Le infezioni fungine invasive sono tra le patologie più temute in ambito clinico, ma troppo spesso ricevono meno attenzione rispetto a batteri e virus. Eppure, i numeri raccontano una realtà allarmante: oltre 150 milioni di persone nel mondo convivono con una malattia fungina grave e almeno 1,6 milioni ne muoiono ogni anno, un bilancio di gran lunga superiore a quello della malaria. Anche in Italia il problema è tutt’altro che marginale: si stimano circa 29 milioni di infezioni fungine l’anno, delle quali il 6,6% evolve in forme invasive. In altre parole, ogni giorno migliaia di pazienti si trovano a dover affrontare una minaccia invisibile, spesso difficile da diagnosticare e trattare. Se ne è parlato nei giorni scorsi durante una conferenza stampa a Milano promossa da Mundipharma.

Che cosa sono le infezioni fungine invasive

Quando si parla di funghi patogeni, non si deve pensare ai funghi comuni che troviamo nel bosco o sulle nostre tavole. I microrganismi coinvolti sono nella maggior parte dei casi lieviti o muffe microscopiche, capaci di adattarsi ai nostri tessuti, aggirare le difese immunitarie e moltiplicarsi fino a colonizzare organi vitali. 

Le infezioni superficiali, come micosi cutanee o vaginali, sono fastidiose ma raramente pericolose. Diverso è il discorso quando i funghi raggiungono il flusso sanguigno o i tessuti profondi: in questi casi si parla di candidemia o candidosi invasiva, forme sistemiche che possono interessare cuore, fegato, reni o cervello, con un rischio di mortalità che supera spesso il 40%.

A essere più colpiti sono i pazienti fragili: anziani, persone immunocompromesse, pazienti oncologici, trapiantati, persone affette da diabete o patologie respiratorie croniche. L’uso di terapie immunosoppressive e di farmaci biologici, sempre più diffusi in molti ambiti clinici, aumenta ulteriormente la suscettibilità alle infezioni opportunistiche come quelle da lieviti del genere Candida. Anche il ricovero prolungato in ospedale, l’uso di cateteri o dispositivi invasivi e la terapia antibiotica prolungata favoriscono l’insorgenza di queste infezioni.

Scopri i biotici studiati sul sistema immunitario

La Candida: ospite silenziosa e potenziale invasore

Tra tutte le infezioni fungine invasive, oltre il 90% è causato da cinque specie di Candida: albicans, glabrata, tropicalis, parapsilosis e krusei. In condizioni normali, la Candida convive pacificamente con noi: fa parte del nostro microbiota e colonizza fisiologicamente mucose e pelle. La presenza di Candida nelle feci o nel cavo orale, ad esempio, non è patologica di per sé. Diventa un problema quando l’equilibrio con gli altri microrganismi si rompe oppure quando il sistema immunitario si indebolisce.

Le vie attraverso cui la Candida può diventare patogena sono due. Nel caso delle infezioni endogene, il fungo proviene dal nostro stesso organismo: se la barriera intestinale o mucosa si danneggia, le cellule fungine possono attraversare i tessuti ed entrare nel sangue. 

Nel caso delle infezioni esogene, invece, la trasmissione avviene dall’esterno, ad esempio tramite strumenti medici contaminati o le mani del personale sanitario. In entrambi i casi, una volta nel circolo ematico, la Candida può raggiungere qualsiasi organo e causare infezioni molto gravi.

Il microbiota intestinale come serbatoio di Candida

Parlare di microbiota significa parlare dell’ecosistema di batteri, funghi e virus che popolano il nostro organismo, soprattutto nell’intestino. In questo ambiente complesso, Candida può vivere in equilibrio con i batteri benefici senza causare danni. Ma questo equilibrio è fragile: antibiotici, diete scorrette, disbiosi o infiammazioni croniche possono rompere la competizione ecologica che impedisce a Candida di proliferare.

L’intestino rappresenta il principale reservoir di Candida per le infezioni invasive. Tra il 50% e il 70% delle persone sane ospita Candida sulle mucose intestinali. Se il sistema immunitario è compromesso o se la barriera intestinale viene alterata, il fungo può attraversare l’epitelio enterico e raggiungere la circolazione sanguigna. È lo scenario tipico dei pazienti sottoposti a chirurgia addominale, trattamenti antibiotici intensivi o terapie immunosoppressive.

Gli studi più recenti mostrano che prevenire la disbiosi intestinale è una strategia fondamentale per evitare la traslocazione fungina. In futuro, non è escluso che l’uso mirato di probiotici, prebiotici o postbiotici possa diventare parte integrante della prevenzione delle candidosi invasive. Un approccio One Health, che tenga conto non solo dell’agente patogeno ma dell’intero ecosistema ospite, sarà indispensabile per contenere la diffusione di queste infezioni.

La sfida della resistenza antimicotica

Così come i batteri possono diventare resistenti agli antibiotici, anche i funghi stanno sviluppando resistenze ai principali farmaci antimicotici. Il fenomeno è in rapido aumento e rappresenta una delle principali minacce riconosciute dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. In alcune aree del mondo, fino al 40% delle Candida isolate da casi di candidemia è resistente ai farmaci di prima linea. 

La situazione è ancora più critica nel caso di Candida auris, una specie emersa solo nel 2009 ma capace di diffondersi rapidamente negli ospedali di tutto il mondo. Alcuni ceppi di C. auris mostrano resistenza multipla, con tassi del 90% per il fluconazolo e percentuali significative anche per amfotericina B ed echinocandine.

La resistenza antifungina non è un problema solo clinico, ma anche economico. Ogni episodio di candidemia prolunga la degenza ospedaliera di almeno cinque giorni e comporta costi aggiuntivi che possono superare i 30.000 dollari per paziente. Prevenire queste infezioni significa non solo salvare vite, ma anche alleggerire il peso sui sistemi sanitari.

Scopri i biotici studiati sul sistema immunitario

Una nuova speranza contro le candidosi invasive

In questo contesto difficile, l’arrivo di nuove opzioni terapeutiche rappresenta una svolta significativa. Mundipharma ha annunciato la disponibilità in Italia di una echinocandina di nuova generazione indicata per il trattamento della candidemia e della candidosi invasiva negli adulti. Rispetto alle terapie esistenti, il nuovo farmaco offre una maggiore potenza e una durata d’azione più lunga, permettendo una somministrazione meno frequente e migliorando l’aderenza al trattamento.

Gli esperti sottolineano che questo farmaco rappresenta una risposta concreta a un bisogno clinico non ancora pienamente soddisfatto, soprattutto nei casi causati da ceppi resistenti. Non è la soluzione definitiva, ma un tassello importante in una strategia che deve includere diagnosi più rapide, sorveglianza epidemiologica e un uso più prudente degli antimicotici per evitare il diffondersi di nuove resistenze.

Le infezioni fungine non possono più essere considerate un problema marginale. Serve maggiore informazione, sia tra i professionisti sanitari che nella popolazione generale. Se la pandemia ci ha insegnato qualcosa, è che i microrganismi invisibili possono cambiare la storia dell’umanità. Ignorare la minaccia fungina sarebbe un errore imperdonabile.

Affrontarla significa investire nella ricerca di nuovi farmaci, migliorare la prevenzione e soprattutto adottare una visione sistemica che tenga conto dell’interazione tra microbiota, ambiente e salute umana. Nel silenzio dei nostri tessuti, funghi come Candida aspettano solo che le condizioni siano favorevoli per trasformarsi da alleati a nemici. Sta a noi decidere se farli prosperare o contenerli.

Scopri i biotici studiati sul sistema immunitario