In Italia ne soffrono tre persone su dieci e nel mondo riguarda circa il 40% della popolazione. È un deficit diffusissimo ma spesso sottovalutato, perché i segnali sono subdoli: stanchezza che non passa, mal di testa ricorrenti, fiato corto, pelle più pallida del solito, capelli e unghie fragili, irritabilità, difficoltà di concentrazione, perfino una maggiore suscettibilità alle infezioni. Disturbi “aspecifici” che si tendono a spiegare con lo stress quotidiano, mentre possono indicare scorte di ferro in riserva.
Chi soffre di carenza di ferro
Negli ultimi mesi nuovi dati hanno acceso i riflettori sul problema. In Irlanda, uno studio del 2024 ha rilevato che la carenza di ferro in gravidanza raggiunge il 51,2% entro il terzo trimestre. Negli Stati Uniti quasi il 40% delle giovani donne fra 12 e 21 anni risulta carente. Anche in Italia, secondo una rilevazione Humanitas–San Pio di Milano, la stima è di tre persone su dieci. Il quadro è ancora più critico nei Paesi a basso reddito, dove l’anemia colpisce molte donne in età fertile e circa il 40% dei bambini sotto i cinque anni, con ripercussioni durature su crescita, sviluppo cognitivo e qualità di vita.
A ricordare perché il ferro conti davvero, in occasione della Giornata internazionale del 26 novembre, è Luca Piretta, gastroenterologo e nutrizionista dell’Università Campus Bio-Medico di Roma. «Diete squilibrate o un’attività sportiva molto intensa possono accentuare la carenza, così come condizioni fisiologiche come gravidanza, allattamento e ciclo mestruale, o patologie come celiachia, morbo di Crohn e diarree croniche» spiega l’esperto. «Il primo pilastro resta un’alimentazione adeguata o un’integrazione mirata di ferro, da associare alla vitamina C, che ne migliora l’assorbimento, e al rame, che contribuisce al suo normale trasporto nell’organismo».
A cosa serve il ferro, davvero
Il ferro è il “motore nascosto” di molte funzioni vitali. È parte dell’emoglobina nei globuli rossi e della mioglobina nei muscoli: senza di lui l’ossigeno non arriva in modo efficiente ai tessuti e l’energia cala. Partecipa alla produzione di energia nelle cellule, sostiene il lavoro del cuore e del cervello, è cofattore di numerosi enzimi e interviene nella sintesi di alcuni ormoni. Quando le riserve scendono, l’organismo rallenta: ci si sente spossati, si sopporta meno lo sforzo, il sistema immunitario perde smalto. Per questo prevenire e correggere la carenza non è un dettaglio, ma un investimento sulla salute quotidiana.
Non tutto il ferro degli alimenti, però, è uguale. Esiste una forma “eme”, tipica di carne e pesce, molto biodisponibile (in media un quarto–un terzo viene assorbito), e una forma “non eme”, prevalente nei vegetali, assorbita in misura minore e più variabile. I LARN — i livelli di assunzione di riferimento per la popolazione italiana — indicano circa 10 mg al giorno per l’uomo adulto e 18 mg per la donna in età fertile; in gravidanza il fabbisogno sale a 27 mg, durante l’allattamento a 11 mg. Senza un apporto regolare, le scorte si assottigliano e aumentano rischio di anemia e fatica cronica.
Il pesce, e non solo
Sul fronte pratico, Piretta invita a guardare al mare come a un alleato insospettabile. «Il pesce è tra le fonti migliori di ferro e il tonno in scatola, in particolare, offre un apporto di ferro biodisponibile paragonabile a quello del filetto: è quindi una valida alternativa alla carne» sottolinea. «A parità di profilo nutrizionale, le conserve ittiche sono di uso immediato: pratiche, pronte e senza scarti». Un esempio concreto: 100 grammi di tonno sott’olio forniscono circa 1,7 mg di ferro. E con il ferro arrivano vitamina B12, folati e proteine, nutrienti chiave quando si parla di prevenzione e contrasto dell’anemia. Nella stessa famiglia di “alleati da dispensa” rientrano anche acciughe e sgombro: le prime forniscono in media 1,3 mg di ferro per 100 g, il secondo circa 2,1 mg per 100 g.
Questo non significa mettere da parte il mondo vegetale, che resta prezioso per comporre una dieta varia. Legumi come fagioli, ceci e lenticchie, soia e derivati, funghi secchi, frutta secca, crusca e cereali integrali, spezie ed erbe aromatiche (timo, cumino, origano, cannella, salvia, semi di finocchio), oltre alle verdure a foglia verde come radicchio e spinaci, contribuiscono all’introito di ferro non eme. Per migliorarne l’assorbimento, il trucco è abbinarli a fonti di vitamina C — agrumi, kiwi, fragole, peperoni, pomodori — e limitare, nello stesso pasto, sostanze che ne riducono la biodisponibilità, come eccesso di tè, caffè o calcio.
Fondamentale la dieta “ferrea”
Il messaggio, in sintesi, è duplice: riconoscere i campanelli d’allarme e intervenire presto, meglio se con l’aiuto del medico per gli esami del sangue e un piano nutrizionale o di integrazione ad hoc; e, nella quotidianità, costruire una “dieta ferrea” che non rinunci alla praticità. In questo senso il tonno in scatola e le altre conserve ittiche si rivelano un’opzione intelligente: facili da inserire in insalate complete, paste e cereali integrali, abbinati a legumi e verdure ricche di vitamina C, aiutano a coprire il fabbisogno e a mantenere le riserve al sicuro.
Per chi vive fasi della vita più esigenti — dall’adolescenza alla gravidanza, dall’allattamento a periodi di allenamento intenso — l’attenzione deve essere ancora maggiore. L’obiettivo non è inseguire super-diete o mitici “cibi miracolosi”, ma comporre pasti equilibrati, regolari e sostenibili nel tempo. Con qualche scelta furba, come tenere in dispensa una scorta di pesce in conserva, il ferro torna a fare il suo mestiere: portare ossigeno alla nostra energia quotidiana.

