I cosiddetti dolcificanti artificiali non calorici, dall’inglese non-caloric artificial sweeteners (NAS), sono quei prodotti sostitutivi dello zucchero che in molti utilizzano proprio per la loro elevata intensità dolcificante a cui si associa un apporto calorico pressoché azzerato. A differenza di quello che si pensa, possono però essere la causa di modificazioni nell’equilibrio del microbiota intestinale.
Due sostanze, in particolare, possono persino alterare la tolleranza al glucosio, anche quando si utilizzano con estrema parsimonia.
A dimostrarlo è stato uno studio pubblicato sulla rivista internazionale Cell e condotto dai ricercatori del Weizmann Institute of Science, in Israele.
Effetti dei dolcificanti artificiali
Gli autori della ricerca hanno coinvolto 120 persone, età media circa 30 anni, per il 65% donne, tutti in buona salute, che sono stati suddivisi in sei gruppi: i primi quattro gruppi hanno assunto ciascuno, per tre volte al giorno, due bustine rispettivamente di aspartame, saccarina, sucralosio e stevia, il quinto ha ricevuto cinque grammi di glucosio, mentre il sesto non ha assunto nulla.
Tutti i partecipanti indossavano un rilevatore della glicemia e sono stati sottoposti a test per la rilevazione della glicemia nel sangue. Nell’arco dello studio, sono inoltre stati eseguiti prelievi di campioni di microbioma dalla cavità orale e dalle feci.
Infine, tutti i partecipanti avevano a disposizione un’App ad hoc sul cellulare per registrare in tempo reale il cibo assunto e l’attività fisica eseguita.
Nel loro complesso, i dati ottenuti hanno dimostrato che stevia, aspartame, saccarina e sucralosio non sono proprio del tutto “inerti”. Anzi, al contrario, i NAS hanno influito sugli equilibri del microbioma intestinale e orale e sui valori della glicemia, con alterazioni diverse da persona a persona in base alla composizione individuale del microbioma e al dolcificante utilizzato.
Ad esempio, nei gruppi che hanno assunto saccarina e sucralosio è stata registrata una modifica nella secrezione di insulina stimolata dal glucosio, che ha portato a un innalzamento dei valori della glicemia.
Informazioni, queste, che stanno spingendo i ricercatori a riflessioni sulla necessità di condurre nuovi studi con l’obiettivo di scoprire i meccanismi molecolari e le conseguenze sul microbioma legati al consumo di dolcificanti senza calorie per modificare, se necessario, le raccomandazioni dietetiche in particolare per chi soffre di obesità e di diabete.
Così aspartame & Co alterano la flora intestinale
Certo, non è la prima volta che ricercatori internazionali indagano il rapporto tra dolcificanti artificiali non calorici e microbiota e ad oggi sono diversi gli studi scientifici che ne hanno messo in luce l’influenza negativa sulla popolazione batterica intestinale.
Per esempio, lo studio coordinato dall’Università israeliana Ben-Gurion del Negev si è focalizzato su sei dolcificanti sintetici, e cioè aspartame, saccarina, sucralosio, acesulfame K (acesulfame di potassio), advantame e neotame, per approfondirne l’effetto sul microbiota intestinale.
Di questi, tre in particolare, aspartame, sucralosio e saccarina, sono risultati in grado di inibire significativamente i sistemi che i batteri usano per comunicare tra di loro, influenzando di conseguenza in modo negativo l’equilibrio della comunità microbica intestinale.
Cosa si può fare allora, in attesa di altri studi più approfonditi? Di sicuro, leggere le etichette dei prodotti, perché i NAS si trovano in bevande analcoliche, snack, caramelle senza zucchero e prodotti lattiero-caseari.
Attenzione però, perché i NAS sono indicati con diverse sigle: per esempio, E-951 è l’aspartame, E-954 è la saccarina, mentre E-955 è il sucralosio.