Il microbiota intestinale, ossia l’insieme di microorganismi che vive nel nostro sistema gastrointestinale, è specifico di ciascuna persona, in pratica varia da invididuo e individuo. La vastità del suo patrimonio genetico, noto come microbioma, supera di gran lunga quella del DNA umano, che ereditiamo dai nostri genitori. Sono ormai centinaia di migliaia gli studi scientifici che dimostrano quanto il microbiota sia cruciale per il mantenimento della salute.

Questo complesso ecosistema svolge ruoli essenziali in diverse funzioni fisiologiche e metaboliche, come la digestione degli alimenti, la sintesi di metaboliti vitali e la regolazione dell’efficienza del sistema immunitario, funzioni che saremmo incapaci di gestire autonomamente proprio perchè il nostro patrimonio genetico non lo consente.

L’analisi del microbiota, attraverso test semplici, ma rivelatori, offre la possibilità di intervenire preventivamente per salvaguardare o ripristinare l’armonia di questo ecosistema in caso di squilibri, noti come disbiosi. Un microbiota equilibrato svolge infatti un ruolo protettivo essenziale, riducendo il rischio di sviluppare una vasta gamma di patologie, tra cui obesità, diabete di tipo 2, sindrome metabolica, malattie infiammatorie croniche a livello intestinale e del sistema muscolo-scheletrico, oltre a diverse forme di allergie. Al contrario, una disbiosi intestinale può incrementare la suscettibilità a molteplici disturbi.

Negli ultimi anni, l’evoluzione delle tecniche molecolari e l’incremento delle capacità analitiche, che si stanno rapidamente ampliando anche con l’intelligenza artificiale (AI) hanno aperto la strada all’esplorazione dettagliata della componente microbica dell’intestino.

Attraverso l’esame del microbiota è oggi possibile ottenere dati preziosi riguardo la composizione e la funzionalità di questo complesso ecosistema, fornendo così le basi per strategie di intervento mirate.

Quando fare l’esame del microbiota

La valutazione del microbiota intestinale attraverso il test specifico è raccomandata in diverse fasi della vita e per diverse condizioni. Questa decisione, presa dal medico in sintonia con il paziente, può variare a seconda di vari fattori, tra cui il costo del test e la qualità del report finale.

Le circostanze in cui si suggerisce più frequentemente l’esecuzione di tale analisi includono:

  1. La comparsa o la persistenza di disturbi a livello intestinale o urogenitale, di intensità da lieve a moderata, come coliti, diarrea frequente, costipazione, cistite, uretrite, ecc.
  2. Sovrappeso o obesità, in questi casi il test del microbiota potrebbe essere utile assieme a un approccio integrato che comprende piani alimentari personalizzati e attività fisica, volti al raggiungimento di un peso ponderale salutare.
  3. Durante l’infanzia e la terza età, per promuovere, rispettivamente, un’adeguata maturazione del microbiota e mitigare gli effetti dell’invecchiamento, come il calo delle difese immunitarie e l’insorgere di stati infiammatori.
  4. In periodi delicati come la gravidanza e l’allattamento, per favorire un corretto sviluppo del microbiota nel neonato.
  5. Nelle prime fasi della menopausa, per gestire al meglio le modificazioni metaboliche e ormonali che caratterizzano questo periodo.
  6. In presenza di esigenze nutrizionali particolari, ad esempio in individui che si dedicano a un’attività fisica intensa o di livello competitivo (sport agonistico), per ottimizzare le prestazioni attraverso una dieta su misura basata sull’efficienza metabolica del proprio microbiota.
  7. Patologie ginecologiche, quali ad esempio candida recidivante e vaginosi batterica.
  8. Disturbi dermatologici, quali per esempio acne e dermatite atopica

A cosa serve il test del microbiota

Il test del microbiota si avvale di un’analisi accurata per esplorare una varietà di parametri, con un focus particolare sui seguenti aspetti:

  1. Parametri di base: includono l’indice di biodiversità, noto come diversità alfa (alpha-diversity), che valuta la ricchezza e l’eterogeneità delle specie microbiche nel tratto intestinale, e il grado di disbiosi, ossia lo squilibrio dell’ecosistema microbico. Generalmente, un microbiota considerato in salute si distingue per una ricca varietà tassonomica (biodiversità).
  2. Analisi descrittiva: viene condotta per quantificare l’abbondanza relativa delle diverse famiglie batteriche presenti nel campione analizzato.
  3. Analisi delle classi funzionali: questa sezione mira a determinare l’efficacia metabolica del microbiota, cioè la sua capacità di generare composti benefici per la salute umana. Tra le principali attività metaboliche e i metaboliti valutati, figurano:
    • Attività proteolitica: cruciale per la degradazione delle proteine animali, la cui iperattività può influenzare negativamente il metabolismo energetico.
    • Attività mucolitica: essenziale per il rinnovamento della mucosa intestinale, ma se eccessiva, può danneggiarla.
    • Acidi grassi a catena corta (SCFAs): come propionato, butirrato e acetato, fondamentali per la salute immunitaria, il metabolismo energetico e l’integrità della barriera intestinale.
    • Lattato: importante per il mantenimento del pH intestinale.
    • Acido solfidrico: la cui produzione eccessiva può stimolare l’infiammazione e la permeabilità intestinale.
    • Lipopolisaccaride batterico: un’endotossina che, in quantità elevate, può contribuire allo sviluppo di patologie.
  4. Valutazione della presenza di batteri potenzialmente patogeni: anche se presenti in minime quantità, batteri come Clostridium perfringens, Salmonella, e Clostridium difficile possono rapidamente proliferare, causando malattie importanti.
  5. Analisi delle funzioni fisiologiche: questa analisi si basa sugli “indici” derivati dall’abbondanza relativa delle specie coinvolte in specifiche funzioni, quali:
    • Immunomodulazione: la capacità del microbiota di regolare il sistema immunitario.
    • Regolazione delle funzioni cognitive ed emotive: attraverso la produzione di metaboliti come la serotonina, influenzando lo stato di benessere psicologico.
    • Resistenza ai patogeni: l’effetto barriera, indica la capacità del microbiota di prevenire la colonizzazione di microorganismi nocivi.
    • Influenza sullo sviluppo di patologie: comprendendo malattie infiammatorie intestinali, metaboliche, cardiovascolari e legate all’invecchiamento, dove la disbiosi gioca un ruolo chiave.
    • Permeabilità intestinale: alcuni batteri producono metaboliti che rafforzano l’epitelio intestinale, mentre altri ne compromettono l’integrità, influenzando la salute a livello sistemico.

In sintesi, il test del microbiota offre una visione approfondita dell’ecosistema microbico intestinale, permettendo di identificare potenziali squilibri e di indirizzare interventi mirati per il ripristino dell’equilibrio microbico e il miglioramento della salute generale.

Come si esegue il test

La procedura può variare da test a test, ma è generalmente piuttosto semplice. A chi ne fa richiesta viene spedito a casa un kit per il prelievo di campione fecale. Di solito non ci sono problemi di stabilità, nel senso che può essere conservato fino a quattro settimane a temperatura ambiente. Questo è importante perché il campione deve avere il tempo di essere spedito e arrivare al laboratorio specializzato.

Il campione, una volta giunto al laboratorio, viene analizzato attraverso tecniche che possono variare, anche in questo caso, da azienda ad azienda. Nella maggioranza dei casi viene eseguito un sequenziamento massivo (Next Generation Sequencing) che permete di ottenere, attraverso l’elaborazione statistica dei dati, l’identikit di tutta la componente batterica presente. In alcuni casi il test può identificare anche i funghi (miceti, lieviti) come la candida.

Sulla base delle abbondanze relative ottenute si restituisce un quadro completo e fruibile dell’ecosistema microbico e dei suoi possibili impatti la fisiologia dell’ospite, che deve necessariamente essere valutato dal proprio medico curante.

Cosa mi devo aspettare?

L’esame del microbiota permette di avere la “carta d’identità” della componente batterica (e in alcuni casi anche micotica) analizzando complessivamente il suo stato di equilibrio (eubiosi o disbiosi) e funzionalità.

In base ai risultati ottenuti, rigorosamente dietro consulto di un professionista di riferimento, sarà possibile, se necessario, adottare le giuste strategie correttive basate principalmente sulla sana alimentazione e sull’eventuale integrazione con probiotici, postbiotici o prebiotici in base alle singole esigenze, anche in un’ottica di prevenzione.

Il test del microbiota vaginale

Negli ultimi anni, oltre al test del microbiota intestinale, è stato sviluppato anche quello per l’analisi del microbiota vaginale.

Il microbiota vaginale è una componente critica per la salute femminile, agisce come un baluardo contro infezioni e infiammazioni che possono incidere negativamente sulla qualità di vita. L’equilibrio di questo ecosistema microbico è particolarmente cruciale anche per la fertilità e per il benessere durante tutte le fasi della gravidanza.

Con l’avanzare dell’età e l’arrivo della menopausa, le fluttuazioni ormonali, in particolare quelle degli estrogeni, inducono cambiamenti significativi nel microbiota vaginale, come la diminuzione dei lattobacilli e l’aumento del pH, compromettendo la stabilità di questo ambiente delicato.

Numerosi fattori, sia interni che esterni, possono influenzare la composizione e la funzionalità del microbioma vaginale. Questi includono lo stato ormonale e immunitario, l’età, l’attività sessuale, l’uso di antibiotici, infezioni esistenti e l’impiego di contraccettivi, tutti potenzialmente capaci di alterare l’equilibrio microbico, predisponendo a disbiosi, vaginosi o infiammazioni.

La classificazione del microbiota vaginale si articola in cinque “Community State Type” (CST), in base alla predominanza di specifiche specie di Lactobacillus:

  • CST I: caratterizzato da L. crispatus, noto per le sue proprietà protettive.
  • CST II: dominato da L. gasseri, altrettanto protettivo.
  • CST III: con prevalenza di L. iners, associato a un minor potenziale protettivo.
  • CST IV: segnato da una minore presenza di lattobacilli e un insieme eterogeneo di microrganismi che può aumentare il rischio di disbiosi, particolarmente nelle donne caucasiche.
  • CST V: dominato da Lactobacillus jensenii, generalmente legato a condizioni di salute ma ritenuto meno protettivo del CST I.

Per valutare il microbiota vaginale sono disponibili test che analizzano l’intero spettro di batteri e funghi per fornire una panoramica completa dell’ecosistema. Il processo di prelievo è semplice e non invasivo. L’analisi del campione raccolto permette di confrontare i dati con un database di riferimento e di interpretare i risultati in base alle capacità metaboliche e funzionali delle specie identificate. Questo consente di riconoscere il CST, i potenziali disturbi, i patogeni e le alterazioni metaboliche, offrendo così una base per interventi mirati.

In un contesto preventivo, è possibile eseguire il test in qualsiasi momento della vita riproduttiva per mantenere o ripristinare l’equilibrio dell’ecosistema vaginale. È particolarmente raccomandato per donne con infezioni o infiammazioni vaginali ricorrenti, coloro che pianificano una gravidanza o che sono già incinte, poiché un microbiota vaginale sano è essenziale non solo per la madre ma anche per il benessere del nascituro.

L’importanza del medico e dello specialista

È cruciale sottolineare che i dati emersi dal test del microbiota non devono essere interpretati come un verdetto diagnostico di malattia. L’obiettivo primario dell’analisi del microbiota è quello di offrire al medico curante o allo specialista un quadro informativo sullo stato del microbiota intestinale. Questi professionisti, avvalendosi della conoscenza approfondita del contesto clinico del paziente (anamnesi), sono incaricati di formulare una diagnosi accurata e di delineare un percorso terapeutico o dietetico adeguato alle necessità individuali.

Dopo aver ricevuto il rapporto, è fortemente sconsigliato intraprendere azioni autonome, come la modifica delle proprie abitudini alimentari o, peggio, interromere e variare gli schemi terapeutici corso, senza aver prima ottenuto un parere da un esperto in grado di interpretare correttamente i risultati. Questa precauzione aiuta a prevenire possibili conseguenze negative derivanti da scelte non supportate da un’adeguata consulenza medica.