non ne contiene affatto.

Tale sostanza è abbastanza stabile negli alimenti, tanto da non venire troppo alterata dai processi di lavorazione e di conservazione o dalla cottura.

La vitamina D è indispensabile per l’assorbimento del calcio e del fosforo a livello intestinale, per il loro riassorbimento a livello dei reni e per il mantenimento del loro equilibrio nel tessuto osseo. 

Queste tre funzioni fanno sì che essa giochi un ruolo importantissimo nel corretto funzionamento di muscoli, nervi, coagulazione del sangue, crescita cellulare, utilizzo dell’energia e sviluppo dello scheletro. Inoltre, influisce sulla secrezione degli ormoni insulina e prolattina e regola anche la risposta immunitaria.

A cosa serve la vitamina D

A cosa serve la vitamina D? Questa sostanza interviene in diversi processi importanti per il buon funzionamento dell’organismo. In particolare, le principali funzioni della vitamina D sono:

  • contribuire al normale assorbimento e utilizzo di calcio e fosforo
  • contribuire ai normali livelli di calcio nel sangue
  • contribuire al mantenimento di ossa e denti normali
  • contribuire alla normale funzione muscolare e del sistema immunitario
  • intervenire nel processo di divisione cellulare.

Carenza di vitamina D

In Italia la Società italiana di nutrizione umana (SINU) ha stilato alcune tabelle che riportano le “assunzioni raccomandate per la popolazione” di diversi nutrienti, comprese le vitamine.

Per la vitamina D i livelli di assunzione di riferimento, su base giornaliera, sono espressi come microgrammi di colecalciferolo (1 μg di colecalciferolo = 40 IU vitamina D, IU= unità internazionali) e considerano sia gli apporti alimentari sia la sintesi endogena nella cute.

Nel lattante (6-12 mesi) si raccomandano 10 μg/giorno, che salgono a 15 μg/giorno per bambini, adolescenti e adulti fino ai 75 anni di età. Superati i 75 anni la dose raccomandata diventa 20 μg/giorno.Esistono però situazioni nelle quali l’assunzione e la sintesi di vitamina D sono insufficienti.

E non è un’evenienza così rara: è stato calcolato che in Italia circa l’80% della popolazione è carente in vitamina D. Per questo è importante, oltre che seguire una alimentazione che preveda l’assunzione regolare di cibi che la contengono, ricorrere ad alimenti integrati con vitamina D. Tuttavia, spesso anche questo non è sufficiente, specie in alcune categorie a maggior rischio di carenza (lattanti, bambini piccoli e anziani). Infatti, attualmente viene prescritta di regola l’integrazione con vitamina D nei bambini, soprattutto nei lattanti, ma anche negli anziani è fortemente suggerita.

Alla luce delle sue numerose proprietà, appare riduttivo che la vitamina D sia nota soprattutto come “vitamina antirachitismo”. In effetti, però, il rachitismo nei bambini e l’osteomalacia negli adulti, entrambe malattie dovute alla perdita del contenuto minerale delle ossa, sono le manifestazioni più eclatanti della sua mancanza, e si presentano con evidenti deformità dello scheletro.

Nei bambini, il deficit riguarda anche la mineralizzazione delle cartilagini, motivo per cui essi tendono ad avere le gambe arcuate e corte, facilità alle fratture, dolori ossei e difficoltà a camminare. In più, i piccoli con carenza di vitamina D presentano difetti allo smalto dei denti e una loro comparsa tardiva.

Negli anziani, invece, i sintomi principali sono dolori ossei diffusi, associati a difficoltà di deambulazione, debolezza muscolare, facilità alle fratture e progressivo instaurarsi di deformità.

A rischio di carenza sono prevalentemente i neonati e gli anziani: i primi soprattutto se vengono allattati da madre vegetariana (è comunque da tenere presente che il latte umano contiene poca vitamina D), i secondi poiché la capacità di sintetizzare la vitamina D diminuisce con l’assottigliarsi della cute e la ridotta esposizione alla luce solare legati all’età.

Inoltre esistono malattie che colpiscono fegato, reni, tiroide o che compromettono l’assorbimento intestinale, favorendo così l’instaurarsi di un deficit di vitamina D.

Altro fattore predisponente è l’assunzione prolungata di alcuni farmaci come i barbiturici, i cortisonici, i lassativi a base di oli minerali (olio di vaselina) o alcuni antiepilettici. Al contrario, chi assume diuretici tiazidici o antiacidi a base di sali di magnesio dovrebbe evitare di assumere alte dosi di questa vitamina.

A tutti i pazienti a rischio di carenza, così come alle donne durante la gravidanza o l’allattamento, il medico può suggerire un’integrazione.

Quando assumere gli integratori di vitamina D? 

È meglio assumere la vitamina D alla mattina o alla sera? In assenza di dati certi sulle eventuali interferenze della vitamina D con la secrezione di melatonina, il momento migliore per assumerla è il mattino, ricordandosi che l’assorbimento di questa vitamina è maggiore in presenza di cibi ricchi di grassi; possiamo introdurre nella nostra colazione avocado, noci, semi, latticini ricchi di grassi e uova. Oppure assumere l’integratore subito dopo pranzo.

Riguardo ai valori di vitamina D considerati normali, non esiste ancora una interpretazione univoca internazionale su quali siano i valori di riferimento per considerare l’integrazione; il dosaggio viene eseguito analizzando i livelli di 25-OH-D e, in genere, valori tra 30 e 100 ng/ml sono considerati adeguati, mentre si parla di deficit con valori <20 ng/ml, di insufficienza per valori compresi tra 20 e 30 ng/ml e di eccesso al di sopra dei 100 ng/ml. Valori superiori a 150 ng/ml sono considerati tossici.

Attenzione agli eccessi di vitamina D

La vitamina D è liposolubile (cioè ha una struttura chimica che le permette di sciogliersi nei grassi), quindi un suo eventuale eccesso viene accumulato nel tessuto adiposo. Se si assumono integrazioni è bene attenersi alle dosi raccomandate dal medico, poiché l’ipervitaminosi può provocare danni permanenti ai reni, ritardi della crescita e altre importanti patologie. Invece, l’eccesso di vitamina D non è mai dovuto a sovraesposizione al sole. 

Sulle confezioni degli integratori dietetici, accanto a ogni singolo nutriente sono riportati alcuni valori detti Larn (sigla che significa “Livelli di assunzione giornaliera raccomandati per i nutrienti”), che sono stati calcolati in base alle specifiche esigenze della popolazione italiana. I Larn si differenziano dalle Rda (Recommended dietary allowances), che sono i quantitativi ritenuti adeguati per soddisfare le richieste nutrizionali indipendentemente dalla nazionalità.

Quantità di vitamina D nei principali alimenti

AlimentoVitamina D
Olio di fegato di merluzzo210 µg/100 grammi
Salmone e aringhe25 µg/100 grammi
Uova 5 µg/100 grammi
Funghi3 µg/100 grammi
Crusca3 µg/100 grammi
Burro0,75 µg/100 grammi
Fegato0,5 µg/100 grammi
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