E se il segreto per invecchiare in salute fosse nascosto nel nostro intestino? Secondo una recente revisione pubblicata su Frontiers in Microbiology, il microbiota intestinale svolgerebbe un ruolo chiave nel modulare i meccanismi biologici dell’invecchiamento, in particolare quelli legati alla stabilità del DNA e all’accorciamento dei telomeri. 

La ricerca apre nuovi scenari nel campo della longevità e delle malattie legate all’età.

L’invecchiamento è un processo complesso, caratterizzato da una progressiva perdita di funzionalità cellulare e fisiologica. La comunità scientifica lo descrive attraverso dodici “tratti distintivi”, tra cui spiccano due pilastri fondamentali: l’instabilità genomica (ovvero l’accumulo di danni al DNA) e l’attrito telomerico (cioè il progressivo accorciamento delle estremità dei cromosomi che protegge l’integrità genetica). 

A questi si aggiungono alterazioni epigenetiche, disfunzioni mitocondriali, infiammazione cronica e stress ossidativo — tutti meccanismi interconnessi tra loro.

Il microbiota: un alleato per gli over 60

Il microbiota intestinale è una comunità dinamica di microrganismi che evolve nel corso della vita. Quando questo equilibrio viene disturbato — una condizione nota come disbiosi — possono insorgere una serie di reazioni a catena dannose: aumento dell’infiammazione sistemica, stress ossidativo e disfunzioni metaboliche. 

Tutti fattori che accelerano l’invecchiamento, peggiorano la stabilità genomica e favoriscono l’accorciamento dei telomeri.

Alcuni batteri patogeni, come Helicobacter pylori o Fusobacterium nucleatum, producono genotossine e specie reattive dell’ossigeno (ROS) che danneggiano direttamente il DNA e riducono l’efficienza dei meccanismi di riparazione. 

Al contrario, i batteri “buoni” che producono acidi grassi a catena corta (SCFA) aiutano a combattere lo stress ossidativo e l’infiammazione, proteggendo i telomeri.

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Microbiota e stabilità del genoma

Uno degli effetti più evidenti della disbiosi è l’alterazione del metabolismo degli acidi biliari, che può generare composti tossici come l’acido deossicolico, capace di causare rotture del DNA. Alcuni ceppi intestinali normalmente commensali — come Escherichia coli o Bacteroides fragilis — possono diventare dannosi e rilasciare tossine genotossiche (ad esempio, il colibactin).

Nei modelli murini, interventi come il trasferimento fecale di microbiota (FMT) o trattamenti antibiotici mirati hanno dimostrato di ridurre l’infiammazione e migliorare la stabilità del genoma, evidenziando il potenziale terapeutico di strategie mirate al microbiota.

Telomeri e microbiota: un legame sorprendente

I telomeri — le “coperture protettive” dei cromosomi — si accorciano naturalmente con l’età e ogni ciclo cellulare. Ma la disbiosi può accelerare questo processo. Come? Attraverso l’aumento dello stress ossidativo e la riduzione dell’attività della telomerasi, l’enzima che conserva la lunghezza dei telomeri.

Uno stato di disbiosi con bassi livelli di SCFA è stato associato a una minore attività telomerasica. Al contrario, persone con una dieta ricca di fibre e cibi fermentati mostrano una maggiore diversità del microbiota e telomeri più lunghi. Studi clinici hanno rilevato che centenari sani presentano profili microbici ricchi di Akkermansia e Bifidobacterium, microrganismi associati ad azione antinfiammatoria e conservazione telomerica.

I centenari come modello di microbiota longevo

Gli individui che superano i cento anni sembrano condividere un tratto comune: un microbiota intestinale altamente diversificato e stabile. I centenari di Okinawa (Giappone) e della Sardegna, ad esempio, ospitano batteri come Faecalibacterium prausnitzii e Akkermansia muciniphila, noti per il loro ruolo nella protezione della barriera intestinale e nella riduzione dell’infiammazione sistemica.

Queste caratteristiche microbiche sembrano contribuire a un invecchiamento più lento, a un miglior stato metabolico e a una minore perdita di funzionalità cellulare, inclusa la preservazione dei telomeri.

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Il futuro: trattare l’invecchiamento attraverso il microbiota

Modulare il microbiota per rallentare l’invecchiamento non è più fantascienza. Studi clinici stanno esplorando il potenziale di farmaci antinfiammatori (come il canakinumab), della metformina e del FMT per migliorare la stabilità del genoma e la salute dei telomeri.

Le prospettive future includono approcci personalizzati che combinano genetica, microbiomica e alimentazione. Interventi mirati — come diete ad alto contenuto di fibre, probiotici specifici o composti postbiotici — potrebbero rappresentare una nuova frontiera della medicina anti-aging.

Il microbiota si conferma un regolatore centrale dell’invecchiamento: influenza il DNA, protegge o accorcia i telomeri e determina il ritmo con cui il nostro corpo perde vitalità. Coltivare un microbiota sano — attraverso scelte alimentari, stili di vita equilibrati e, in futuro, terapie mirate — potrebbe essere la chiave per vivere più a lungo… e meglio.