La candidosi vaginale è una problematica ginecologica molto diffusa in ogni parte del mondo: circa il 75% delle donne ne soffre almeno una volta nella vita e, in una quota non trascurabile di casi, dopo il primo episodio si sviluppano forme ricorrenti (definite dal riscontro di 4 o più episodi di candidosi nell’arco di 12 mesi), particolarmente difficili da prevenire e da trattare in modo definitivo con i farmaci in uso.
Negli ultimi anni, tuttavia, la situazione sta cambiando. Le conoscenze nell’ambito delle infezioni vulvovaginali da Candida spp. sono, infatti, considerevolmente aumentate, soprattutto in seguito alla pubblicazione di numerosi gli studi sul cosiddetto “asse intestino-microbiota-apparato urogenitale”, che stanno rivoluzionando il modo di considerare e approcciare molte patologie ginecologiche, aprendo nuove strade di trattamento.
A suscitare interesse sul fronte delle terapie è soprattutto la possibilità di gestire le patologie urogenitali attraverso la modulazione del microbiota intestinale, che può essere ottenuta assumendo preparati probiotici per bocca e sfruttando la capacità di comunicare e di influenzarsi reciprocamente delle comunità microbiche fisiologicamente residenti in questi due apparati.
L’asse intestino-microbiota-apparato urogenitale
«L’asse “intestino-microbiota-apparato urogenitale”», sottolinea in una video intervista pubblicata su Microbioma.it Filippo Murina, specialista in Ginecologia e Ostetricia dell’Ospedale dei Bambini “Vittorio Buzzi” di Milano, «e la possibilità di modulare il microbiota vaginale agendo opportunamente su quello intestinale sono temi molto attuali e stimolanti. Le conoscenze sempre più precise e approfondite di cui si dispone sull’ecologia microbica di questi due distretti dell’organismo femminile, ottenute grazie alle nuove tecniche di sequenziamento genico, consentono di avere una vera e propria “carta d’identità microbica” di queste nicchie. Ciò permette di impostare interventi in grado di agire in modo mirato per supportare o ripristinare l’equilibrio tra i diversi microrganismi residenti».
Da tempo, è noto che l’ecosistema della vagina è dominato dai batteri lattici (in particolare, i lattobacilli), che esercitano una funzione protettiva, contribuendo a mantenere in equilibrio il microbiota vaginale e a tutelare il benessere intimo femminile. Gli studi degli ultimi anni hanno dimostrato che questi stessi batteri sono presenti anche nell’intestino, nonché a livello dell’endometrio, della vescica urinaria e della placenta nella donna in gravidanza: tutti organi, questi ultimi, che, in passato, erano ritenuti sostanzialmente sterili, in assenza di patologie infettive. In aggiunta, oggi si sa che esiste una costante comunicazione tra i diversi microambienti: in presenza di un adeguato rapporto tra le specie batteriche e di una prevalenza di ceppi protettivi nelle varie nicchie, questa comunicazione contribuisce a mantenere in equilibrio gli ecosistemi microbici dell’intestino e dell’apparato urogenitale.
«La predominanza della componente lattobacillare nella vagina», precisa l’esperto, «si associa a una condizione di benessere, laddove una sua riduzione è tipica di situazioni di disagio vaginale di vario tipo. Il microbiota dell’intestino presenta una maggiore biodiversità rispetto a quello genitourinario, che può tradursi in situazioni di equilibrio (eubiosi) più variabili da persona a persona, in funzione di innumerevoli fattori interni ed esterni all’organismo. Tuttavia, anche in questo caso, una consistente presenza di lattobacilli e bifidobatteri si associa ad assetti intestinali più favorevoli, che possono essere sfruttati per migliorare anche il microbiota vaginale o del tratto urinario inferiore, contribuendo a contrastare le infezioni ricorrenti. Viceversa, quando uno di questi microbioti si destabilizza, si ottiene un “effetto domino” che induce disequilibri (disbiosi) anche nei microambienti degli organi adiacenti».
Patologie genitourinarie e disbiosi intestinali
«Le principali patologie ginecologiche che hanno una dimostrata connessione con il microbiota intestinale», spiega il dott. Murina, «comprendono le infezioni vulvovaginali ricorrenti, che possono svilupparsi dopo un primo episodio occasionale di candidosi e che interessano moltissime donne a livello globale, ma anche le vaginosi batteriche, che costituiscono un’altra frequente problematica infettiva dell’apparato genitale femminile, così come le infezioni che un tempo venivano definite “miste” e che, oggi, sono identificate come quadri di “vaginite aerobica” determinati dalla compresenza di germi aerobi e anaerobi, come Escherichia coli o gli streptococchi. Tutte queste condizioni sono accomunate da un’alterazione dell’equilibrio lattobacillare ed è stato evidenziato che l’intestino può fungere da “serbatoio” (reservoir) di batteri patogeni o, comunque, caratterizzati da un’azione sfavorevole per il distretto vaginale e urinario, inducendo o mantenendo veri e propri disastri ecologici».
In sostanza, la presenza di una disbiosi intestinale, anche modesta e asintomatica, può facilitare l’insorgenza di candidosi vaginale, vaginosi batterica o infezioni delle basse vie urinarie (in particolare, cistiti) e, di converso, una colonizzazione anomala a livello vaginale può destabilizzare l’ecosistema intestinale. «A livello vaginale», aggiunge lo specialista, «i batteri intestinali che riescono a colonizzare direttamente la mucosa e/o a favorire infezioni da parte di altri microrganismi, a causa della destabilizzazione dell’equilibrio vaginale che inducono, possono creare un rivestimento omogeneo e difficile da attaccare, il biofilm, che impedisce alla flora lattobacillare di attecchire, proliferare e mantenere una situazione microbica favorevole. Ciò costituisce la base per lo sviluppo di candidosi e vulvovaginiti ricorrenti, poiché il biofilm può ostacolare il ripristino di un pieno equilibrio vaginale dopo il trattamento antimicotico convenzionale e rendere l’ecosistema microbico più fragile e suscettibile a nuove colonizzazioni».
Candida vaginale e microbiota intestinale
«La candidosi vaginale», sottolinea il dott. Murina, «è un problema rilevante per la salute intima femminile, soprattutto quando si tratta di forme ricorrenti, che interessano fino all’8% delle donne. Benché la ricorrenza sia definita dal riscontro di almeno 4 episodi all’anno di candidosi vulvovaginale, in molti casi le donne che ne soffrono tendono a sperimentarla a cadenza quasi mensile, con uno significativo scadimento della qualità di vita».
I disagi fisici associati alle forme ricorrenti non si limitano ai tipici fastidi che caratterizzano i singoli episodi acuti, come intenso prurito e bruciore a livello vaginale e vulvare, irritazione, arrossamento e gonfiore delle mucose, presenza di secrezioni biancastre granulose più o meno abbondanti, dolore quando si urina o durante le manovre igieniche. «La colonizzazione ripetuta da Candida albicans», avvisa lo specialista, «predispone anche ad alterazioni della sensibilità dell’area vulvovaginale, soprattutto a livello dell’ingresso della vagina, e promuove lo sviluppo di una sindrome dolorosa severa, nota come vulvodinia, in grado di rendere molto difficoltosi e per nulla piacevoli i rapporti sessuali, interferendo pesantemente con la vita di coppia».
Per queste ragioni, è fondamentale riuscire a intervenire precocemente in modo efficace, fin dai primissimi episodi di candidosi vaginale, e interrompere questo circolo vizioso negativo.
Dal punto di vista patogenetico, la Candida si comporta un po’ da Dr. Jekyll e un po’ da Mr. Hyde. «Da un lato», spiega il dott. Murina, «questo lievito rappresenta un normale abitante della vagina e, in alcuni casi anche dell’intestino, dove si comporta da organismo commensale innocuo, in equilibrio con il resto del microbiota fisiologico. Dall’altro lato, in alcune circostanze particolari (per esempio, una riduzione delle difese immunitarie locali o generali dell’organismo), la Candida può inviare segnali molecolari negativi alla parete della vagina e innescare una sorta di “atopia” o di reazione pseudo-allergica, alla base della sintomatologia infiammatoria e dolorosa. Questa atopia e questa cascata infiammatoria possono svilupparsi anche nell’intestino, dove interferiscono con la funzione protettiva della barriera intestinale, favorendo l’attecchimento della Candida all’epitelio del colon. In questo modo, nell’intestino si forma una sorta di serbatoio di Candida, che può essere poi trasferita a livello vaginale e “alimentare” la candidosi ricorrente».
Per prevenire l’instaurarsi delle forme recidivanti, quindi, non si può agire soltanto a livello vaginale, ma si deve ottimizzare anche l’equilibrio del microbiota intestinale, attraverso opportune abitudini alimentari e igienico-comportamentali, ma anche con un approccio di integrazione basato su preparati probiotici di dimostrata efficacia contro le infezioni vaginali.
Probiotici per l’intestino: nuovo approccio anti-Candida
Alla luce delle conoscenze emerse negli ultimi anni sui microbioti dell’intestino e dell’apparato urogenitale e sulla loro capacità di comunicare e influenzarsi reciprocamente, continuare a chiamare “infezioni” le candidosi o le colonizzazioni vaginali sostenute da batteri di vario tipo appare fortemente riduttivo e poco utile ai fini dell’impostazione di un trattamento efficace.
«La Candida o altri microrganismi commensali presenti a livello urogenitale», spiega il dott. Murina, «possono dar luogo a vere e proprie infezioni nel momento in cui aggrediscono le mucose vaginali. Tuttavia, oggi sappiamo che la fisiopatologia di questi disturbi intimi femminili è molto più complessa ed è legata a un disequilibrio dell’ecosistema microbico e a un’attivazione di tipo infiammatorio, che è alla base anche di problematiche intestinali come le malattie infiammatorie croniche intestinali (IBD, Inflammatory Bowel Disease) e alcune forme di sensibilità al glutine (gluten sensitivity) con base pseudo-allergica, innescata da micro-quote di derivati del glutine che “violano” in qualche modo la barriera intestinale».
Questa consapevolezza, supportata da chiare evidenze di letteratura, deve indurre a riflettere su nuovi approcci terapeutici contro le candidosi vaginali ricorrenti, che agiscano anche sui fenomeni disbiotici e infiammatori che si instaurano nell’intestino. «Gli studi condotti e l’esperienza clinica maturata nel corso di vari decenni», prosegue lo specialista, «hanno, ormai, ben chiarito che cercare di curare queste affezioni vulvovaginali, candidosi in primis, basandosi soltanto su farmaci antimicotici locali o sistemici non è la strategia vincente poiché, in questo modo, si riesce a ridurre la quota di micete presente a livello vaginale e a tenerlo in una sorta di “stand by” di proliferazione, ma non a eradicarlo. Inoltre, si tratta di uno “stand by” molto fragile, con il lievito pronto a riattivarsi non appena le circostanze appaiono favorevoli per una nuova colonizzazione. È stato, infatti, osservato che protocolli semestrali o annuali di trattamento antimicotico portano quasi inevitabilmente a una recidiva di candidosi vaginale poco dopo la sospensione della terapia. La nuova strategia per contrastare in modo più efficace questi disturbi intimi femminili, quindi, deve sicuramente puntare a ridurre e mantenere bassa la quantità di micete in fase di attivazione con un approccio farmacologico antimicotico di breve durata (per esempio, con fluconazolo 150-200 mg, 3 volte alla settimana per una settimana), ma anche a “bucare” il biofilm patogeno dovuto all’adesione della Candida sulle mucose. Ciò può essere fatto attraverso l’utilizzo di prodotti contenenti microrganismi probiotici da assumere per bocca, che abbiano dato prova di poter colonizzare il distretto che fa da nicchia ecologica per il lievito, a livello sia vaginale sia intestinale».
Per essere certi di ottenere l’effetto desiderato, i probiotici da assumere per via orale devono contenere microrganismi in grado di sopravvivere alle mille intemperie che incontrano lungo il tratto gastrointestinale (pH acido gastrico, enzimi digestivi, sali biliari ecc.) e di arrivare vivi e vitali nell’intestino, dove è richiesta la loro azione riequilibrante e antinfiammatoria.
«Un buon ceppo probiotico, in grado di attecchire efficacemente sulla mucosa intestinale», sottolinea lo specialista, «può funzionare da “ariete” e permettere di scalzare la Candida dai siti di adesione, sovvertendo il meccanismo patogenetico. Sulla base dello stesso razionale, attualmente, si sta studiando l’n-acetilcisteina, una sostanza che è in grado di “bucare” il muco presente sulle pareti delle vie respiratorie, contrastando la formazione del biofilm da parte degli agenti patogeni coinvolti nelle affezioni polmonari e veicolando in quei punti microrganismi probiotici, come lattobacilli e bifidobatteri, che devono colonizzare la mucosa a scopo protettivo».
Lattobacilli e bifidobatteri sono notoriamente in grado di colonizzare l’intestino, ma per ottenere un’azione riequilibrante efficace contro le disbiosi intestinali e le candidosi vaginali è necessario seguire schemi posologici non improvvisati, ma basati sulla valutazione dei tempi di colonizzazione e di persistenza, prevedendo anche un periodo di mantenimento. «Per esempio», precisa il dott. Murina, «si deve pianificare un ciclo di trattamento d’attacco di 1-2 settimane, con assunzione quotidiana del probiotico, seguito da un ciclo di mantenimento con frequenza di assunzione più rarefatta, ma che consenta di garantire la persistenza della colonizzazione e dell’azione protettiva».
Conclusioni
Sulla base delle conoscenze attuali, l’approccio per contrastare la candidosi vulvovaginale ricorrente va rivista, ponendo l’accento sull’ottimizzazione dell’ecosistema microbico intestinale e vaginale, pur senza trascurare le terapie farmacologiche convenzionali, né il rispetto di buone norme igieniche (detersione intima adeguata, riduzione dell’umidità a livello genitourinario, uso di biancheria intima traspirante ecc.), il mantenimento di una dieta equilibrata per l’intestino e a basso contenuto glicemico (ma senza abolire i carboidrati perché comportamenti alimentari estremi non sono mai positivi per nessun distretto dell’organismo) e l’esecuzione regolare di attività fisica. L’insieme di tutti questi accorgimenti costituisce una strategia potenzialmente risolutoria per le donne afflitte da frequenti episodi di candidosi o altre comuni affezioni vaginali di natura batterica.