Negli ultimi anni, la ricerca sul microbiota intestinale ha rivoluzionato il nostro modo di intendere la salute umana, spostando l’attenzione da singoli microrganismi patogeni a comunità microbiche complesse, capaci di influenzare processi fisiologici centrali. In questo contesto, Akkermansia muciniphila si è imposta come uno dei protagonisti più interessanti tra i cosiddetti “probiotici di nuova generazione”, grazie alla sua particolare localizzazione nello strato mucoso intestinale e alla sua capacità di modulare funzioni metaboliche, immunitarie e infiammatorie in maniera molto promettente.

Chi ha scoperto Akkermansia muciniphila

Scoperta nel 2004 da Willem de Vos e colleghi, A. muciniphila è una specie Gram-negativa, anaerobia obbligata, appartenente al phylum Verrucomicrobia. Nonostante rappresenti una piccola percentuale del microbiota intestinale totale – in genere dal 3 al 5% nei soggetti sani – il suo ruolo si è rivelato fondamentale. 

Diversamente dalla maggior parte dei batteri intestinali, A. muciniphila si localizza nello strato di muco che riveste l’epitelio intestinale e ne utilizza la mucina come fonte primaria di energia e nutrimento. Lungi dall’essere un comportamento potenzialmente dannoso, questa attività si è dimostrata benefica: il batterio stimola la produzione di nuova mucina da parte delle cellule epiteliali, contribuendo così al mantenimento dell’integrità della barriera intestinale. In altre parole, è un consumatore “virtuoso” del muco, capace di rinnovarlo anziché impoverirlo.

L’interesse scientifico intorno ad A. muciniphila è esploso quando numerosi studi osservazionali hanno iniziato a rilevare una sua associazione inversa con condizioni metaboliche sfavorevoli, come l’obesità, la resistenza insulinica, il diabete di tipo 2 e la sindrome metabolica. 

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Obesità, diabete e sindrome metabolica

In soggetti con queste condizioni, i livelli di Akkermansia risultavano sistematicamente ridotti rispetto a quelli di individui metabolicamente sani. Questo dato epidemiologico è stato ulteriormente corroborato da ricerche su modelli animali: topi alimentati con diete ad alto contenuto di grassi, e quindi predisposti all’obesità, mostravano un miglioramento significativo dei parametri metabolici quando venivano supplementati con A. muciniphila. 

In particolare, i topi trattati mostravano una riduzione dell’aumento ponderale, una migliore tolleranza al glucosio, una maggiore sensibilità insulinica e una riduzione dei livelli ematici di trigliceridi e colesterolo. Tutto ciò ha posto le basi per l’ipotesi che Akkermansia potesse essere utilizzata come probiotico preventivo o terapeutico in ambito metabolico.

Un punto di svolta nella traduzione di queste osservazioni precliniche all’uomo si è avuto nel 2019, quando lo stesso gruppo di ricerca che ne aveva identificato per primo il potenziale ha pubblicato su Nature Medicine uno studio clinico randomizzato controllato su 32 soggetti sovrappeso e con insulino-resistenza. 

I partecipanti sono stati suddivisi in tre gruppi: uno ha ricevuto A. muciniphila viva, un altro A. muciniphila pastorizzata, e il terzo un placebo. I risultati sono stati sorprendenti sotto diversi aspetti. Innanzitutto, entrambi i gruppi trattati hanno mostrato una buona tollerabilità del batterio, con assenza di effetti collaterali. Ma ciò che ha destato più interesse è stato che la forma pastorizzata – quindi non vitale – ha dato risultati superiori alla forma viva. I soggetti che l’assumevano hanno infatti mostrato miglioramenti nella sensibilità insulinica (valutata con l’indice HOMA-IR), riduzioni nei livelli di insulina a digiuno e una tendenza alla diminuzione del colesterolo totale. Inoltre, è stato osservato un lieve ma significativo calo dell’endotossinemia, un marcatore importante dell’infiammazione sistemica associata alla permeabilità intestinale. 

Questo ha portato a ipotizzare che alcuni effetti di A. muciniphila potessero essere mediati non tanto dalla sua attività metabolica come cellula viva, ma dalla presenza di componenti strutturali ancora attivi dopo pastorizzazione, come la proteina di superficie Amuc_1100. Questa molecola è in grado di interagire con i recettori TLR2 dell’ospite, innescando segnali che rafforzano le giunzioni epiteliali e modulano la risposta infiammatoria.

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Barriera intestinale e cura dei tumori

Oltre ai benefici sul metabolismo, A. muciniphila svolge un ruolo cruciale nel mantenimento della barriera intestinale. In condizioni di disbiosi e infiammazione cronica – come avviene in molte malattie croniche – la barriera intestinale può diventare permeabile, favorendo il passaggio di endotossine batteriche nel circolo ematico e alimentando così uno stato infiammatorio sistemico. 

Akkermansia, rinforzando le giunzioni strette tra le cellule epiteliali e promuovendo la produzione di mucina, aiuta a ripristinare l’integrità della barriera, con conseguente riduzione della permeabilità e dell’infiammazione. Questo effetto barriera risulta di particolare rilevanza in condizioni quali la sindrome metabolica, la steatosi epatica non alcolica (NAFLD) e persino nella risposta a terapie oncologiche.

Un aspetto particolarmente interessante emerso negli ultimi anni è infatti la correlazione tra la presenza di A. muciniphila e l’efficacia dell’immunoterapia nei pazienti oncologici. Studi condotti su pazienti trattati con inibitori dei checkpoint immunitari (come gli anti-PD-1) hanno rilevato che una maggiore abbondanza di Akkermansia nel microbiota intestinale era associata a una migliore risposta clinica. In modelli murini, la somministrazione di A. muciniphila a topi privi di microbiota ha ripristinato la sensibilità alla terapia antitumorale. Sebbene questi dati siano ancora preliminari e necessitino di ulteriori conferme, essi aprono scenari innovativi sull’uso della modulazione del microbiota come strategia coadiuvante nella lotta contro il cancro.

Va detto che la presenza di A. muciniphila è stata studiata anche in altre condizioni infiammatorie e autoimmuni. In soggetti affetti da colite ulcerosa attiva o da malattie neurodegenerative come la sclerosi multipla, i livelli di Akkermansia risultano spesso ridotti. Tuttavia, in alcuni casi l’interpretazione non è univoca: ad esempio, l’eccessiva attività mucolitica in un contesto infiammatorio potrebbe teoricamente aggravare il danno mucoso. Per questo motivo, l’uso terapeutico di A. muciniphila in patologie infiammatorie croniche intestinali (IBD) è ancora oggetto di studio e va approcciato con cautela.

Sul fronte della sicurezza, i dati sono estremamente rassicuranti. Nessuno degli studi condotti finora ha riportato effetti avversi significativi in seguito all’assunzione di Akkermansia in soggetti umani. La forma pastorizzata, in particolare, offre il vantaggio aggiuntivo della stabilità e della non vitalità, pur mantenendo attività biologica. In attesa di un riconoscimento formale da parte di EFSA e FDA, l’uso di A. muciniphila si colloca in una zona grigia tra la ricerca e la pratica clinica avanzata, con prospettive molto promettenti.

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Akkermansia in ambito veterinario

Anche in ambito veterinario, Akkermansia ha iniziato ad attirare attenzione, sebbene al momento il suo utilizzo sia ancora limitato a contesti sperimentali. In modelli animali e in alcune osservazioni preliminari su cani con obesità, si sono osservati effetti simili a quelli riscontrati nell’uomo: miglioramento dei parametri metabolici, rafforzamento della barriera intestinale, riduzione dell’infiammazione. 

Non esistono tuttavia, ad oggi, integratori veterinari ufficiali contenenti Akkermansia, né approvazioni normative per il suo impiego in zootecnia o in animali da compagnia. Tuttavia, se la tendenza alla personalizzazione nutrizionale dei pet continuerà a crescere, è verosimile immaginare futuri sviluppi anche in questo campo.

Conclusioni

In conclusione, Akkermansia muciniphila si presenta come un microrganismo dalle caratteristiche eccezionali. La sua posizione strategica nello strato mucoso intestinale, la capacità di rafforzare la barriera epiteliale, i suoi effetti sul metabolismo e sull’infiammazione, e la sorprendente efficacia della forma pastorizzata, la rendono una candidata ideale per lo sviluppo di interventi probiotici di nuova generazione. 

Se le evidenze attuali verranno confermate da studi più ampi, è plausibile che Akkermansia trovi una collocazione stabile nella prevenzione e gestione di molte condizioni croniche, in primis quelle metaboliche. Nel frattempo, resta uno dei simboli più evidenti di quanto la ricerca sul microbiota stia cambiando profondamente la medicina del presente e del futuro.

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