Una buona notizia per gli amanti del caffè: berne una o due tazze al giorno, purché senza esagerare con zucchero e panna, potrebbe allungare la vita. A dirlo è uno studio osservazionale condotto dalla Friedman School of Nutrition Science and Policy della Tufts University, pubblicato sul Journal of Nutrition.
Caffè e rischio di mortalità: i dati dello studio
L’indagine ha coinvolto oltre 46.000 adulti statunitensi, monitorati attraverso nove cicli consecutivi del National Health and Nutrition Examination Survey (NHANES) tra il 1999 e il 2018. I ricercatori hanno incrociato i dati con il National Death Index per valutare l’associazione tra consumo di caffè e rischio di mortalità per qualsiasi causa, con un focus particolare sulle malattie cardiovascolari.
I risultati mostrano che il consumo quotidiano di 1-3 tazze di caffè caffeinato è associato a un rischio inferiore di mortalità generale, con una riduzione fino al 17%. In particolare:
- 1 tazza al giorno = -16% rischio di mortalità
- 2-3 tazze al giorno = -17% rischio di mortalità
- Oltre le 3 tazze = nessun ulteriore beneficio
L’effetto protettivo, però, si riduce sensibilmente quando il caffè è arricchito con quantità elevate di zuccheri o grassi saturi (come panna e creme). Secondo i ricercatori, il beneficio massimo si ottiene con il caffè nero o con aggiunte minime: meno di 2,5 grammi di zucchero e 1 grammo di grassi saturi per tazza da 240 ml.
Merito dei composti bioattivi?
Il caffè è una bevanda complessa, ricca di composti bioattivi come polifenoli e antiossidanti. Queste sostanze sono note per i loro effetti positivi sul metabolismo, sull’infiammazione e sulla salute vascolare. Tuttavia, l’aggiunta di zucchero e grassi saturi potrebbe controbilanciare questi benefici, interferendo con i processi metabolici e aumentando il rischio di malattie croniche.
Secondo Fang Fang Zhang, autrice senior dello studio, «i benefici del caffè potrebbero derivare dai suoi composti bioattivi, ma l’aggiunta di zucchero e grassi saturi sembra ridurre questo effetto protettivo».”
Effetti del caffè sul microbiota intestinale
Negli ultimi anni, anche la ricerca sul microbiota intestinale ha iniziato a indagare il rapporto tra consumo di caffè e composizione del microbiota intestinale. Il caffè – soprattutto quello non filtrato – è una fonte significativa di fibre solubili e polifenoli, che possono agire come prebiotici, favorendo la crescita di batteri benefici come Bifidobacterium e Lactobacillus.
Alcuni studi hanno evidenziato che un consumo regolare di caffè è associato a una maggiore diversità microbica intestinale, un indicatore di buona salute del microbiota. Inoltre, il caffè può contribuire a ridurre la presenza di batteri potenzialmente patogeni, grazie alle sue proprietà antiossidanti e antimicrobiche.
Tuttavia, come nel caso della mortalità, anche per il microbiota la qualità del caffè consumato è determinante: l’aggiunta di zuccheri e grassi può alterare negativamente l’equilibrio intestinale, promuovendo la crescita di specie legate a stati infiammatori e metabolici sfavorevoli.
Conclusioni
Il messaggio è chiaro: il caffè può essere un alleato della salute, ma solo se consumato con moderazione e senza eccessi di zuccheri e grassi. Per chi ama iniziare la giornata con una tazza fumante, il consiglio è semplice: meglio nero e puro, per sfruttarne appieno i benefici – anche per il cuore e per l’intestino.