«Quante volte, figliuolo?» Se non c’è un problema specifico, magari proprio quello che vi ha portato nell’ambulatorio, è difficile che il medico – per quanto “di famiglia” – indaghi su quante volte, come e con quali intervalli andate di corpo.

La cacca è data per scontata. E in effetti la facciamo tutti. Ma non tutti con la stessa frequenza. E il range di questa “normalità” è piuttosto vario: tutti i giorni, più volte al giorno o ogni due o tre.

L’argomento di solito cessa di essere tabù proprio d’estate, nelle vacanze di gruppo o con amici e parenti.

E più in generale quando la normalità, qualunque essa sia, viene alterata dai ritmi di vita sballati: vita notturna e appuntamenti col water che saltano, alimentazione sgangherata o cibi esotici, lunghi spostamenti in auto, toilette disagiate, campeggio, condivisione del bagno con persone con cui non c’è tantissima confidenza. In questi casi diarrea o stitichezza diventano tema di conversazione e confronto.

In generale, la “dolce regolarità”, come diceva una vecchia réclame, rientra a pieno titolo nella sfera del benessere, e quando manca è fonte di preoccupazione (non è un caso se i lassativi sono tra i farmaci da banco più usati e talvolta abusati).

Però sappiate che se l’ultima volta che siete andati in ansia perché il vostro intestino era bloccato o eccessivamente attivo, la scienza vi dà ragione e anche di più: un recente studio ha evidenziato un collegamento tra la frequenza con la quale si fa la cacca e, non solo il benessere, ma addirittura la salute a lungo termine.

Scopri i biotici studiati su diarrea e costipazione

Frequenza di evacuazione: 1-2 volte al giorno va benissimo

Un team di ricercatori dell’Institute for Systems Biology (ISB) ha pubblicato sulla rivista scientifica Cell Reports Medicine dello scorso 16 luglio una ricerca che ha analizzato dati clinici e stile di vita di oltre 1400 adulti sani, mostrando come il fatto di andare in bagno più o meno spesso possa influenzare la composizione del microbiota intestinale, e quindi la fisiologia e la salute dell’intero organismo.

In base alla frequenza di defecazione i partecipanti allo studio sono stati suddivisi in quattro gruppi: stitichezza (uno-due volte alla settimana), basso-normale (da tre a sei alla settimana), alto-normale (da uno a tre volte al giorno), diarrea (più di tre volte al giorno).

Quindi gli studiosi hanno cercato associazioni tra frequenza e dati demografici, genetica, microbiota, metaboliti del sangue e caratteristiche chimiche del plasma.

Età, sesso e indice di massa corporea (BMI) hanno dimostrato di influire sulla frequenza delle visite alla toilette: in particolare, i giovani, le donne e gli individui con BMI basso tendono ad andarci meno spesso, confermando ciò che dice anche la scienza, e cioè che le donne abbiano, rispetto agli uomini, un maggior rischio di stitichezza e malattie renali (vedremo poi che anche questo dato è coerente con lo studio).

«Ricerche precedenti avevano dimostrato come il numero delle volte in cui si va in bagno per defecare possa avere un grande impatto sull’ecosistema intestinale», sottolinea Johannes Johnson-Martinez, l’autore principale dello studio. «Se le feci rimangono troppo a lungo nell’intestino, i microbi consumano tutta la fibra alimentare disponibile, quella che fermenta acidi grassi a catena corta benefici per la salute. Una volta esaurita la fibra, l’ecosistema passa alla fermentazione delle proteine, producendo tossine che possono finire nel sangue».

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Ne risente anche il microbiota intestinale

Dai questionari dei partecipanti, risulta anche che costipazione e diarrea mostrano un’associazione con depressione e ansia, un dato emerso anche da studi precedenti, secondo i quali il legame si evidenzia anche in caso malattie croniche neurodegenerative, come Parkinson e Alzheimer.

In altre parole, anche la salute mentale è influenzata dalla frequenza con cui si va in bagno.

In modo speculare, analizzando le “famiglie” batteriche del microbiota intestinale dei partecipanti allo studio si poteva quasi prevedere il numero di volte al giorno in cui andavano alla toilette.

I batteri che fermentano le fibre, spesso associati a buona salute, sembrano infatti prosperare in un “gold standard” in base al quale le persone facevano la cacca da una a due volte al giorno. Al contrario, i batteri associati alla fermentazione delle proteine ​​o al tratto gastrointestinale superiore (esofago, stomaco, duodeno) tendevano a essere più abbondanti in chi soffriva di stitichezza o diarrea.

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Stitichezza: gli effetti sulla salute generale

Allo stesso modo, le analisi del sangue e del plasma hanno mostrato maggiore presenza di sottoprodotti della fermentazione delle proteine capaci di danneggiare i reni (come il p-cresolo-solfato e l’indossil-solfato) in chi soffriva di stitichezza; mentre sostanze chimiche associate a malattie del fegato erano elevate nelle persone con diarrea.

Coloro che avevano dichiarato di seguire un’alimentazione ricca di fibre (frutta, verdura, ortaggi e cereali integrali), di bere molta acqua e praticare regolare esercizio fisico erano gli stessi che andavano in bagno secondo il “gold standard”. 

La stitichezza era già stata associata alla malattia renale cronica conclamata. Ma non è ancora chiaro se le anomalie dei movimenti intestinali siano causa di danni agli organi o sia solo una coincidenza.

In questo studio su persone sane si dimostra che la stitichezza va a braccetto con la presenza nel sangue di tossine capaci di causare danni prima della diagnosi di malattia.

Gli autori dello studio ipotizzano dunque che in futuro le informazioni raccolte potrebbero favorire lo sviluppo di strategie per la gestione della frequenza di defecazione anche nelle popolazioni sane, per ottimizzare la salute e il benessere dell’organismo.

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