La “candida”, termine comunemente usato al posto del più corretto “candidosi”, è un’infezione (o per meglio dire una “colonizzazione”) della vagina estremamente diffusa nella popolazione femminile di ogni parte del mondo, soprattutto durante l’età fertile, che non dà tregua neppure quando la donna è in gravidanza. Anzi, proprio in gravidanza se ne può soffrire più spesso, nonostante un’attenta cura dell’igiene intima e un buono stato di salute generale.

Perché accade? Quali sono le cause e quali i fattori che aumentano il rischio di contrarre la candidosi durante i nove mesi? Quali sono i sintomi? E, in caso di candida in gravidanza, cosa usare per eliminare efficacemente l’infezione senza danneggiare il feto? Meglio ricorrere a farmaci convenzionali o a rimedi naturali?

Ecco cosa raccomandano gli esperti.

Che cos’è la candida

Iniziamo con il dire che la candida o candidosi vaginale non è una vera e propria malattia, ma più che altro un disturbo determinato dall’eccessiva moltiplicazione di lieviti del genere Candida spp. a livello della vagina.

Il microrganismo di questo gruppo più spesso all’origine dei fastidi genitali (90% dei casi circa) è la Candida albicans, che è anche quello più facile da tenere sotto controllo con i farmaci disponibili e meno in grado di creare micosi vaginali gravi. Altri lieviti un po’ più ostici da contrastare, ma molto meno frequentemente causa di infezione della vagina, sono la Candida glabrata (che crea problemi soprattutto alla donna con diabete), la C. tropicalis, la C. krusei e la C. parapsilosis.

Tutti questi lieviti possono anche entrare nella vagina della donna dall’esterno, per esempio per trasmissione sessuale o per contaminazione con microscopici frammenti di feci provenienti dalla regione anale, ma in realtà costituiscono componenti stabili del microbiota vaginale e non creano alcun problema finché vivono in equilibrio con il resto della microflora endogena.

I fastidi genitali tipici insorgono quando, per qualche ragione, la candida inizia a moltiplicarsi più del lecito, a scapito dei batteri che di norma proteggono il benessere della mucosa della vagina, in particolare i lattobacilli.

Scopri i biotici studiati sulla candida vaginale

Tra i fattori che possono facilitare questa proliferazione incontrollata della Candida ci sono:

  • l’igiene intima troppo frequente o scarsa, aggressiva o con detergenti inadeguati;
  • l’uso di biancheria in fibre sintetiche o indumenti attillati a livello dei genitali che ostacolano la traspirazione della cute e delle mucose dell’area vulvare;
  • lo stress e l’eccessivo affaticamento psicofisico;
  • la terapia con un antibiotico necessaria per la cura di un’infezione batterica;
  • le difese immunitarie compromesse e i farmaci che le riducono (per esempio, i corticosteroidi o il metotressato);
  • l’attività sessuale frequente, specie se non protetta.

Anche la gravidanza aumenta il rischio di sviluppare una vaginite da Candida per almeno due ragioni. La prima è di ordine ormonale: gli ormoni femminili giocano un ruolo chiave nel determinare le caratteristiche dell’ambiente vaginale, in termini di composizione microbica, idratazione e pH (che rappresentano i tre elementi chiave per garantire la salute intima della donna). In pratica, il drastico cambiamento ormonale che segue il concepimento aiuta la candida ad attecchire.

La seconda ragione è legata alla tendenziale condizione di iperglicemia (eccessiva concentrazione di zucchero nel sangue) che si instaura nella donna in gravidanza e che può, talvolta, diventare un vero e proprio diabete gestazionale, offrendo ai lieviti presenti nella vagina il nutrimento ideale per moltiplicarsi e fare danni.

Candida in gravidanza quali rischi

L’infezione da Candida albicans può essere molto fastidiosa da sopportare a causa dei sintomi caratteristici, ma non comporta rischi di alcun tipo né sul fronte della fertilità femminile né quando si sviluppa in gravidanza.

Tuttavia, è importante che ogni donna sia in grado di riconoscerla e, soprattutto, di distinguerla da altre possibili tipologie di infezione vaginale che, al contrario, possono comportare diversi problemi se non trattate tempestivamente con una terapia appropriata.

Segni e sintomi distintivi della vulvovaginite da Candida comprendono:

  • una forte infiammazione delle mucose della vagina e dell’area vulvare, che si presentano intensamente arrossate e ricoperte da una patina biancastra dall’aspetto polveroso;
  • il bruciore da lieve a intenso e il prurito intimo, che può essere così marcato da trasformarsi in dolore e risultare sostanzialmente insopportabile;
  • l’incremento della quantità e dell’aspetto delle perdite vaginali, che diventano abbondanti, biancastre, dense e grumose, simili a ricotta.

Di norma, sulle mucose non sono presenti placche né ulcerazioni.

In linea generale, la comparsa di sintomi di questo tipo non deve spaventare perché, come detto, la candidosi non è una malattia pericolosa e può passare con una semplice terapia da banco a base di farmaci contro le micosi (o anche da sola, se lieve) nell’arco di pochi giorni. Durante la gravidanza, tuttavia, è bene che qualunque cambiamento delle caratteristiche delle perdite vaginali abituali sia sottoposto all’attenzione del medico per accertarsi che i microrganismi responsabili non siano altri.

In particolare, ad allertare e a indurre a rivolgersi subito al ginecologo deve essere la comparsa di perdite dense, schiumose giallo-verdognole e maleodoranti, generalmente associate a modesta infiammazione, prurito intimo (meno intenso di quello tipico della candidosi) e dolore durante la minzione.

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In questi casi, con ogni probabilità, è presente la tricomoniasi: un’infezione della vagina causata da un protozoo, il Trichomonias vaginalis, che può interferire con il decorso della gravidanza, aumentando il rischio di parto pre-termine (ossia tra 22 e 37 settimane di gravidanza) e basso peso alla nascita del bambino.

Un’altra comune infezione intima della donna in età fertile, non grave, ma potenzialmente rischiosa per il benessere riproduttivo e per il feto se contratta in gravidanza, è la vaginosi batterica, causata dall’eccessiva moltiplicazione all’interno della vagina di microrganismi patogeni normalmente residenti in piccole quantità, come batteri dei generi Prevotella, Gardnerella, Atopobium, Megasphaera.

In questo caso, le perdite, più o meno abbondanti, sono bianco-grigiastre, viscose, appiccicose e omogenee, contraddistinte da un inconfondibile odore di pesce avariato, che può essere anche molto intenso e penetrante. Prurito intimo, infiammazione e bruciore genitali sono generalmente molto modesti o del tutto assenti. Purtroppo, riconoscere precocemente la vaginosi batterica può non essere semplice perché in molte donne è asintomatica.

Per distinguere la candidosi da altre tipologie di infezione vaginale e vulvare sono stati messi a punto diversi criteri diagnostici e sono disponibili vari test, alcuni dei quali acquistabili in farmacia ed eseguibili autonomamente dalla donna a casa propria.

Per non correre il rischio di sbagliare diagnosi e conseguente terapia, tuttavia, durante la gravidanza è fortemente consigliato rivolgersi sempre al ginecologo di fiducia. In questo modo, sarà anche molto più facile arrivare presto a una piena guarigione e ridurre il rischio di recidiva.

Come curare la candida in gravidanza

Come eliminare la candida in gravidanza? Semplice, almeno se si tratta di una candidosi comune, non complicata, in una donna che non era soggetta a frequenti episodi di vulvovaginite da candida già prima del concepimento e che non presenta altre patologie che potrebbero rendere l’infezione vaginale ostica da gestire o rischiosa per il feto (come per esempio, il diabete o una significativa compromissione immunitaria).

In linea generale, infatti, per la cura della candidosi in gravidanza è previsto l’impiego degli stessi farmaci utilizzati quando la micosi insorge negli altri periodi della vita della donna, vale a dire principi attivi antimicotici come, per esempio, clotrimazolo o imidazolo.

L’unica importante avvertenza è utilizzare questi farmaci sempre ed esclusivamente in formulazione topica (ossia in crema, pomata od ovuli vaginali da applicare localmente, all’interno della vagina) e mai per via sistemica, dal momento che la loro assunzione in compresse per bocca da parte della donna in gravidanza potrebbe avere effetti negativi sul feto che si sta sviluppando (si tratta di farmaci potenzialmente teratogeni).

Un secondo aspetto da considerare è che, benché i farmaci topici contro le micosi possano essere liberamente acquistati in farmacia senza bisogno di ricetta medica, durante la gravidanza questo comportamento andrebbe evitato, rivolgendosi sempre al ginecologo di fiducia fin dai primi sintomi di infezione vaginale, per caratterizzarla in modo preciso e individuare la terapia più appropriata.

Scopri i biotici studiati sulla candida vaginale

La durata della terapia della candidosi con farmaci topici può variare da 3 a 14 giorni, in relazione allo specifico principio attivo antimicotico e al dosaggio utilizzati; la pomata andrà inserita nella vagina una volta al giorno, preferibilmente la sera prima di coricarsi, dopo essersi lavate bene le mani e dopo un’attenta igiene intima.

In genere, nelle confezioni delle formulazioni in crema/pomata è fornita una serie di applicatori monouso in plastica rigida per facilitarne l’inserimento in vagina: ancorché molto comodi e sicuri, durante la gravidanza l’uso di questi applicatori andrebbe evitato per azzerare il rischio di traumi; la quantità di pomata prevista può essere inserita, ben in profondità, con un dito.

Una volta terminata la terapia, sempre d’accordo con il ginecologo, può essere utile prevedere un ciclo di trattamento con preparati probiotici a base di lattobacilli, in grado di promuovere la ricostituzione del microbioma vaginale sano, favorendo un più rapido ripristino del pH acido fisiologico e il consolidamento della guarigione, con conseguente minor rischio di recidiva.

Specifici preparati probiotici da assumere per bocca, contenenti Saccharomyces boulardii (a volte scritto erroneamente Saccharomices) e specifici ceppi di lattobacilli (come per esempio, Lactobacillus rhamnosus) possono contribuire alla prevenzione delle vulvovaginiti da Candida albicans e possono essere usati senza problemi dalla donna in gravidanza.

Alcuni di questi probiotici sono arricchiti di vitamine del gruppo B e galatto-oligosaccaridi, che sono prebiotici e contribuiscono a migliorare anche la funzionalità intestinale, di norma poco efficiente durante la gravidanza.

Candida in gravidanza: cosa fare per evitarla

Oltre all’assunzione regolare dei rimedi probiotici a base di Lactobacillus rhamnosus e Saccharomyces boulardii appena citati, per cercare di ridurre al minimo il rischio di essere interessate da una vaginite da Candida in gravidanza è importante:

  • seguire un’alimentazione sana e bilancia, nutriente, ma povera di zuccheri semplici;
  • bere prevalentemente acqua, evitando bibite zuccherate e alcolici di qualsiasi tipo;
  • curare l’igiene intima quotidiana in relazione alle necessità (presenza di perdite ecc.), ma senza eccedere;
  • scegliere il detergente intimo tenendo conto della sensibilità individuale e dello stato di gravidanza, facendosi consigliare dal ginecologo;
  • eseguire i lavaggi intimi con movimenti diretti dalla regione vulvare a quella anale, e mai viceversa, per evitare contaminazioni batteriche;
  • evitare l’impiego di lavande vaginali o altri preparati “cosmetici” locali;
  • dopo ogni lavaggio, risciacquare bene per eliminare ogni traccia di detergente, che potrebbe alterare il pH vulvare;
  • lavare con cura i genitali dopo l’attività sessuale ed emettere un po’ di urina per espellere subito eventuali microrganismi;
  • indossare biancheria intima di cotone o fibre naturali e non colorata;
  • non utilizzare salvaslip per molte ore al giorno e preferire le varianti di cotone;
  • evitare di indossare indumenti troppo stretti/aderenti a livello dei genitali;
  • evitare l’affaticamento eccessivo e lo stress di qualsiasi tipo;
  • consultare il medico quando compaiono perdite anomale, infiammazione, bruciore o prurito intimo che non passano nell’arco di 1-2 giorni o che si ripresentano periodicamente.