Bruciori, pesantezza, gonfiore, nausea: sono questi i sintomi che compaiono quando lo stomaco fa fatica a digerire.
Magari dopo un pranzo abbondante, oppure in un periodo di stress eccessivo. Un italiano su tre, secondo recenti indagini, ne soffre spesso.
La soluzione? Se succede ogni tanto può bastare un antiacido. E per prevenirlo è in genere sufficiente fare attenzione alla dieta, un po’ di attività fisica e tenere d’occhio anche il microbiota intestinale.
Non mangiare troppo
La prima cosa da evitare è il mangiare troppo. Il pasto ideale dovrebbe fornire dalle 400 alle 800 calorie, a seconda delle attività che si svolgono.
In generale però è meglio tenersi leggeri prima di un’attività fisica o mentale intensa. Fondamentale anche ripartire il cibo in diversi pasti: sono sufficienti tre pasti al giorno, con l’aggiunta di qualche spuntino, per soddisfare il fabbisogno quotidiano di 1.200-2.400 kcal.
Meglio poi mangiare a ore fisse, distanziando i pasti di almeno 3-4 ore in modo che lo stomaco abbia il tempo di lavorare con calma.
Anche il tipo di alimenti conta parecchio: alcuni richiedono tempi di digestione più lunghi. In questo processo poi è importante anche il livello di acidità dello stomaco, per cui non tutte le combinazioni di cibi sono corrette.
Le proteine contenute nella carne, del pesce e del formaggio hanno bisogno che l’ambiente acido dello stomaco attivi la pepsina, l’enzima responsabile della loro digestione. Gli amidi invece iniziano a essere digeriti già in bocca, mentre zuccheri come il saccarosio sono digeriti nell’intestino.
Da evitare quindi carboidrati e proteine di origine animale, perché la presenza di carboidrati nello stomaco diminuisce l’acidità e rende difficoltosa la digestione delle proteine. Da limitare il dolce a fine pasto, perché la presenza di proteine e amidi aumenta la permanenza degli zuccheri nello stomaco, dove fermentano e rendono incompleta la digestione di amidi e proteine.
La combinazione più deleteria è quella tra carne e latticini: la caseina del latte tende a inglobare le proteine contenute nella carne, impedendone la digestione. Sono micidiali infine i grassi, soprattutto se cotti: rallentano la digestione e ostacolano la demolizione delle proteine.
Attività fisica per digerire bene
L’attività fisica regolare, anche se moderata, è un vero toccasana per lo stomaco. Può bastare anche una passeggiata non troppo lunga né troppo stancante, dopo mangiato. Clima permettendo, perché se fa troppo caldo molto freddo è meglio evitare di mettersi in cammino subito dopo mangiato.
Spesso poi la cattiva digestione è associata a periodi di stress, in genere dovuti alle esigenze lavorative. Fondamentale quindi ridurre le tensioni, magari rallentando i ritmi di vita. Evitare di mangiare in fretta, magari il classico panino in piedi al bar.
Bisogna invece masticare lentamente, boccone dopo boccone, evitando di pensare ai problemi di lavoro quando si è a tavola.
Anche il modo di vestirsi è importante: mentre si mangia è utile non indossare indumenti troppo stretti, soprattutto le cinture che “strizzano” il girovita.
Quando preoccuparsi
Se la digestione è difficile dopo un pranzo abbondante non è niente di grave: basta un antiacido e il disturbo scompare. La situazione diventa preoccupante se i sintomi compaiono spesso, con mal di pancia improvvisi e persistenti, magari associati a mancanza di appetito, stipsi o diarrea. In questi casi è bene andare dal medico di famiglia e parlarne con lui.
Attenzione agli inibitori di pompa protonica
Alcuni farmaci, tra cui gli inibitori di pompa protonica (PPI) spesso impiegati da chi soffre di problemi digestivi, dispepsia e reflusso in particolare, possono causare un’alterazione del microbiota intestinale.
Una forma particolare di disbiosi intestinale è la SIBO (Small Intestinal Bacterial Overgrowth), nella quale i microrganismi di norma ospitati nel colon risalgono il canale intestinale e iniziano a moltiplicarsi nell’intestino tenue.
In condizioni fisiologiche, a scongiurare lo sviluppo di SIBO ci pensa il pH acido dello stomaco, poi i sali biliari e gli enzimi pancreatici presenti nel duodeno, infine la peristalsi, il sistema immunitario e la valvola ileo-cecale.
Quando uno o più di questi meccanismi protettivi viene meno (come nel caso di chi assume cronicamente inibitori di pompa protonica, con conseguente aumento del pH dell’intestino tenue) può instaurarsi la SIBO.
Microbiota, probiotici e problemi di digestione
Il microbiota intestinale svolge un ruolo significativo nella dispepsia funzionale, una condizione caratterizzata da sintomi di disturbo digestivo superiore, come dolore addominale, bruciore di stomaco, sensazione di pienezza e gonfiore, senza una causa organica identificabile.
Studi recenti hanno infatti evidenziato un’associazione tra disbiosi del microbiota intestinale e dispepsia funzionale
Uno squilibrio nella composizione del microbiota intestinale può contribuire all’infiammazione locale, influenzando la motilità gastrointestinale e l’ipersensibilità viscerale, che sono fattori chiave nella fisiopatologia della dispepsia
Inoltre, il microbiota intestinale può influenzare la regolazione del sistema immunitario e la produzione di neurotrasmettitori, come il 5-idrossitriptofano (serotonina), che sono coinvolti nella regolazione della motilità intestinale e nella percezione del dolore.
L’uso di probiotici sta emergendo come una strategia terapeutica promettente per la gestione della dispepsia funzionale. Alcuni probiotici possono infatti contribuire a ripristinare l’equilibrio del microbiota intestinale, ridurre l’infiammazione, migliorare la motilità gastrointestinale e modulare la sensibilità viscerale, portando a un sollievo dei sintomi della dispepsia.
Diversi studi hanno dimostrato che l’assunzione di specifici ceppi di probiotici, appartenenti alle specie Lactobacillus paracasei e Lactobacillus gasseri, può migliorare i sintomi della dispepsia funzionale e influenzare positivamente la composizione del microbiota intestinale
Questi risultati confermano quindi che il microbiota intestinale svolge un ruolo chiave nella fisiopatologia della dispepsia e che la modulazione del microbiota tramite l’uso di probiotici può essere un’opzione terapeutica efficace.