Non sempre è necessario ricorrere al bisturi. La litotrissia è una procedura usata per trattare la calcolosi delle vie urinarie, una patologia che, insieme alla prostata ingrossata, è il disturbo più frequente in urologia. 

Anche quando sono molto piccoli, i calcoli causano coliche renali che spesso devono essere trattate in ospedale. Il primo obiettivo è ridurre il dolore utilizzando in genere farmaci antispastici, che sono in grado di favorire il rilassamento della muscolatura e bloccare gli spasmi. 

Il secondo è indurre l’eliminazione del calcolo, che può avvenire per via naturale o per via chirurgica. I progressi della chirurgia endoscopica laser permettono di semplificare le tecniche operatorie, senza tagli né sanguinamenti, con un breve ricovero e un più rapido ritorno alle normali attività quotidiane. 

Cos’è la litotrissia

La litotrissia è una procedura che mira alla frantumazione e riduzione dei calcoli per favorirne l’eliminazione

La calcolosi delle vie urinarie (rene, uretere, vescica) interessa il 10% degli uomini e il 7% delle donne, spesso a causa di regimi alimentari e stili di vita scorretti – si beve poca acqua, si mangia molto più del necessario e, soprattutto, si assumono proteine animali in eccesso – ma è sempre più frequente anche in età pediatrica. In Italia si stimano 100.000 nuovi casi all’anno, con un rischio elevato di recidive.

In passato il bombardamento con onde d’urto per i piccoli calcoli e la chirurgia a cielo aperto per quelli voluminosi erano le procedure standard. Oggi la litotrissia endoscopica mininvasiva con laser a olmio e al tulio rappresenta la nuova frontiera terapeutica nella maggioranza dei casi. 

Queste apparecchiature permettono un approccio poco invasivo e personalizzato sul singolo paziente. Attraggono il calcolo in un “tunnel di vapore” e lo polverizzano in una sola seduta, riducendo tempi operatori, dolore e perdite ematiche, con una degenza di 1-2 notti e un più rapido recupero post-intervento. Si evitano infatti grandi incisioni e complicanze, riservando l’intervento chirurgico ai casi molto complessi.

Le diverse tipologie di litotrissia

Esistono diverse tipologie di litotrissia:

  • litotrissia extracorporea a onde d’urto
  • litotrissia percutanea
  • litotrissia endoscopica con laser a olmio.

Scopriamo le differenti metodologie impiegate e in quali casi sono maggiormente indicate.

  • Litotrissia extracorporea a onde d’urto (ESWL) – Dagli anni ’90, il “bombardamento” con onde d’urto ha rappresentato la prima scelta. È una metodica poco invasiva, ma adatta per calcoli renali o ureterali inferiori ai 2 cm e non eccessivamente duri. Non comporta anestesia e richiede circa 45-60 minuti. Le onde d’urto generate dal litotritore passano attraverso il corpo, veicolando tutta l’energia sul calcolo, frantumandolo. I frammenti vengono eliminati con le urine nei giorni successivi, con il rischio di coliche. La litotrissia a onde d’urto si può eseguire per una o al massimo due volte, perché l’energia liberata può causare danni importanti al rene.
  • Litotrissia percutanea (PCNL) – Viene eseguita per calcoli renali superiori a 2 cm, praticando un taglio nel fianco di circa 1-2 cm attraverso il quale si accede al rene. Si introduce uno strumento ottico (nefroscopio) all’interno del quale viene inserita una sonda a ultrasuoni, che frantumerà il calcolo in piccoli pezzi poi aspirati e/o rimossi con una pinza. Questa procedura, più invasiva, richiede anestesia generale e una degenza di 1-3 notti. Gli effetti collaterali possono essere infezioni ed emorragie.
  • Litotrissia endoscopica con laser a olmio – Una soluzione per quei calcoli che sono resistenti alle onde d’urto e che non possono essere trattati con questa metodologia. Offre la possibilità di effettuare diagnosi e terapia sfruttando le vie naturali del paziente, grazie a strumenti miniaturizzati e senza dover praticare tagli chirurgici. In base alla sede del calcolo, è possibile ricorrere a litotrissia endoscopica ureteroscopica (la sonda è introdotta attraverso l’uretra) o a litotrissia endoscopica endorenale per via retrograda (RIRS): in quest’ultimo caso, sempre tramite l’uretra si raggiunge con una sonda flessibile la vescica, dove si individua lo sbocco dell’uretere attraverso il quale si arriva, a ritroso, al rene. Si esplorano quindi le cavità renali fino ad individuare il calcolo. In entrambi i casi, una volta raggiunto il calcolo, per romperlo si impiega l’elevata potenza del laser, asportando i frammenti creati con appositi “cestelli”.

La litotrissia può essere utilizzata anche in caso di calcolosi della vescica, che si manifesta in associazione a una stenosi uretrale (un restringimento dell’uretra) o come complicanza dell’ipertrofia prostatica benigna. Più rara è l’evenienza di un calcolo migrato in vescica dal rene che non viene espulso. La litotrissia vescicale è un intervento endoscopico, eseguito risalendo in vescica attraverso l’uretra, in anestesia spinale o generale.

La litotrissia trova infine spazio anche in campo ortopedico: la terapia con onde d’urto provoca una risposta da parte dei tessuti sofferenti stimolandoli ad auto-ripararsi, riducendo l’infiammazione. La litotrissia ortopedica è indicata, per esempio, in caso di:

  • ritardi di consolidamento di fratture o pseudoartrosi
  • fratture da stress
  • algoneurodistrofia (una sindrome dolorosa che può manifestarsi dopo un trauma, per esempio a un nervo o a un tessuto molle, o anche spontaneamente)
  • condrocalcinosi di gomito, anca, ginocchio (una forma di artrite provocata da depositi di cristalli di calcio)
  • rigidità articolare di spalla, gomito, anca, ginocchio
  • fibromatosi (cioè presenza di fibromi, tumori benigni) a carico di muscoli, legamenti, fasce
  • tendinopatie
  • epicondilite, infiammazione dei tendini che collegano i muscoli dell’avambraccio alla parte esterna del gomito 
  • tendinite post-traumatica del ginocchio
  • tendinite del tendine d’Achille
  • fascite plantare con sperone calcaneare (accorciamento o lacerazione dei muscoli della pianta del piede e del polpaccio con conseguente dolore mentre si cammina).

Il ruolo del microbiota intestinale nella calcolosi renale

Recenti ricerche suggeriscono che il microbiota intestinale, ovvero la comunità di batteri che risiede nell’intestino, possa essere un fattore di rischio significativo per lo sviluppo di questa patologia.

Il microbiota intestinale svolge un ruolo cruciale nel mantenimento della salute generale, influenzando diversi aspetti come il metabolismo, l’immunità e la salute intestinale. Un microbiota sano metabolizza e produce fattori benefici per l’organismo, mentre uno squilibrato (disbiotico) può aumentare il rischio di diverse malattie.

Un primo collegamento tra microbiota intestinale e calcolosi renale è stato scoperto con l’identificazione di una minore abbondanza del batterio Oxalobacter formigenes in individui con calcolosi renale ricorrente da ossalato di calcio. Questo batterio è in grado di metabolizzare l’ossalato nell’intestino, riducendo l’assorbimento e l’escrezione urinaria. Tuttavia, studi più recenti suggeriscono che anche altri batteri, come Lactobacillus e Bifidobacterium, sono coinvolti nella degradazione dell’ossalato. Sembra che la degradazione dell’ossalato richieda una rete di batteri che si supportano metabolicamente a vicenda, piuttosto che dipendere da una singola specie batterica.

Altri studi hanno dimostrato che individui con calcolosi renale presentano una ridotta abbondanza di batteri produttori di acidi grassi a catena corta (SCFAs), in particolare il butirrato. Il butirrato svolge un ruolo importante come fonte di energia per le cellule del colon e influenza l’infiammazione, la funzione della barriera intestinale e lo stress ossidativo. Modelli animali suggeriscono che l’integrazione di butirrato può ridurre i depositi di cristalli di ossalato di calcio nei reni, modulando l’omeostasi dell’ossalato e riducendo l’infiammazione renale.

La disbiosi intestinale può influire sulla biosintesi delle vitamine, con una diminuzione delle vie metaboliche legate alla produzione di riboflavina (vitamina B2), acido pantotenico (vitamina B5), piridossina (vitamina B6), biotina (vitamina B7) e folato (vitamina B9) in individui con calcolosi renale. Queste vitamine sono importanti per l’omeostasi minerale, l’infiammazione e la gestione dello stress ossidativo.