Lo Human Papilloma Virus (HPV) è noto soprattutto per la sua capacità di causare il tumore del collo dell’utero nella donna, ma in realtà questo agente patogeno può infettare persone di entrambi i sessi, con conseguenze per la salute molto variabili per tipologia e gravità in relazione al ceppo di HPV incontrato, all’efficienza del sistema immunitario individuale e al fatto di essere donne o uomini. 

Anche il luogo in cui si vive conta, perché l’infezione da HPV e le sue sequele peggiori possono essere prevenute grazie al vaccino contro l’HPV e a programmi di screening attivi da anni nei Paesi occidentali, mentre continuano ad avere un impatto rilevante sulla salute di chi vive in regioni a basso reddito e prive di sistemi sanitari adeguati. 

I dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità indicano che oltre l’85% dei 311.000 decessi per tumore cervicale avvenuti nel 2018 si è concentrato nelle zone più povere del mondo.

Cos’è l’HPV?

L’HPV non è un singolo agente patogeno, ma un’ampia famiglia di virus composta da oltre 100 varianti che, pur condividendo numerose caratteristiche, possono determinare malattie molto diverse tra loro.

Alcuni ceppi di HPV, come per esempio l’HPV 6 e l’HPV 11, hanno un potenziale tumorale molto basso o addirittura nullo e causano soprattutto verruche cutanee e condilomi genitali (escrescenze molto infettive, ma benigne e facilmente trattabili, a carico rispettivamente della pelle e delle mucose genitali), venendo pertanto considerati “a basso rischio”. 

Altri ceppi, in particolare l’HPV 16 e l’HPV 18, sono invece fortemente associati allo sviluppo di tumori del collo dell’utero nella donna (sono responsabili di circa il 70% dei casi totali) e della maggior parte degli altri tumori HPV-correlati in entrambi i sessi (a carico di ano, pene, vagina, cavo orale ecc.), venendo considerati ad “alto rischio”. In tutto, i ceppi di HPV ritenuti ad “alto rischio” sono almeno 14.

Nella maggioranza dei casi, dopo l’infezione, l’HPV viene completamente eliminato dall’organismo nell’arco di 1-2 anni, senza ulteriori problemi (anche in caso di ceppi ad “alto rischio”). Sia la probabilità di essere infettati dal virus sia quella di andare incontro a tumori HPV-correlati dipende dall’efficienza del sistema immunitario individuale e, in parte, dalla contemporanea presenza di altre malattie a trasmissione sessuale (in particolare, l’infezione da HIV).

Come si trasmette l’HPV?

L’infezione da HPV è molto diffusa in ogni parte del mondo: le stime indicano che fino a 8 persone su 10 entrano in contatto con questi virus almeno una volta nella vita e, non di rado, in più occasioni. 

In generale, per tutti i ceppi di HPV la trasmissione avviene per contatto diretto tra la pelle o le mucose sane e il virus presente nell’ambiente (in particolare, superfici, calzature, indumenti o biancheria contaminati) oppure nelle cellule di pelle o mucose di una persona già infettata. 

Gli HPV ad “alto rischio” responsabili del tumore del collo dell’utero e di altre neoplasie, come l’HPV 16 e l’HPV 18, si trasmettono soprattutto per via sessuale. Per questa ragione, il rischio di infezione da HPV 16 e HPV 18 inizia a essere presente dopo l’avvio dell’attività sessuale, risultando più elevato tra i 20 e i 50 anni e diminuendo in seguito. 

Dal momento che l’HPV può essere presente anche nelle mucose genitali esterne, usare il profilattico durante i rapporti sessuali riduce soltanto in parte la probabilità di contrarre l’infezione da un partner già contagiato

Il test per riconoscere l’HPV

Rilevare precocemente l’infezione da HPV è importante soprattutto nella donna, nell’ottica di prevenire lo sviluppo del tumore del collo dell’utero. Fino a una decina di anni fa, l’unico esame disponibile per farlo era il Pap test, il cui nome deriva da quello del medico che lo inventò intorno al 1940, Georgios Papanicolaou.

Il Pap test è un esame basato sul prelievo di frammenti di mucosa del collo dell’utero, successivamente sottoposti ad analisi microscopica, al fine di rilevare eventuali lesioni pre-cancerose causate dal virus dell’HPV e procedere alle cure del caso, per evitarne l’evoluzione verso forme tumorali conclamate.

Nel corso dei decenni, l’esecuzione periodica del Pap test ha permesso di prevenire milioni di casi di tumore del collo dell’utero ed è tuttora prevista dai programmi di screening. Per attuare una diagnosi ancora più precoce dell’infezione da HPV nella donna da alcuni anni è stato sviluppato un test molecolare, chiamato HPV test

L’HPV test è in grado di riconoscere la presenza di DNA del virus in modo molto efficiente anche in cellule ancora apparentemente sane, permettendo così di impostare un monitoraggio più puntuale e interventi terapeutici più tempestivi.

Quando si utilizza il test dell’HPV? 

L’HPV test è ormai considerato un caposaldo dello screening del tumore del collo dell’utero. 

Attualmente, in Italia, la sua esecuzione periodica, ogni 5 anni, è raccomandata a tutte le donne con età compresa tra 30 e 64 anni. In questa fascia d’età, l’HPV test è ritenuto maggiormente costo-efficiente del Pap test, che resta invece raccomandato in via preferenziale, ogni 3 anni, nelle donne d’età compresa tra 24 e 30 anni.

L’HPV test o il Pap test non sono indicati solo per coloro che hanno avuto rapporti “a rischio” o che presentano sintomi perché la notevole diffusione dell’HPV nella popolazione rende particolarmente facile incontrare il virus per tutte le donne e gli uomini sessualmente attivi. 

In aggiunta, l’infezione delle mucose genitali femminili da parte dei ceppi con potenziale tumorale più elevato è generalmente “silente” per molti anni, prima di dar luogo a lesioni pre-cancerose e, quindi, a tumori.

L’esecuzione periodica dell’HPV test e/o del Pap test è, dunque, l’unico reale mezzo di diagnosi precoce e deve rientrare tra i controlli medici di routine per tutte le donne adulte.

Papilloma virus nell’uomo 

Per decenni si è pensato che problemi di salute rilevanti derivassero esclusivamente dall’infezione da HPV nella donna, in considerazione dell’inequivocabile nesso di causalità tra presenza del virus nelle mucose genitali e tumore del collo dell’utero (quasi 100% dei casi). 

Negli ultimi anni, tuttavia, si sono accumulate evidenze sempre più convincenti dell’implicazione di diversi ceppi di HPV nell’insorgenza di tumori che possono riguardare anche l’uomo. Tra i principali tumori correlati all’HPV nell’uomo, ci sono quelli a carico di lingua, bocca, faringe, laringe ecc., ritenuti legati al sesso orale

Secondo i dati raccolti nel Registro nazionale tumori (AIRTUM), circa il 10% dei 4.600 tumori del cavo orale riscontrati annualmente nella popolazione italiana è associato all’HPV, così come il 2,4% di quelli della laringe e il 31% di quelli dell’orofaringe. Tutti questi tumori sono ulteriormente promossi dal fumo di sigaretta.

L’HPV 16 e l’HPV 18 sono risultati implicati anche nell’insorgenza del tumore da HPV del pene: un tumore raro che si sviluppa soprattutto intorno ai 60 anni e che può essere curato abbastanza facilmente negli stati precoci, ma che può richiedere interventi più radicali e impegnativi in fase avanzata. 

La prevenzione dell’infezione da HPV 

La prevenzione dei tumori HPV-correlati può essere effettuata grazie al vaccino contro l’HPV, in grado di offrire l’immunità nei confronti dei ceppi HPV 16 e HPV 18 e di altre varianti ad alto rischio. 

A partire dal 2017, in Italia, il vaccino anti-HPV è raccomandato e offerto gratuitamente a tutti gli adolescenti maschi e femmine, con schedula di somministrazione diversa in funzione dell’età e del tipo di vaccino.

In generale, per ottenere una protezione efficace dall’HPV sono previste 2 dosi di vaccino anti-HPV nel corso del 12° anno (dall’11° al 12° compleanno), a 6 mesi di distanza l’una dall’altra, oppure 3 dosi dopo il compimento del 14° o 15° anno (al tempo zero, dopo 1-2 mesi e dopo 6 mesi). La prima opzione è considerata preferibile, sia per le femmine sia per i maschi. 

Il vaccino contro l’HPV potrebbe essere offerto anche a ragazzi e ragazze più grandi (con un numero di dosi variabile in funzione dell’età), soprattutto se non ancora sessualmente attivi.

Oltre a proteggere i singoli da seri problemi di salute, la somministrazione del vaccino anti-HPV sistematica ed estesa a entrambi i sessi riduce notevolmente la circolazione del virus nella popolazione, tutelando indirettamente anche le poche persone che per qualche ragione (allergie, controindicazioni specifiche ecc.) non possono beneficiarne in prima persona.

Attualmente, in Italia sono disponibili tre tipi di vaccino anti-HPV: uno bivalente (contro HPV 16 e 18), uno quadrivalente (HPV 6, 11, 16 e 18) e uno nonavalente (HPV 6, 11, 16, 18, 31, 33, 45, 52, 58). Negli studi e nella pratica clinica, tutti i vaccini in uso si sono dimostrati efficaci, sicuri e associati a effetti collaterali trascurabili.

Papilloma virus e microbiota vaginale

Il microbiota vaginale gioca un ruolo cruciale nell’infezione da Human Papilloma Virus (HPV), influenzando sia l’acquisizione dell’infezione che la sua progressione verso lesioni di alto grado o il carcinoma cervicale. 

Una composizione del microbiota dominata da Lactobacillus spp., in particolare da specie produttrici di acido lattico come Lactobacillus crispatus, è associata a un ambiente vaginale protettivo caratterizzato da un basso pH e da proprietà antimicrobiche che ostacolano la persistenza dell’HPV. 

Al contrario, una disbiosi vaginale, spesso caratterizzata da una riduzione dei lattobacilli e un aumento di batteri anaerobi come Gardnerella vaginalis o Atopobium vaginae, è stata correlata a un’infiammazione locale cronica e a un microambiente che favorisce la persistenza e l’integrazione dell’HPV nelle cellule ospiti. 

Studi recenti suggeriscono inoltre che una disbiosi vaginale potrebbe modulare la risposta immunitaria locale, riducendo l’efficacia della clearance virale e aumentando il rischio di progressione delle lesioni precancerose. 

Pertanto, il mantenimento di un microbiota vaginale sano potrebbe rappresentare una strategia complementare nella prevenzione e gestione delle infezioni da HPV.