Anche quando non particolarmente grave, andare incontro a un’intossicazione alimentare è sempre un’esperienza poco gradevole, che tutti preferirebbero evitare.
I rischi maggiori si corrono in estate e, più in generale, quando si soggiorna in luoghi caldi e/o caratterizzati da standard igienico-sanitari non ottimali, ma la probabilità di essere interessati da tale patologia non è mai nulla, neppure se si preparano i cibi a casa propria e con le proprie mani.
Basta consumare un alimento conservato male o verdura contaminata non accuratamente lavata. Oppure cedere alla tentazione di cibi a rischio (come pesce, molluschi o carne crudi, funghi non certificati, conserve o vegetali sott’olio artigianali confezionati in modo scorretto) per trovarsi nei guai.
Cause dell’intossicazione alimentare
Si parla di intossicazione alimentare (o “tossinfezione alimentare”) quando un microrganismo, come un batterio o un virus, oppure particolari sostanze da loro prodotte entrano nell’organismo attraverso i cibi e risultano nocivi per la salute.
I danni più diretti e immediati interessano principalmente l’apparato gastrointestinale (in particolare, intestino e fegato) e possono essere provocati dalla semplice presenza del microrganismo patogeno oppure dall’azione specifica delle tossine che esso produce e libera nel canale alimentare e che, in alcuni casi, possono essere assorbite dall’intestino e passare nel sangue.
Più raramente, l’intossicazione alimentare può essere anche di origine chimica, generalmente dovuta a contaminazioni di prodotti alimentari industriali oppure al consumo di erbe, frutti o carne contaminati da composti tossici per l’uomo utilizzati in agricoltura (antiparassitari, diserbanti, fertilizzanti ecc.) o presenti nelle acque reflue di allevamenti o impianti produttivi non adeguatamente trattate.
Un’intossicazione alimentare non è infatti sempre provocata dall’alimento in sé: se i batteri, i virus patogeni o le sostanze tossiche sono presenti nell’ambiente, spesso è l’acqua la principale fonte d’infezione sia quando viene bevuta direttamente, sia quando è utilizzata per lavare frutta o verdura che vengono poi consumate crude, per risciacquare le mani o i contenitori utilizzati per cucinare o riporre gli alimenti oppure quando viene aggiunta come ingrediente di preparazioni umide che non vengono cotte per un tempo sufficiente e a una temperatura abbastanza elevata (variabili a seconda del microrganismo o della tossina da neutralizzare).
Dopo quanto tempo insorgono i sintomi di una intossicazione alimentare
Per capire se si ha un’intossicazione alimentare, occorre sapere che i sintomi più comuni sono molto simili a quelli di una gastroenterite e comprendono nausea, vomito, crampi addominali e disturbi intestinali.
Nella maggioranza dei casi, i sintomi insorgono dopo 6-72 ore dall’ingestione del cibo contaminato, ma alcuni microrganismi possono impiegare più tempo (da 3 a 28 giorni) per dar luogo alle manifestazioni caratteristiche dell’intossicazione alimentare.
Nell’intossicazione alimentare, la diarrea è pressoché sempre presente, anche se può variare per durata, intensità e numero di scariche giornaliere ed essere più o meno acquosa o contenere tracce di sangue, in relazione al microrganismo che l’ha provocata e all’età e alle caratteristiche della persona colpita.
In caso di intossicazione alimentare, la febbre può insorgere dopo alcune ore ed essere anche elevata (superiore a 38,0°C). Quando ciò si verifica, soprattutto in bambini, donne in gravidanza, anziani e soggetti fragili, è sempre necessario consultare il medico per ottenere indicazioni di trattamento appropriate.
Una raccomandazione analoga vale se l’intossicazione alimentare dà vomito ripetuto, specie se con tracce di sangue o scure e associato a nausea intensa e persistente e forti crampi addominali, perché ciò può essere il segno di una compromissione severa, che necessita di interventi medici specifici.
Altri segnali d’allarme che dovrebbero indurre a contattare il medico sono la comparsa di segni di intensa disidratazione (come sete eccessiva, bocca secca, diuresi molto scarsa o assente, intensa, stanchezza, vertigini, confusione mentale) e la presenza di disturbi neurologici (visione offuscata, debolezza muscolare, formicolii alle braccia ecc.).
In alcuni casi di intossicazione alimentare, si sviluppa anche eruzione cutanea più o meno intensa e diffusa. Ciò si verifica quando il microrganismo o la sostanza tossica all’origine dei disturbi gastroenterici inducono anche una reazione allergica o da ipersensibilità.
Quanto dura un’intossicazione alimentare?
L’intossicazione alimentare ha una durata diversa a seconda del microrganismo responsabile e della persona interessata.
Nei casi più lievi, i fastidi gastrointestinali possono risolversi nell’arco di 24-48 ore, ma spesso sono necessari alcuni giorni (o anche una settimana) prima che tutti i sintomi spariscano e si ristabilisca il transito intestinale abituale.
Batteri e virus che la causano
Le possibili cause di intossicazione alimentare sono moltissime, ma le più frequenti nei Paesi occidentali sono legate soprattutto ad alcuni batteri, virus e protozoi. Tra i principali vanno ricordati:
- Salmonelle: batteri che possono diffondersi nell’ambiente attraverso la contaminazione da feci; i ceppi responsabili di gastroenteriti rendono conto di circa il 50% di tutte le intossicazioni alimentari; i sintomi possono comparire da 6 a 72 ore dopo l’ingestione del cibo contaminato
- Listeria monocytogenes: batterio diffuso ovunque nell’ambiente che può causare la listeriosi, una malattia rara ma con conseguenze potenzialmente gravi, soprattutto in neonati, anziani, donne in gravidanza e persone immunocompromesse; i sintomi compaiono generalmente dopo 12-48 ore dall’infezione
- Escherichia coli: ampio gruppo di batteri che possono diffondersi nell’ambiente attraverso la contaminazione da feci; i sintomi compaiono da 1 a 8 giorni dopo l’ingestione di acqua o cibo contaminati e sono più o meno intensi e severi a seconda del ceppo responsabile
- Campylobacter: batterio diffuso quasi ovunque in natura, tra i principali responsabili di gastroenteriti diarroiche; l’intossicazione alimentare che determina può essere rischiosa negli anziani, nelle persone fragili/immunodepresse e, in gravidanza, può portare a ritardo nello sviluppo del feto e parto pretermine; il periodo di incubazione medio della malattia è di 2-5 giorni
- Giardia lamblia: parassita che vive nell’acqua e può infettare sia l’uomo sia gli animali; i sintomi compaiono circa 2 settimane dopo l’ingestione di alimenti contaminati; nel 30-50% dei casi l’infezione diventa cronica
- Shigella: batterio che infetta soltanto l’uomo e causa gastroenteriti molto contagiose soprattutto nei bambini con meno di 10 anni (si diffonde spesso negli asili e in altri contesti comunitari); i sintomi compaiono nell’arco di 1-2 giorni dall’ingestione di cibo e acque contaminate o dal contatto diretto con una persona infetta
- Staphilococcus aureus: batterio in grado di causare gastroenteriti e altri tipi di infezione (in particolare, cutanee e respiratorie); può essere trasmesso attraverso i cibi, il contatto diretto, la tosse e gli starnuti; i sintomi l’intossicazione alimentare compaiono rapidamente, da 2 a 8 ore dall’ingestione di cibo contaminato
- Clostridium botulinum: la grave intossicazione alimentare caratteristica, il botulismo, è determinata dall’ingestione di cibi contaminati dalle tossine prodotte dal batterio (principalmente, alimenti vegetali conservati sottolio o sottovuoto); non causa gastroenterite, ma paralisi neuromuscolare, potenzialmente letale; i sintomi compaiono mediamente da 24 a 72 ore dopo il consumo dell’alimento contaminato; se si sospetta il botulismo ci si deve rivolgere subito a un Pronto soccorso
- Virus dell’epatite A (HAV, Hepatitis A Virus): causa una malattia del fegato generalmente non grave, che può anche passare inosservata, soprattutto nel corso di epidemie e nei bambini; le forme sintomatiche si possono manifestare da 15 a 50 giorni dall’ingestione di acqua o alimenti contaminati
- Norovirus: virus altamente infettivi, tra i principali responsabili delle gastroenteriti infettive non batteriche; si diffondono soprattutto in ospedali, case di riposo, scuole, carceri e navi da crociera; i sintomi compaiono mediamente da 12 a 48 ore dopo l’esposizione
- Rotavirus: virus molto diffusi in tutto il mondo, tra i principali responsabili delle gastroenteriti infettive non batteriche, con picchi stagionali (in Europa, tra novembre e marzo); sono la causa più comune di gastroenteriti virali tra i neonati e i bambini con meno di 5 anni, anche gravi nei più piccoli; possono essere trasmessi attraverso l’acqua o i cibi oppure per contatto con superfici contaminate (anche giocattoli); i sintomi compaiono dopo 1-3 giorni.
Cosa mangiare e cosa fare in caso di intossicazione alimentare
Una volta stabilito che è presente un’intossicazione alimentare, cosa fare per limitare al minimo i fastidi e favorire un recupero il più possibile rapido e completo?
Innanzitutto, si deve valutare l’entità dei sintomi e stabilire se è il caso di rivolgersi al medico di famiglia o direttamente al Pronto soccorso oppure se la situazione è gestibile in autonomia senza rischi.
L’intossicazione alimentare che occasionalmente può interessare adolescenti e persone adulte sane rientra, in genere, in quest’ultima categoria e i relativi sintomi gastroenterici tendono a risolversi da soli nell’arco di pochi giorni. Se possibile, è preferibile evitare di assumere farmaci antidiarroici, che possono aiutare a ridurre il numero di scariche giornaliere, ma tendono a far perdurare i sintomi dell’intossicazione alimentare più a lungo (nel dubbio, chiedere l’opinione del medico).
Alcune categorie di persone sono maggiormente a rischio di complicanze in caso di intossicazione alimentare: i bambini (soprattutto, i più piccoli), le donne in gravidanza, gli anziani e chi presenta difese immunitarie ridotte a causa di malattie specifiche (infezione da HIV, tumori del sangue, deficit immunitari di varia natura ecc.) o dell’assunzione di terapie che riducono le capacità di reazione dell’organismo agli attacchi dei microrganismi patogeni (farmaci immunosoppressivi, chemioterapia ecc.). In tutti questi casi, è sempre bene interpellare il medico fin dall’esordio dei sintomi.
Durante tutto il periodo in cui sono presenti sintomi di intossicazione alimentare è bene che la persona interessata resti a riposo, evitando di uscire e frequentare bar, ristoranti e bagni pubblici (sia per non esporsi al rischio di complicanze sia per non diffondere l’infezione), e che prenda precauzioni per non contaminare i familiari. In particolare, dovrebbe:
- evitare di cucinare e di toccare alimenti/stoviglie che saranno consumati/usati da altri;
- tenere separati spazzolini da denti, asciugamani e biancheria (da lavare ad alta temperatura, con detersivi disinfettanti);
- disinfettare i sanitari dopo l’uso;
- lavarsi le mani spesso con acqua e sapone;
- evitare contatti troppo ravvicinati con altre persone (in particolare, bocca a bocca).
Cosa mangiare durante un’intossicazione alimentare
Durante il decorso di un’intossicazione alimentare cosa mangiare? Nelle prime ore dall’insorgenza di nausea, vomito e diarrea, è preferibile limitarsi a bere (acqua, camomilla, brodo leggero ecc.), senza assumere alcun alimento per non sollecitare l’apparato gastroenterico, con il rischio di far peggiorare le manifestazioni.
Quando il malessere acuto inizia ad attenuarsi, si può ricominciare ad alimentarsi con cibi leggeri e facilmente digeribili (riso in bianco, gallette e crackers senza grassi, pastina, patate bollite, banana, pera ecc.).
A seguire, per alcuni giorni è consigliabile evitare i cibi che facilitano il transito intestinale (latticini, cibi grassi, alimenti troppo conditi o difficili da digerire, legumi, kiwi e altra frutta lassativa, caffeina, alcolici ecc.) ed eventualmente assumere prodotti contenenti probiotici per favorire il ripristino dell’equilibrio della microflora intestinale. In caso di dubbi su quali scegliere, si può chiedere consiglio al medico o al pediatra, soprattutto se sussistono problemi di salute che rendono la situazione più delicata.
Intossicazione alimentare in gravidanza
Un momento della vita nel quale può essere particolarmente pericolosa un’intossicazione alimentare è la gravidanza, dal momento che il microrganismo patogeno o la tossina assunta con l’acqua o i cibi può causare danni non soltanto alla salute della donna, ma anche al feto che si sta sviluppando.
Oltre a quelle già citate, un’intossicazione alimentare in gravidanza che va assolutamente evitata è la toxoplasmosi, causata da Toxoplasma gondii, che può infettare sia gli animali sia l’uomo.
Se contratta durante la gravidanza, la toxoplasmosi può causare aborto, malformazioni o gravi lesioni cerebrali del feto. Oltre ad alcune precauzioni alimentari (in particolare, evitare di mangiare e manipolare carni crude, poco cotte o affumicate), per non essere interessate da toxoplasmosi le donne in gravidanza devono evitare il contatto con gatti (o altri animali) estranei o liberi di frequentare orti e giardini e con le loro deiezioni.
I cibi che vanno assolutamente evitati per non incorrere un’intossicazione alimentare in gravidanza sono soprattutto:
- verdure crude, mal lavate o che non si è sicuri siano state lavate accuratamente;
- carni crude o poco cotte (di qualunque tipo, ma soprattutto pollame, maiale e selvaggina);
- salumi freschi non stagionati, specie se di produzione artigianale;
- pesce crudo, poco cotto o affumicato;
- frutti di mare crudi o poco cotti;
- uova crude o poco cotte (occhio di bue, à la coque) e piatti che le contengono (maionese fatta in casa, tiramisù ecc.);
- latte crudo o non pastorizzato, salvo bollitura preliminare al consumo;
- formaggi freschi o poco stagionati prodotti con latte crudo (es. brie, camembert) o erborinati (es. gorgonzola).
Bambini e neonati
L’intossicazione alimentare nel neonato è molto rara, soprattutto se viene allattato al seno. Anche se la nutrizione avviene attraverso formule lattee che la mamma prepara a ogni pasto, seguendo le norme igieniche raccomandate e senza lasciar trascorre troppo tempo tra preparazione e somministrazione, intossicazione alimentare e allattamento sono raramente associate tra loro.
Analogo discorso vale per l’intossicazione alimentare nei bambini in fase di svezzamento: anche in questo caso, la selezione di materie prime fresche di qualità, la completa cottura dei cibi di origine animale o vegetale, il lavaggio accurato della frutta e della verdura che non possono essere sbucciate e che vengono assunte crude e il consumo dei pasti a breve distanza dalla preparazione sono sufficienti a prevenire l’assunzione di alimenti contaminati.
Un’avvertenza particolare riguarda l’uso del miele, che non dovrebbe mai essere somministrato ai bambini nel primo anno di vita a causa del rischio di contaminazione da parte di spore di Clostridium botulinus (naturalmente presenti negli ambienti frequentati dalle api), in grado di causare il botulismo infantile. Questa intossicazione alimentare è diversa dal botulismo dell’adulto (causato dall’ingestione della tossina) ed è innocua per i bambini più grandi, già svezzati, e in epoche successive della vita, ma può essere molto grave e addirittura letale nei primi 12 mesi.
Cosa prendere in caso di intossicazione alimentare?
Una prima avvertenza è che in caso di intossicazione alimentare, i “rimedi della nonna” non dovrebbero essere presi mai in considerazione, soprattutto se l’origine del disturbo non è chiara e i sintomi gastroenterici sono abbastanza intensi: le soluzioni fai-da-te potrebbero rivelarsi non soltanto inutili, ma addirittura dannose.
In caso di intossicazione alimentare, i rimedi più collaudati ed efficaci cui si può fare riferimento sono i probiotici (ovvero preparati contenenti microrganismi “buoni” in grado di favorire l’equilibrio della flora intestinale), che possono essere assunti come unico intervento per favorire la risoluzione di gastroenteriti lievi o moderate oppure insieme o dopo la terapia antibiotica (o di altro tipo) prescritta dal medico.
In quest’ultimo caso, di norma, è il medico stesso a indicare quale preparato probiotico preferire nel contesto specifico.
A riguardo, va ricordato che gli antibiotici possono essere utili esclusivamente in presenza di intossicazioni alimentari causate da batteri, ma non nelle gastroenteriti indotte dalle loro tossine né nelle forme virali (tipiche dell’infanzia). Per sapere se, quando e quali antibiotici assumere è indispensabile riconoscere il patogeno responsabile attraverso test microbiologici mirati che solo il medico può indicare e interpretare.