L’acne è una condizione cutanea benigna caratterizzata da infiammazioni nei follicoli piliferi e nelle ghiandole sebacee, comunemente conosciute come brufoli o foruncoli. La storia del nome “acne” risale all’antichità, con menzioni da parte del medico greco Aezio di Amida.

L’acne presenta tre principali caratteristiche: untuosità della pelle (seborrea), comedoni noti come “punti bianchi” o “punti neri” e foruncoli infiammati (papule) o contenenti pus (pustole).

A seconda della predominanza di un tipo di lesione rispetto ad un altro, l’acne si suddivide in tre principali categorie: 

  • acne comedonica, 
  • acne papulo-pustolosa 
  • acne cistica, la forma più grave. 

Spesso queste condizioni patologiche coesistono durante l’evoluzione della malattia. L’acne può essere classificata come lieve, moderata o grave a secondo del numero di lesioni (meno di 20, da 20 a 100 e più di 100), della presenza o meno di lesioni infiammate e di cisti.

Dove e quando insorge l’acne

L’acne è una patologia tipica delle aree maggiormente ricche di ghiandole sebacee, colpisce quindi principalmente il viso, ma può estendersi anche alla parte superiore del tronco.

È più comune nell’età dello sviluppo puberale (12-14 anni) ma può continuare fino a 21-23 anni. Colpisce maschi e femmine senza distinzione, tranne la forma “tardiva”, che insorge tra i 20 e 40 anni, quasi esclusivamente nelle femmine.

L’acne non è ereditaria, ma caratterizzata da una serie di fattori genetici, ormonali e ambientali. L’esposizione al sole tende a ridurre la produzione del sebo, mentre le lesioni peggiorano nella fase precedente il ciclo mestruale nelle donne.

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Infiammazione e acne

L’infiammazione nell’acne è spesso innescata da alterazioni nella cheratinizzazione. L’anomala cheratinizzazione porta all’ostruzione del dotto escretore ghiandolare. 

Questo, insieme ad una maggiore produzione di sebo, sostenuta soprattutto dagli ormoni androgeni porta alla formazione delle microcisti sebacee o comedoni. Il Cutibacterium acnes, un batterio cutaneo comune, prospera in queste condizioni a causa della carenza di ossigeno, innescando infine una risposta infiammatoria.

Acne e dieta

La relazione tra dieta e acne è ancora controversa, nonostante se ne parli e si studi da quasi un secolo. Negli anni ’30 del Novecento, e fino agli anni ’60, i pazienti ricevevano dai medici regolarmente consigli sulle loro abitudini alimentari, poiché si pensava che i fattori scatenanti della dieta giocassero un ruolo importante nell’acne.

A seguito di solo due studi degli anni ’70, le restrizioni dietetiche non sono state ritenute più necessarie e l’idea che la dieta influisce sull’acne venne relegata al mito.

Carboidrati raffinati e latticini

Nel 2007 tuttavia è apparsa una revisione sul Journal of the American Academy of Dermatology (JAAD) che ha studiato alcuni fattori dietetici nell’acne sulla base di prove emergenti, concludendo che i carboidrati raffinati e alcuni prodotti lattiero-caseari, in particolare il latte scremato, potevano essere associati all’acne.

Dopo tale revisione, sono stati condotti diversi studi, chiarendo ulteriormente quali fattori dietetici giocano il ruolo più importante quando si tratta di acne. Nel 2015 uno studio significativo dimostrò che l’acne è una delle patologie più fortemente associate alla resistenza insulinica ed alle sue conseguenze metaboliche e immunologiche.

Le principali evidenze indicano che i fattori dietetici responsabili dell’acne sono:

  • eccesso di carboidrati e cibi con alto indice glicemico (pane, patate) 
  • eccesso di latte e latticini;
  • acidi grassi saturi e trans;
  • sbilanciamento omega-6/omega-3

Vitamina A

È noto che la vitamina A regola l’immunità cutanea, ma i meccanismi esatti con cui questo avviene sono ancora non definitivi. Una proteina chiamata resistina α, nota per essere prodotta da alcuni tipi di cellule immunitarie, tessuto adiposo e cellule polmonari, e recentemente trovata anche nella pelle, è in grado di uccidere batteri tra cui Streptococcus pyogenes, Pseudomonas aeruginosa, Escherichia coli e Propionibacterium acnes.

L’attività antimicrobica della resistina α è dovuta alla capacità della proteina di creare fori nella membrana cellulare batterica.

Questa proteina viene espressa solo in presenza di vitamina A o di suoi derivati, come il retinolo.

Acidi grassi

L’acido palmitico, il principale acido grasso saturo presente nel latte, sembra essere coinvolto nell’insorgenza dell’acne, mentre l’acido omega-3 eicosapentaenoico (EPA), un importante acido grasso dell’olio di pesce, potrebbe svolgere un ruolo protettivo.

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Esiti cicatriziali

Le cicatrici acneiche sono una complicanza, per fortuna non molto frequente, delle lesioni infiammatorie caratteristiche dell’acne e possono variare in forma, estensione e profondità. 

La miglior strategia per prevenirle consiste nell’iniziare i trattamenti il prima possibile e nel non manipolare eccessivamente i brufoli. Se però compaiono, diverse tecniche, come peeling e laser, possono essere utilizzate per trattarle.

L’acne severa può significativamente influenzare la qualità di vita dei pazienti, specialmente tra i giovani. Il suo impatto psicologico e sociale può comportare isolamento e stress, peggiorando ulteriormente la condizione.

Trattamenti

Il trattamento dell’acne differisce a seconda del livello di gravità della patologia.

Nell’acne lieve si basa soprattutto su:

  • detersione con antisettici o cheratolitici contenenti acido salicilico;
  • agenti anti acne topici, come perossido di benzoile e/o tretinoina o gel adapalene;  
  • contraccettivo orale combinato a basso dosaggio;
  • terapia luce/laser.

Nell’acne moderata/grave, ai trattamenti utilizzati per l’acne lieve si aggiunge:

  • una tetraciclina come la doxiciclina 50-200 mg al giorno per 6 mesi circa;
  • eritromicina o trimetoprim se intolleranti alla doxiciclina;
  • la terapia antiandrogenica con ciproterone acetato a lungo termine + etinilestradiolo o spironolattone può essere presa in considerazione nelle donne che non rispondono al contraccettivo orale combinato a basso dosaggio, in particolare per le donne con ovaio policistico;
  • l’isotretinoina viene spesso utilizzata se l’acne è persistente o resistente al trattamento.

I trattamenti tradizionali influenzano o sono influenzati dal microbiota? Nell’acne, l’isotretinoina è solitamente raccomandata per la sua attività come battericida topico e la sua capacità di ridurre l’infiammazione grazie alle sue proprietà inibitorie nei confronti di monociti e neutrofili e alla sua capacità di rimodellare le ghiandole sebacee.

L’acido retinoico, metabolita della vitamina A, la cui conversione inizia nell’intestino, può controllare direttamente la capacità dei linfociti di rispondere all’antigene e migrare verso il tratto gastrointestinale.

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Il problema dell’antibiotico resistenza

La resistenza agli antibiotici è descritta come “una sfida per la salute pubblica globale” e una “grande sfida per la sicurezza sanitaria del 21° secolo” dalle autorità sanitarie globali e c’è una crescente necessità per i dermatologi di contrastarla nei loro trattamenti contro l’acne.

Nonostante l’ampia varietà di terapie, rimane ancora da chiarire quale sia l’approccio più efficace e sicuro.

I principi attivi antibiotici hanno mostrato potenza elevata (quindi attività a basse concentrazioni) nei confronti di un buon numero di batteri. Clindamicina, eritromicina e oxacillina hanno tuttavia dimostrato inefficacia contro MRSA (Staphylococcus aureus resistente a meticillina) e S. pneumoniae.

Di contro, i principi attivi non antibiotici hanno mostrato una potenza di circa 1.000 volte inferiore rispetto agli antibiotici studiati, pur mantenendo inalterata la loro attività nei confronti di tutti i ceppi, inclusi quelli antibiotico resistenti.

Nei casi più lievi, quindi, l’adozione di terapie non antibiotiche per il trattamento dell’acne potrebbe essere una valida alternativa per contrastare il diffondersi dell’antibiotico resistenza.

Microbiota intestinale e acne

L’ipotesi che l’acne fosse legata alla disbiosi intestinale ha quasi 90 anni. Citando una ricerca che mostrava come il 40% dei pazienti con acne aveva ipocloridria, due ricercatori statunitensi hanno ipotizzato che la carenza di acido dello stomaco avrebbe spianato la strada alla migrazione di batteri dal colon verso le porzioni distali dell’intestino tenue, alterando la normale microflora intestinale e aumentando la permeabilità intestinale, che a sua volta costituisce la base per l’infiammazione sistemica e cutanea.

Negli ultimi anni è stato confermato che l’ipocloridria è un fattore di rischio significativo per la SIBO, che infatti viene diagnosticata mediante breath test all’idrogeno in metà dei pazienti in trattamento a lungo termine con farmaci inibitori della pompa protonica.

Sebbene la frequenza di SIBO nell’acne vulgaris non sia ancora stata studiata, un lavoro recente indica che questo problema intestinale è 10 volte più diffusa nei soggetti con acne rosacea rispetto ai controlli sani e che la sua correzione porta i pazienti a un notevole miglioramento clinico.

Il primo tentativo di determinare se vi fossero differenze nella microflora batterica intestinale è stato un lavoro del 1955 che si è concentrato sulla presenza o l’assenza di batteri potenzialmente patogeni in 10 pazienti con acne rispetto ai controlli concludendo che non sembravano esserci grandi differenze in una piccola selezione di generi di batteri enterici studiati con la tecnica della cultura.

Maggiormente degno di nota il fatto che Bacteroides spp siano stati più comunemente isolati dai pazienti con acne così come nei pazienti sottoposti a stress psicologico. Purtroppo, questo studio pilota era limitato a un piccolo gruppo di generi batterici e non ha valutato batteri potenzialmente vantaggiosi come Lattobacilli e Bifidobatteri.

Pochi studi hanno esaminato la disbiosi del microbiota intestinale nei pazienti con acne osservando diminuzione della diversità, aumento del rapporto Bacteroidetes/Firmicutes (tipico dell’enterotipo legato alla dieta occidentale), a livello di phyla aumento dei Proteobatteri e diminuzione di Actinobacteria e a livello di generi riduzione di Lactobacillus e Bifidobacterium.

Altri studi hanno trovato risultati importanti, con una diminuzione di Lactobacillus, Bifidobacterium, Butyricicoccus, Coprobacillus e Allobaculum nei pazienti con acne rispetto ai controlli.

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Microbiota cutaneo e acne

Cambiamenti nella composizione del microbiota cutaneo del viso, del cuoio capelluto e della parte superiore della schiena durante l’adolescenza, insieme a una maggiore produzione di sebo, potrebbero causare una risposta infiammatoria che, a sua volta, provoca l’acne.

Durante la pubertà, un aumento dei livelli di ormoni androgeni incrementa la produzione di sebo, in particolare sul viso, sul cuoio capelluto e sulla parte superiore della schiena, portando a una modificazione nella composizione del microbiota cutaneo, che è caratterizzato da alti livelli di batteri Cutibacterium, tra cui Cutibacterium acnes e Corynebacterium, come Corynebacterium simulans.

Anche un breve “incontro” con un nuovo commensale sulla pelle può innescare un aumento di cellule immunitarie che producono molecole pro-infiammatorie. Inoltre, è nota la capacità di C. acnes di favorire eventi infiammatori in cellule coltivate in vitro che, in risposta a questo ceppo batterico, producono molecole infiammatorie.

Altre specie, come Staphylococcus epidermidis, sono state trovate in quantità più abbondanti in pazienti con acne e in pazienti con lesioni attive. Si è visto inoltre che, in campioni di cute sana, C. acnes e S. epidermidis co-esistono all’interno di una comunità batterica eterogenea mentre, in presenza di acne, la diversità ceppo-specifica e l’abbondanza relativa di S. epidermidis appaiono incrementate a spese di C. acnes, confermando un potenziale ruolo del primo nella patologia in questione.

Anche la Malassezia è stata associata all’acne dopo che sono stati osservati casi di follicolite associati alla sua presenza. Pertanto, alcune teorie suggeriscono che l’acne potrebbe essere dovuta più a un’interazione tra diversi microbi che alla semplice presenza di una singola specie.

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Cutibacterium acnes è davvero responsabile?

Non c’è dubbio che C. acnes abbia un ruolo nella patogenesi della malattia, che stimoli la produzione di citochine pro-infiammatorie da parte di cheratinociti e macrofagi, che i fallimenti della terapia antibiotica siano spesso correlati alla sua resistenza, che i pazienti con forme gravi abbiano alti titoli di anticorpi anti-C. acnes e che il suo biofilm si trovi più spesso nei pazienti che nei soggetti sani.

In realtà oggi sappiamo, però, che la quantità di C. acnes sulla pelle acneica e su quella sana è sostanzialmente simile e che rappresenta fino al 90% dei batteri dell’unità pilosebacea.

E sappiamo anche che C. acnes ha un ruolo fondamentale nel mantenimento della salute cutanea, soprattutto tramite la regolazione del pH e la produzione di antiossidanti, e che previene la colonizzazione da parte di altri microbi patogeni, occupandone la nicchia e producendo sostanze (acidi grassi e batteriocine) con attività antibatterica ed antifungina.

E adesso sappiamo anche che C. acnes è una vasta famiglia con numerosi sottogruppi chiamati filotipi e ribotipi che contengono alcuni ceppi patogeni e altri non patogeni.

La pelle acneica, infine, sembra caratterizzata da una minor diversità batterica rispetto alla pelle sana.

Curare l’acne modulando il microbiota

Partiamo dalla dieta. Trattare l’acne attraverso l’alimentazione prevede di agire su questi fronti:

  • ridurre il peso corporeo;
  • ridurre la circonferenza addominale (grasso viscerale);  
  • migliorare il rapporto omega-3/omega-6;
  • migliorare la digestione;
  • controllare il carico glicemico e insulinemico dei pasti;
  • ridurre latte e latticini.

Acidi grassi omega-3

L’olio di fegato di merluzzo, ricco di acidi grassi omega-3, potrebbe essere utile: alcuni studi hanno osservato un peggioramento dell’acne con maggiore assunzione di grassi saturi, mentre un maggiore apporto di pesce, una fonte di nutrienti arricchita in acidi grassi omega-3, ha mostrato un effetto anti acne.

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Modulazione ormonale

Uno studio italiano ha preso in esame 50 donne affette da acne, divise in 2 gruppi a uno dei quali è stato somministrato mio-inositolo, un prebiotico che appartiene alla classe degli inositoli, all’altro placebo. 

Dopo tre mesi di trattamento le donne che avevano assunto mio-inositolo mostravano un decisivo miglioramento dell’acne. In particolare, le lesioni papulo-pustolose risultavano significativamente ridotte, così come l’infiammazione. 

La valutazione sulla gravità delle lesioni dell’acne è stata eseguita sulla base della GEA (Global Evaluation of Acne). Inoltre, in queste pazienti, i livelli sierici di deidroepiandrosterone (DHEA), ormone steroideo che agisce sul recettore degli androgeni, risultavano ridotti.

Probiotici e acne

Sull’acne sono stati studiati, con risultati incoraggianti, diversi probiotici appartenenti alle specie Lactobacillus rhamnosus, Saccharomyces cerevisiae, Lactobacillus salivarius, Lactobacillus acidophilus, Lactobacillus reuteri, Lactobacillus delbrueckii bulgaricus, Bifidobacterium bifidum e Lactobacillus plantarum.