Se ne parla sempre più spesso: mangiare una sola volta al giorno sta diventando una “moda” soprattutto in vista dell’estate. È davvero utile per perdere qualche chilo accumulato nei mesi freddi?

Viene indicato con l’espressione “one-meal-a-day-diet”. Durante il prolungato digiuno che si interpone tra un pasto e l’altro non è concesso mangiare o bere nulla che abbia un valore calorico. Si tratta in altri termini di un digiuno intermittente (intermitting fasting) estremizzato

Normalmente, infatti, nel digiuno intermittente le ore di astensione da cibo e bevande caloriche sono 16. L’intero fabbisogno energetico giornaliero viene soddisfatto all’interno di una finestra di alimentazione ristretta che dura 8 ore (digiuno intermittente 16:8).

Alcuni autori si riferiscono a questo approccio con il termine di iper-alimentazione controllata volendo stressare il concetto che non si tratta semplicemente di saltare i pasti, ma piuttosto di concentrare il cibo nei pochi momenti concessi.

In un passato molto prossimo il termine digiuno aveva assunto un’accezione negativa venendo automaticamente associato con la malnutrizione. Le ricerche scientifiche sugli effetti della restrizione calorica e dei modelli alimentari che mimano il digiuno hanno chiarito la differenza che passa tra un digiuno controllato e un digiuno cronico.

Il primo può avere effetti benefici per la salute. Il secondo comporta un’eccessiva restrizione proteico-calorica, tanto da essere associato a un rischio di malnutrizione.

Nel modello alimentare indicato come one-meal-a-day-diet la finestra di alimentazione ristretta dura appena un’ora e si tratta dunque di scegliere se consumare una prima colazione, un pranzo o una cena. Ci potremmo riferire a questo modello con la sigla IF 23:1 (Intermitting fasting 23:1).

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L’importanza dei pasti

Periodi di digiuno più o meno lunghi sono stati osservati fin dalle nostre origini. Gli uomini primitivi seguivano senza dubbio un’alimentazione irregolare. Gli antichi cacciatori-raccoglitori avevano una dieta diversificata, ma affidata in qualche modo al caso, con apporti calorici e cronologia dei pasti che variavano di giorno in giorno. Con l’avvento dell’agricoltura (la rivoluzione agricola risale a 12.000 anni fa) la nostra dieta ha assunto l’aspetto che conserva ancora oggi: pasti regolari e ridotta variabilità.

È convinzione comune che saltare i pasti possa compromettere il nostro stato metabolico. La gran parte delle persone pensa che una delle caratteristiche salienti della dieta mediterranea sia quella di prevedere una colazione abbondante, e si è fatta in qualche modo strada l’idea che saltare il primo pasto della giornata possa contribuire a ridurre il nostro metabolismo basale, inducendo la tiroide a lavorare di meno. Va comunque sottolineato che queste convinzioni non si fondano su una solida evidenza scientifica.

Dal risveglio fino a sera la successione dei pasti stabiliti sulla base dei nostri bisogni fisiologici (senso di fame e di sazietà) e delle convenzioni sociali (la pausa pranzo è più spesso legata alle dinamiche del proprio lavoro e raramente viene stabilita per rispondere a uno stomaco che brontola) ci consente di coprire il nostro fabbisogno energetico e nutrizionale.

Questioni legate ai ritmi di vita frenetici ci impongono di cenare tardi la sera e di fare colazione presto al mattino. In questo modo la durata del digiuno notturno si riduce sensibilmente. Per la nostra salute mangiare bene è importante, ma digiunare lo è altrettanto.

Negli ultimi decenni sono stati condotti una serie di studi che mettono in relazione il digiuno con la biochimica dell’invecchiamento. La prolungata astensione dal cibo mette in moto una serie di eventi intracellulari che culminano con l’autofagia. Sappiamo che i mitocondri sono gli organuli cellulari deputati alla produzione di energia (ATP).

Andando incontro a usura, i mitocondri devono essere “rottamati” dalla cellula che li ospita. Questo fenomeno prende appunto il nome di autofagia. In condizioni fisiologiche all’autofagia fa seguito la biogenesi mitocondriale. In questo modo i mitocondri fatiscenti vengono sostituiti con mitocondri nuovi di zecca. Autofagia e biogenesi mitocondriale proteggono l’intero organismo dal processo di invecchiamento.

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Mangiare una volta al giorno fa bene?

È lecito domandarsi se mangiare una volta al giorno possa farci bene. La prima considerazione da fare è che nessun modello alimentare può essere eletto a paradigma assoluto, valido per tutti. La domanda corretta dovrebbe quindi essere: “A chi fa bene mangiare una volta al giorno e a chi, invece, fa male?”.

Mangiare una volta al giorno è altamente sconsigliato:

  • alle donne in gravidanza e in allattamento;
  • ai bambini piccoli e agli adolescenti;
  • agli anziani con stato nutrizionale scadente;
  • ai pazienti immunodepressi;
  • alle persone con storia pregressa di disturbi del comportamento alimentare (DCA) o con disturbi alimentari in essere.

Per tutti gli altri il fatto di mangiare una sola al giorno potrebbe rappresentare un vantaggio per la salute.

È bene precisare comunque che uno degli aspetti più flessibili del digiuno intermittente, soprattutto di quello 23:1, riguarda la scelta di cosa mangiare.

La persona che adotta questo modello alimentare viene lasciata libera di mangiare come e quanto vuole durante la finestra di alimentazione. Come diremo in altri punti di questo articolo il digiuno intermittente non è una dieta, ma solo una modalità con cui questa può essere seguita. Mangiare una volta al giorno quindi fa bene solo se scegliamo di mangiare cibo sano e ricco di valore nutrizionale.

Mangiare una volta al giorno: i possibili benefici

Posto che la gran parte delle persone trova poco allettante l’idea di astenersi dal cibo per un numero di ore superiore al digiuno notturno (che varrebbe sempre la pena rispettare), coloro che accettano una simile restrizione lo fanno sulla base di una serie di promesse. È bene precisare che molti di questi benefici sono solo presunti, come per esempio il fatto che mangiare una volta al giorno:

  • possa essere utile per aumentare massa muscolare;
  • migliori i parametri ematici e il metabolismo;
  • possa prevenire o controllare una grande quantità di patologie dell’età moderna grazie al fenomeno dell’autofagia;
  • aumenti la longevità.

In pratica le persone che scelgono di mangiare una sola volta al giorno lo fanno per migliorare la propria composizione corporea oppure con la speranza di vivere più a lungo e in salute. Ma mangiare una volta al giorno fa davvero dimagrire?

In effetti il digiuno intermittente 23:1 comporta una riduzione dell’apporto calorico per i limiti imposti dalla finestra di alimentazione ristretta e dal sopraggiungere del senso di sazietà. Inoltre, è apprezzato da molti per le seguenti motivazioni:

  • non è necessario preparare i consueti 5 pasti al giorno, cosa che risulta estremamente vantaggiosa per chi ha poco tempo per cucinare; può sembrare curioso, ma questo vantaggio è quello che più di tutti aumenta la compliance del paziente con il piano alimentare;
  • non c’è bisogno di fare la colazione: sono molte le persone che si svegliano la mattina con uno scarso appetito e alcuni tra questi riferiscono di avere lo stomaco completamente chiuso;

Poiché in definitiva il digiuno intermittente non è una dieta, ma piuttosto è una modalità con la quale ciascuna dieta può essere seguita, non è perentorio digiunare tutti i giorni; si può scegliere in alternativa di digiunare 1, 2 o 3 giorni alla settimana.

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Mangiare una volta al giorno: i possibili effetti negativi

Mangiare una volta al giorno può avere però anche effetti negativi. Come abbiamo visto fin qui il nostro organismo si adatta bene ai digiuni prolungati. Il punto critico riguarda la flessibilità nella scelta degli alimenti, la stessa che è alla base dei potenziali effetti positivi.

Immaginiamo di consumare un unico pasto al giorno. Se lo strutturiamo scegliendo alimenti dallo scarso valore nutrizionale (cibi industriali carichi di grassi saturi, di zuccheri semplici, di additivi e di conservanti) non stiamo di certo facendo un buon servizio alla nostra salute.

Anche concentrando tutto quello che c’è da mangiare in un unico pasto dovremmo assicurarci di aver saturato in questo modo il nostro fabbisogno giornaliero in macronutrienti (proteine, carboidrati e grassi) e in micronutrienti (vitamine, antiossidanti, sali minerali). Se così non fosse rischieremmo nel lungo periodo una forma di malnutrizione.

Non è da trascurare il fatto che il digiuno intermittente, soprattutto nella sua versione più estrema, potrebbe slatentizzare disturbi del comportamento alimentare, specie se viene adottato senza la supervisione di un consulente della nutrizione.

Una dieta sana ed equilibrata

Un modello alimentare considerato sano ed equilibrato è senza dubbio la dieta mediterranea. Questa è basata sul consumo prevalente di alimenti di origine vegetale minimamente processati. Frutta e verdura sono adeguatamente rappresentati e con facilità si raggiungono le cinque porzioni al giorno.

La quota proteica deriva principalmente dai legumi, dai cereali integrali, da uova e formaggi, e in misura minoritaria dalla carne e dal pescato. L’olio extravergine d’oliva rappresenta il condimento principale dei piatti della nostra tradizione culinaria e apporta una serie di benefici non solo in virtù della sua composizione in acidi grassi (prevalenza di acido oleico, monoinsaturo), ma anche per la presenza di composti ad azione antiossidante.

Poiché, come si è già detto, il digiuno intermittente non è una dieta, ma solo una modalità con cui questa può essere seguita, potremmo rispettare i precetti della dieta mediterranea anche mangiando una sola volta al giorno.

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Effetti sul microbiota intestinale

Mangiare soltanto una volta al giorno può avere diversi effetti sul microbiota intestinale dal momento che la sua composizione è influenzata dalla frequenza dei pasti, dalla composizione della dieta, e dall’orario in cui si mangia. Ecco alcuni punti chiave derivanti dagli studi su questo argomento:

Modificazioni del microbiota: la ricerca suggerisce che la restrizione calorica e la riduzione della frequenza dei pasti possono alterare la composizione e la funzionalità del microbiota intestinale. Un singolo pasto al giorno potrebbe portare a cambiamenti nei tipi di microbi presenti nell’intestino e nelle loro funzioni metaboliche.

Impatto sulla diversità del microbiota: alcuni studi hanno dimostrato che una maggiore diversità del microbiota è associata a una migliore salute generale. La restrizione calorica intensa, come quella che può verificarsi con OMAD, potrebbe ridurre questa diversità, influenzando così la salute metabolica e il rischio di alcune malattie.

Effetti sulla salute dell’intestino: mangiare un solo pasto al giorno potrebbe influenzare la barriera intestinale e la risposta immunitaria nell’intestino. La frequenza e il ritmo dei pasti sono importanti per mantenere l’integrità della barriera intestinale e per modulare le risposte infiammatorie.

Risposta metabolica: gli studi indicano che il timing dei pasti può influenzare il metabolismo attraverso il microbiota intestinale. Ad esempio, mangiare in un ristretto lasso di tempo può migliorare il controllo della glicemia e ridurre l’infiammazione, possibilmente attraverso modifiche al microbiota.

Differenze individuali: è importante notare che l’effetto di OMAD sul microbiota può variare notevolmente da persona a persona, influenzato da fattori genetici, stile di vita, composizione della dieta e altri fattori ambientali.

Sebbene la ricerca sia ancora in fase di sviluppo e molti studi si basino su modelli animali o gruppi ristretti di persone, è chiaro che la frequenza dei pasti può avere un impatto significativo sul microbiota intestinale e sulla salute generale. Coloro che considerano di adottare una dieta OMAD dovrebbero consultare un professionista della salute per assicurarsi che tale pratica sia sicura e appropriata per le loro esigenze individuali.

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