Quando le giornate si accorciano, il cielo si fa grigio e si passa più tempo al chiuso, raffreddori, mal di gola e influenza iniziano a circolare con più insistenza. È il classico “copione” dell’inverno: bambini che tornano dall’asilo con il naso che cola, adulti che si sentono sempre un po’ stanchi, anziani più fragili davanti ai virus respiratori.
In questo scenario si parla spesso di vitamina C, tisane calde e rimedi della nonna, ma c’è un’altra protagonista, più silenziosa e meno conosciuta, che gioca un ruolo decisivo nelle nostre difese: la vitamina D.
La vitamina D non difende solo le ossa…
Per molti la vitamina D è “solo” la vitamina delle ossa, importante per fissare il calcio e prevenire rachitismo e osteoporosi. Questo è vero, ma è solo una parte della storia. La vitamina D è una molecola particolare: in realtà si comporta più come un ormone che come una comune vitamina. Non dipendiamo solo dall’alimentazione per assumerla, perché il nostro organismo è in grado di produrne la maggior parte grazie alla luce del sole, a partire da un precursore presente nella pelle. Da qui, attraverso fegato e reni, viene trasformata nelle sue forme attive, che regolano l’assorbimento di calcio e fosforo e contribuiscono a mantenere ossa e denti normali.
Ma i recettori per la vitamina D non si trovano solo nello scheletro: sono stati individuati in moltissimi tessuti diversi, comprese le cellule del sistema immunitario. Questo suggerisce che la vitamina D prenda parte a numerosi processi dell’organismo, non solo alla salute delle ossa. Si è visto che contribuisce al mantenimento di una funzione muscolare normale, aiuta a controllare i livelli di calcio nel sangue e interviene nei processi di divisione cellulare, confermando il suo ruolo “di regia” su più fronti.
Così ci difende dalle infezioni
Il legame tra vitamina D e difese immunitarie è uno degli aspetti più interessanti emersi negli ultimi anni. Studi di immunologia hanno mostrato che le cellule T, una delle squadre specializzate del nostro sistema di difesa, hanno bisogno di vitamina D per passare dallo stato “dormiente” a quello attivo. In pratica, quando incontrano un virus o un batterio, per poter montare una risposta efficace devono disporre di livelli adeguati di vitamina D: se nel sangue ce n’è poca, la loro reazione è meno pronta.
Non è tutto. La forma attiva della vitamina D è in grado di modulare l’attività di monociti, macrofagi e cellule NK, e di stimolare la produzione di sostanze antimicrobiche direttamente nelle cellule che rivestono le vie respiratorie. È come rafforzare la barriera di ingresso di naso, gola, bronchi e polmoni, rendendoli meno vulnerabili agli agenti patogeni che circolano con più facilità durante la stagione fredda. Allo stesso tempo, la vitamina D contribuisce a “tenere a bada” le risposte immunitarie eccessive, che possono sfociare in infiammazione cronica o malattie autoimmuni.
I dati epidemiologici confermano che esiste un legame tra livelli di vitamina D e infezioni respiratorie. Un’analisi su larga scala ha osservato che le persone con valori molto bassi di vitamina D nel sangue (al di sotto di 10 ng/mL) presentano un rischio significativamente più alto di andare incontro a infezioni delle vie respiratorie superiori, come raffreddore e influenza, rispetto a chi ha livelli sufficienti. Questo aumento di rischio è stato quantificato intorno al 40%, a parità di altri fattori.
Non stupisce, quindi, che proprio l’inverno sia il momento “critico”: ci si espone meno alla luce solare, si passa molto tempo in ambienti chiusi e affollati, dove i virus circolano con facilità, e le possibilità della pelle di produrre vitamina D si riducono. A tutto questo si somma il fatto che, a livello globale, si stima che circa un miliardo di persone presenti una carenza di vitamina D, con deficit frequenti anche in Paesi come l’Italia.
I bambini sono particolarmente esposti ai malanni di stagione: il loro sistema immunitario è ancora in via di maturazione e l’ingresso in comunità (nido, scuola materna, scuola primaria) li mette a contatto con molti coetanei e, di conseguenza, con una grande varietà di virus respiratori. Nei primi anni di vita, raffreddori, tosse e piccoli episodi febbrili sono molto frequenti, soprattutto nei mesi freddi. In questa fase, assicurare un buono stato nutrizionale, comprese le vitamine che sostengono il sistema di difesa come la vitamina D, è importante per aiutare l’organismo ad affrontare meglio le infezioni e a recuperare più rapidamente.
La vitamina D ha un ruolo fondamentale fin dalla gravidanza: contribuisce alla corretta mineralizzazione dello scheletro del feto e alla formazione delle sue riserve, che saranno importanti nei primi mesi dopo la nascita. Se la madre è carente, anche il bambino rischia di esserlo, con conseguenze che possono andare dal rachitismo a una maggiore suscettibilità alle infezioni respiratorie. Non a caso le linee guida di molti Paesi suggeriscono un’integrazione di vitamina D in gravidanza e durante l’allattamento, oltre che nei primi mesi di vita del neonato, soprattutto quando l’esposizione solare è limitata.
Altre funzioni importantissime
Ma il contributo della vitamina D non si esaurisce con le difese contro i virus invernali. La ricerca ha messo in luce associazioni tra bassi livelli di vitamina D e un maggior rischio di asma e allergie nei bambini, di diabete e malattie cardiovascolari negli adolescenti e negli adulti, e di alcune forme di tumore.
Anche il tono dell’umore e alcune funzioni cerebrali sembrano risentire della sua carenza: non è un caso che la depressione stagionale sia più frequente nelle aree con poca luce solare. Pur non potendo parlare di “effetto miracoloso” o di rapporti causa-effetto dimostrati per tutte queste condizioni, il quadro complessivo suggerisce che mantenere livelli adeguati di vitamina D contribuisca al benessere generale e a un buon equilibrio dell’organismo.
Cosa succede quando la vitamina D è davvero troppo bassa? Le manifestazioni più note riguardano lo scheletro: nei bambini la carenza grave può provocare rachitismo, una malattia in cui le ossa diventano fragili, poco mineralizzate e si deformano; negli adulti può comparire osteomalacia e, nel tempo, aumentare il rischio di osteoporosi e fratture anche dopo traumi minimi. A questi problemi si aggiungono dolori muscolari, debolezza, stanchezza, sintomi neurologici e, come abbiamo visto, una maggiore vulnerabilità alle infezioni respiratorie e ad altre patologie. Il problema è che spesso una carenza moderata non dà sintomi evidenti: ci si accorge di avere la vitamina D bassa solo con un esame del sangue che misura i livelli di 25(OH)D.
Come fare il “pieno” di vitamina D
Come possiamo allora fare scorta di vitamina D in vista dell’inverno, o comunque mantenerne livelli adeguati tutto l’anno? La prima alleata è la luce del sole. In assenza di controindicazioni, esporsi regolarmente alla luce naturale, con viso, braccia e parte delle gambe scoperti per una quindicina di minuti al giorno, può essere sufficiente a coprire gran parte del fabbisogno, soprattutto nelle stagioni più luminose.
In autunno e inverno il margine si riduce, ma anche brevi passeggiate all’aperto nelle ore centrali della giornata possono dare il loro contributo. Naturalmente bisogna sempre trovare il giusto equilibrio tra la necessità di stimolare la sintesi di vitamina D e quella di proteggere la pelle dai danni dei raggi UV, soprattutto nei soggetti a rischio di tumori cutanei o con fototipi molto chiari.
L’alimentazione fa la sua parte, anche se da sola difficilmente è sufficiente a compensare una carenza importante. I cibi più ricchi di vitamina D sono i pesci grassi dei mari freddi, come salmone, sgombro, aringa e sardine, l’olio di fegato di merluzzo, il fegato, il tuorlo d’uovo, il latte e alcuni latticini, soprattutto se fortificati. Esistono anche alimenti “arricchiti”, come alcuni latti, bevande vegetali, succhi e cereali per la colazione, a cui viene aggiunta vitamina D proprio per facilitarne l’assunzione. I vegetali, con poche eccezioni come alcuni funghi trattati con luce UV, ne contengono quantità molto basse.
Insieme alla vitamina D, una dieta varia e equilibrata dovrebbe garantire anche l’apporto di altri micronutrienti che sostengono le difese immunitarie, come le vitamine A, C, E, alcune vitamine del gruppo B, il selenio e lo zinco. Tutte queste sostanze contribuiscono a mantenere efficiente sia la barriera delle mucose che ci separano dal mondo esterno, sia l’attività delle cellule immunitarie. Anche in questo caso, però, non si tratta di “scudi magici”, ma di mattoncini che, giorno dopo giorno, aiutano l’organismo a reagire meglio alle aggressioni.
Quando integrare
Quando l’esposizione al sole è limitata, la dieta non basta, oppure sono presenti fattori di rischio specifici, può essere utile valutare con il medico l’eventuale ricorso a integratori oppure ad alimenti, come per esempio gli yogurt, rinforzati con la vitamina D. Gli anziani, le persone con pelle scura, chi passa poco tempo all’aperto, chi soffre di malattie intestinali o renali, chi assume farmaci che interferiscono con il metabolismo della vitamina D sono tutti gruppi particolarmente esposti a insufficienza o carenza.
Nei bambini più piccoli e nei neonati l’integrazione è spesso raccomandata per coprire i fabbisogni, soprattutto nella stagione invernale e in caso di allattamento esclusivo al seno. In altre situazioni, l’obiettivo può essere non solo proteggere le ossa, ma anche sostenere il sistema immunitario nei mesi in cui raffreddori e influenza sono più frequenti.
Gli integratori possono contenere solo vitamina D oppure combinarla con altre vitamine e minerali, come la vitamina C e lo zinco, che collaborano nel supportare le difese. La scelta del prodotto e del dosaggio, però, non dovrebbe mai essere casuale o “fai da te”: è il medico o il pediatra, sulla base della storia clinica, dell’alimentazione, dello stile di vita e, se necessario, dei valori di laboratorio, a poter consigliare il percorso più adatto. Va ricordato che, come per tutti i nutrienti, anche l’eccesso di vitamina D può avere effetti indesiderati, per cui non è opportuno superare le dosi consigliate senza indicazione specialistica.
In definitiva, la vitamina D è davvero un alleato prezioso per affrontare l’inverno: non garantisce di “saltare” ogni raffreddore, ma contribuisce a rendere il nostro sistema immunitario più pronto, modulato e capace di rispondere in modo efficace alle sfide della stagione fredda. Prendersene cura significa combinare buone abitudini di vita – un po’ di sole, attività all’aria aperta, alimentazione equilibrata – con, quando necessario, un supporto mirato deciso insieme al medico. Un piccolo grande investimento sulla nostra salute, che può farci arrivare alla primavera con qualche malanno in meno e molte energie in più.

