La compromissione della barriera intestinale, dovuta a disbiosi, sembra svolgere un ruolo importante nella patogenesi della cistite ricorrente. È quanto emerso da uno studio pilota condotto in Italia e pubblicato sul Journal of Personalized Medicine.
La cistite è un’infezione del tratto urinario molto comune, soprattutto nel sesso femminile. Colpisce oltre il 50% delle donne, di cui almeno il 20-30% sviluppa una recidiva.
Se in un periodo di 6 mesi si verificano più di due episodi di infezione della vescica, o se ne presentano più di tre in un anno, si parla di cistite ricorrente.
Cistite e cistite ricorrente
La maggiore incidenza nelle donne può essere parzialmente spiegata dalla presenza di fattori predisponenti anatomici, comportamentali e genetici.
La maggior parte degli agenti patogeni che causano infezioni del tratto urinario è costituita da bacilli Gram-negativi anaerobi facoltativi e da microrganismi comuni del microbiota intestinale, principalmente Escherichia coli e altre Enterobacteriaceae (come Klebsiella spp. e Proteus spp.). Tuttavia, anche i microrganismi Gram-positivi, come Staphylococcus saprophyticus ed Enterococcus faecalis, possono essere causa di infezioni.
La principale via di infezione è quella fecale-perineale-uretrale, nota anche come via ascendente retrograda, che consiste nella colonizzazione della vescica da parte di batteri derivati dal microbiota fecale attraverso l’uretra.
Pertanto, l’intestino funge da serbatoio di uropatogeni e il cross-talk tra il microbiota intestinale e urogenitale, il cosiddetto “asse intestino-vescica”, svolge un ruolo importante nella patogenesi delle infezioni del tratto urinario.
L’ipotesi: un meccanismo patogenetico alternativo
Tuttavia, diversi studi hanno permesso di ipotizzare un meccanismo differente, legato a un’alterazione della permeabilità intestinale, dovuta a un’alterazione del microbiota.
Ad esempio, è stato osservato che la cistite interstiziale, nelle donne è legata alla presenza di sindrome del colon irritabile.
Addirittura, fino al 30-50% delle pazienti con diagnosi di sindrome del colon irritabile mostra anche i sintomi della cistite interstiziale mentre, al contrario, fino al 40% delle pazienti con diagnosi di cistite interstiziale mostra anche sintomi che soddisfano i criteri per la sindrome del colon irritabile.
L’ipotesi scaturita da queste osservazioni è che la sensibilizzazione crociata tra vescica e colon sia dovuta a un’alterata permeabilità in uno dei due organi, ma non è ancora stato verificato se il tutto abbia inizio dalla vescica o dall’intestino.
Esperimenti su modelli murini hanno dimostrato che l’irritazione del colon è in grado di produrre minzione irregolare e un aumento dell’attività dello sfintere uretrale nei ratti.
Inoltre, ci sono prove che l’infiammazione del colon possa indurre anomalie nella contrattilità del muscolo detrusore della vescica. Al contrario, l’irritazione della vescica determina una maggiore sensibilità del colon.
È stato anche osservato che l’induzione della permeabilità nella vescica induce una maggiore permeabilità nel colon e, d’altra parte, l’infiammazione del colon induce, allo stesso modo, permeabilità nella vescica.
Tutti questi dati suggeriscono, quindi, che la permeabilità alterata abbia un ruolo chiave nel cross-talk degli organi viscerali.
Ruolo della barriera intestinale
Sulla base di questa logica, il gruppo di ricerca italiano ha ipotizzato la possibilità di una colonizzazione anterograda della vescica nella cistite ricorrente, che avverrebbe per trasmigrazione di batteri o frammenti batterici dall’intestino, in particolare in presenza di elevata permeabilità, come dimostrato nei modelli murini.
Pertanto, i ricercatori hanno valutato la possibile relazione tra una alterata funzione della barriera intestinale e la cistite ricorrente, attraverso lo studio della prevalenza di aumento della permeabilità intestinale e di disbiosi, in una coorte di pazienti di sesso femminile con cistite ricorrente, rispetto alle donne sane.
Al contrario, per esplorare il possibile cross-talk tra intestino e vie urinarie è stata anche valutata la prevalenza di cistite ricorrente in una coorte di pazienti con disordini gastrointestinali cronici.
I risultati dello studio italiano
Nello studio, le pazienti con cistite ricorrente hanno mostrato una maggiore prevalenza di sintomi gastrointestinali (dispepsia, dolore addominale, gonfiore, flatulenza, diarrea o costipazione) rispetto ai controlli sani.
Tra queste, l’88% ha mostrato un aumento della permeabilità intestinale, con ridotta biodiversità del microbiota intestinale rispetto ai controlli sani e il 68% aveva già una diagnosi di malattia gastrointestinale.
La permeabilità intestinale è stata valutata con l’H2 Breath Test Lattulosio/Mannitolo, che ha permesso di identificare anche la presenza di disbiosi, confermata dall’osservazione di alterazioni del tempo di transito intestinale nelle pazienti rispetto ai controlli.
Una possibile spiegazione patogenetica può consistere nel fatto che la permeabilità intestinale alterata osservata nella coorte di pazienti con cistite ricorrente, così come la presenza di un microbiota intestinale pro-infiammatorio, potrebbe contribuire alla disregolazione degli enterociti, con una riduzione dell’espressione delle giunzioni strette, seguita da un aumento della permeabilità della mucosa e disregolazione delle cellule immunitarie che, causando infiammazione e danni alla mucosa, possono portare alla traslocazione di frammenti microbici negli strati interni della barriera intestinale.
Allo stesso modo, le pazienti con patologie gastrointestinali hanno riportato una maggiore incidenza di sintomi urinari, con una diagnosi di cistite ricorrente nel 20% dei casi.
Conclusioni
Lo studio ha quindi permesso di concludere che la compromissione della barriera intestinale svolga un ruolo importante nella patogenesi della cistite ricorrente.
Ulteriori ricerche potranno aiutare a chiarire il ruolo del microbiota e della permeabilità intestinale nelle infezioni delle vie urinarie. Tuttavia, in presenza di cistiti ricorrenti, su consiglio del medico di fiducia, potrebbe essere utile sottoporsi a un test del microbiota intestinale.