Nel mondo la celiachia interessa un individuo su 150. I più colpiti sono i bambini tra i 4 e gli 8 anni e gli adulti tra i 25 e i 35 anni. In età pediatrica ci sono circa il 30 per cento di casi, il 70 per cento sono adulti. La celiachia è più frequente nelle donne rispetto agli uomini, con un rapporto 3:1.
La familiarità aumenta del 10 per cento il rischio di sviluppare la malattia e molte patologie autoimmuni, più frequenti nel sesso femminile, come le malattie tiroidee autoimmuni, si associano alla celiachia nel 5-10 per cento dei casi.
In Italia si calcola, però, che circa 6 celiaci su 10 non vengono diagnosticati. Secondo i dati forniti dalla “Relazione annuale al Parlamento sulla celiachia – Anno 2018” del Ministero della Salute, il numero dei pazienti che hanno ricevuto una diagnosi di celiachia è pari a 214.239 (di cui 150.919 femmine), mentre il numero teorico complessivo dei celiaci sarebbe pari a 600.000 persone, dei quali circa 400.000 non ancora consapevoli di esserlo.
Cosa succede quando l’intolleranza al glutine non viene diagnosticata? Dalla celiachia non si guarisce, ma ci si può convivere. Essenziale però è la diagnosi precoce, perché se non curata può avere conseguenze importanti, per esempio sull’apparato osteoarticolare e sulla fertilità. Molti di coloro che non sanno di avere questa patologia rischiano quindi una diagnosi tardiva quando le complicanze sono già presenti.
Allo stesso tempo, però, è fondamentale non escludere il glutine dalla propria alimentazione prima di essere certi della diagnosi. Eliminarlo a causa di una sospetta sensibilità al glutine può infatti mascherare i sintomi della celiachia, esponendo la salute a rischi anche gravi.
Che cos’è l’intolleranza al glutine
La celiachia è una malattia infiammatoria cronica dell’intestino scatenata, nelle persone geneticamente predisposte, dal consumo di alimenti contenenti glutine. Il consumo di cereali contenenti questo complesso proteico determina infatti uno stato di infiammazione intestinale a causa di una reazione anomala del sistema immunitario. La parete intestinale viene così danneggiata e l’assorbimento dei nutrienti viene compromesso.
Questa patologia autoimmune non deve essere confusa con un altro problema, la sensibilità al glutine non celiaca. Sempre più persone si lamentano di soffrire di questo disturbo; tuttavia, molti esperti sollevano forti dubbi sulla sua reale esistenza. Di fatto, oggi la sensibilità al glutine non celiaca è considerata una sindrome in cui l’assunzione di glutine scatena sintomi avversi in persone in cui siano state escluse sia la malattia celiaca sia l’allergia al grano.
La celiachia è invece una malattia ampiamente riconosciuta che si può manifestare a qualsiasi età con una sintomatologia variabile e che può essere contrastata solo eliminando dalla dieta tutti gli alimenti contenenti glutine.
Anche chi soffre di sensibilità al glutine non celiaca riporta un miglioramento dei sintomi in seguito all’eliminazione del glutine dalla sua alimentazione. È quindi importante sapere, in caso di intolleranze al glutine, cosa mangiare e cosa invece evitare e in quali alimenti si trova il glutine. Oltre che in grano, farro, orzo, segale, kamut, spelta e in tutti gli alimenti prodotti con le farine di questi cereali (come pasta, pane, biscotti, cracker, grissini), il glutine si trova per esempio anche nel seitan, nel cous cous, nella crusca, nel bulgur e nel malto. Il glutine viene anche usato allo stato puro dall’industria alimentare perché rende meno difficoltosa la lavorazione delle farine, permettendo di ottenere un impasto viscoso ed elastico che garantirà la consistenza e la croccantezza tipica del pane e dei prodotti da forno.
Quali sono invece i cereali senza glutine? E quali sono quindi le farine senza glutine? Riso, mais, miglio e grano saraceno ne sono privi. Anche l’avena non ha il glutine, ma è stata a lungo considerata ad alto rischio di contaminazione; oggi però è stato dato il via libera all’utilizzo nei prodotti senza glutine, purché il produttore ne garantisca la purezza. Lo stesso discorso vale per i legumi: non contengono glutine, ma possono essere contaminati nel processo produttivo da altri semi e perciò si consiglia di controllare che sia presente la dicitura “gluten-free” prima dell’utilizzo. Attenzione anche ai prodotti industriali apparentemente senza glutine, per esempio il cioccolato, i salumi, i piatti pronti: possono contenerlo in forma “nascosta”. Anche in cucina è necessario non contaminare gli alimenti, utilizzando contenitori e stoviglie (mestoli, scolapasta, mattarelli ecc.) separati.
In farmacia, nei negozi specializzati e nei supermercati sono disponibili moltissimi prodotti dietetici sostitutivi: pane, torte, biscotti, pasta, piatti pronti, surgelati, pizze, cereali, snack ideali anche per una colazione senza glutine, tutti prodotti contrassegnati dal simbolo della spiga sbarrata attribuita dall’Associazione Italiana Celiachia (AIC), che sta a indicare l’assenza di glutine.
Gli alimenti che invece non contengono naturalmente questo complesso proteico sono carne, pesce, frutta, verdura, uova, latte, patate.
In ogni caso, è bene ricordare che chi sospetta di soffrire di un’intolleranza al glutine deve assolutamente evitare di privarsi di propria iniziativa degli alimenti vietati ai celiaci. Prima di farlo è fondamentale discutere dei sintomi di cui si soffre con il proprio medico, che saprà indicare come comportarsi per arrivare a capire con quale tipo di problema si ha a che fare e a escludere, prima di tutto, la possibilità che si tratti di celiachia.
I sintomi dell’intolleranza al glutine
Celiachia e sensibilità al glutine non celiaca possono manifestarsi in modo simile. Tuttavia, solo la prima è caratterizzata dalla tipica degenerazione della parete dell’intestino, con scomparsa dei villi (ripiegamenti verso l’esterno della mucosa) necessari per il corretto assorbimento dei nutrienti. Proprio per questo le manifestazioni tipiche della celiachia comprendono perdita di peso, diarrea e carenze nutritive. Negli adulti però la celiachia si manifesta con una forma atipica caratterizzata da sintomi non riguardanti l’apparato digerente, come per esempio debolezza muscolare, dolori ossei, alterazioni cutanee, afte ecc. Esiste anche una forma silente: in questo caso la celiachia è asintomatica nonostante la presenza di una compromissione della mucosa intestinale.
I sintomi extraintestinali sono molto frequenti anche in caso di sensibilità al glutine non celiaca: debolezza, malessere generale, ansia e depressione, mente annebbiata, cefalea, dolori ai muscoli e alle articolazioni, intorpidimento degli arti, eruzioni cutanee, asma e rinite sono tutti disturbi inclusi nell’articolato quadro sintomatologico riportato da chi, pur non essendo celiaco, riporta fastidi associati all’assunzione di glutine.
I sintomi sull’organismo
Osteoporosi e osteopenia (ovvero l’indebolimento delle ossa), e in generale la diminuzione della massa minerale ossea, sono frequenti nei pazienti (e soprattutto nelle pazienti) celiaci. Coloro che non vengono trattati hanno fratture spontanee che si verificano precocemente e più frequentemente rispetto alla popolazione generale. Il problema è peggiore nelle donne in menopausa, per la carenza di estrogeni, che va a sommarsi al malassorbimento intestinale di calcio e vitamina D. Una dieta senza glutine, insieme alla terapia propria dell’osteoporosi e al movimento, riduce il rischio di fratture.
Per quanto riguarda in particolare le donne in età fertile, fra i problemi di salute dovuti alla celiachia che vanno al di là dei disturbi gastrointestinali sono inclusi l’infertilità e gli aborti spontanei.
Inoltre, la metà dei pazienti celiaci presenta anemia: nell’80 per cento dei casi si tratta di anemia sideropenica (ossia da carenza di ferro). Anche in questo caso il rischio è maggiore per la donna a causa delle perdite di sangue connesse al ciclo mestruale. E anche in questo caso le cause sono il malassorbimento intestinale di ferro e l’infiammazione: alcune molecole infiammatorie favoriscono la produzione di un ormone (epcidina) che “sequestra” il ferro e riducono la secrezione dell’eritropoietina, che promuove la formazione dei globuli rossi. In questo caso, l’unica terapia efficace per l’intolleranza al glutine è la dieta priva di questo complesso proteico.
Infine, la sintomatologia della celiachia può comprendere anche stanchezza cronica, transaminasi alte, anoressia nervosa, epilessia e altre patologie neurologiche (per esempio polineurite).
Fatta eccezione per la stanchezza, in genere chi lamenta una sensibilità al glutine non celiaca non ha di questi problemi. Oltre ai sintomi extraintestinali già citati, i disturbi con cui hanno a che fare queste persone includono:
- dolore addominale ed epigastrico
- nausea e bruciore allo stomaco
- eruttazioni, meteorismo, flatulenza e borborigmi
- ridotta consistenza delle feci, diarrea, urgenza alla defecazione, oppure stipsi e sensazione di evacuazione incompleta.
Intolleranza al glutine: i sintomi sulla pelle
Le intolleranze al glutine hanno sintomi anche extra-intestinali, tra cui quelli cutanei. In particolare, la celiachia può essere associata a:
- alopecia areata soprattutto negli uomini
- orticaria ricorrente
- vasculite cutanea (malattia autoimmune che danneggia i capillari della pelle e si manifesta con orticaria, eritema, petecchie, papule, vescicole ecc).
Tra le malattie autoimmuni, la dermatite erpetiforme (caratterizzata dalla comparsa di eritema, ponfi, vescicole, prurito su gambe e braccia, nuca, glutei) colpisce il 10 per cento circa delle persone celiache, soprattutto i maschi. Oltre alla dieta senza glutine, la terapia prevede trattamenti farmacologici ad hoc.
La celiachia può causare anche disturbi alle mucose, come afte della bocca, glossite (infiammazione della lingua) e stomatite (infiammazione della mucosa orale), causate dal malassorbimento di vitamine.
Anche la sensibilità al glutine non celiaca può essere associata a problemi alla pelle e alle mucose. Spesso chi ne soffre attribuisce al glutine sia la comparsa di eruzioni cutanee sia, come può avvenire in caso di celiachia, di afte della bocca.
I sintomi dell’intolleranza al glutine nei bambini
Oggi i pazienti con i sintomi classici della celiachia vengono riconosciuti molto velocemente: nei bambini a volte la diagnosi viene fatta anche prima di un anno di vita se i sintomi si presentano durante lo svezzamento, quando si iniziano a proporre pappe a base di cereali, pastina, semolino, biscotti, ovvero tutti alimenti contenenti glutine. La celiachia nei bambini si manifesta soprattutto con l’arresto della crescita (e ritardo nello sviluppo puberale) e con un calo ponderale, e con sintomi – che non migliorano – come vomito, diarrea cronica, addome gonfio, ma anche stitichezza, irritabilità, insonnia, stanchezza, mal di testa, dolori articolari, dermatite, afte e anemia non corretta dall’assunzione di ferro.
Altri disturbi che possono far sospettare la presenza di celiachia sono il rachitismo e problemi dello sviluppo puberale, incluso il ritardo della comparsa della prima mestruazione.
Anche nel caso dei più piccoli, è bene non escludere il glutine dall’alimentazione di propria iniziativa. Infatti una corretta diagnosi di celiachia è fondamentale per garantire ai bambini uno sviluppo sano.
Differenze tra celiachia e allergia al glutine
Molte persone con disturbi intestinali sospettano di essere celiache o di soffrire di una sensibilità al glutine non celiaca, ma spesso sono afflitte da sindrome del colon irritabile.
Esiste anche un’ulteriore, meno diffusa, possibilità e cioè l’allergia al grano, che non ha nulla a che vedere con la celiachia in quanto è causata da una reazione immunitaria diversa da quella che finisce per danneggiare l’intestino dei celiaci.
Anche in questo caso la sintomatologia può essere variabile ed è causata dall’azione di specifici anticorpi diretti contro le gliadine insolubili presenti nel frumento. L’incidenza di questa patologia nella popolazione mondiale è pari a circa lo 0,4% e si manifesta soprattutto in età pediatrica.
I disturbi si sviluppano da pochi minuti a poche ore dopo aver mangiato l’alimento che scatena l’allergia e possono essere respiratori (rinite, asma) o cutanei (orticaria, eczemi), ma in alcuni casi si possono manifestare anche reazioni anafilattiche.
Il test per l’intolleranza al glutine
Come scoprire l’intolleranza al glutine? In caso di sintomi sospetti, bisogna parlarne col medico di famiglia o col pediatra che esamineranno il quadro clinico e quindi prescriveranno specifici esami che hanno l’obiettivo principale di confermare o escludere un’eventuale celiachia. È questo, infatti, il primo passo fondamentale per non incorrere in terapie sbagliate o inutili. I test vanno effettuati prima di iniziare una dieta priva di glutine e, come detto, si deve sospettare questa patologia non solo di fronte a sintomi classici come dolori addominali, diarrea e gonfiore, ma anche in presenza di sintomi che un tempo non venivano ricondotti alla celiachia, come astenia cronica, anemia, poli-abortività, dermatite, aumento delle transaminasi, cefalea, osteoporosi precoce. Tuttavia, solo la presenza di alterazioni della parete intestinale permette di confermare la diagnosi. Qualora non fosse presente, il disturbo con cui si ha a che fare può al massimo essere inquadrato come sensibilità al glutine non celiaca.
La diagnosi di celiachia si può effettuare attraverso alcuni esami di laboratorio con metodiche validate, come per esempio la ricerca di specifici anticorpi prodotti dall’organismo e indicativi dell’intolleranza al glutine:
- gli anticorpi IgA e IgG anti-transglutaminasi (tTG) (cioè diretti verso enzimi intestinali)
- gli anticorpi IgA e IgG anti-endomisio (EMA) (cioè diretti verso l’endomisio, un sottile strato di tessuto connettivo che ricopre le fibre muscolari dell’intestino)
- gli anticorpi anti-gliadina (cioè diretti verso alcuni componenti dei cereali).
Questi esami si effettuano con un semplice prelievo di sangue. I protocolli attuali prevedono l’esecuzione del dosaggio delle IgA totali e anti-transglutaminasi seguito, in caso di positività, dal dosaggio delle IgA anti-endomisio.
Se i test danno esito negativo, il paziente non è effetto da celiachia. In assenza di sintomi che portino a sospettare la presenza di altre patologie, i disturbi possono essere ricondotti a una più generica sensibilità al glutine non celiaca. Se l’esito è positivo (in particolare per gli anticorpi anti-endomisio), invece, la probabilità di celiachia è elevata.
In ogni caso, se i test del sangue risultano positivi, nell’adulto la conferma della diagnosi viene solo dalla biopsia duodenale, che serve per valutare eventuali modificazioni della mucosa provocate dalla malattia.
L’esame prevede il prelievo di minuscoli frammenti di mucosa intestinale, poi esaminati in laboratorio. La celiachia modifica la mucosa intestinale appiattendo i villi: l’esame citologico permette quindi di confermare con certezza assoluta la celiachia.
In futuro, la biopsia tradizionale, che è un esame invasivo, potrebbe non essere più necessaria: sono state condotte ricerche interessanti sulla cosiddetta “biopsia liquida”, un esame del sangue che predice la presenza del danno alla mucosa intestinale e che viene utilizzato in oncologia, ma potrebbe essere applicato anche alla celiachia.
Nei bambini e negli adolescenti, invece, le linee guida dell’European Society for Paediatric Gastroenterology, Hepatology and Nutrition (ESPGHAN) non prevedono l’obbligo di biopsia per confermare la diagnosi. In caso di sintomi sospetti, il test da effettuare è il dosaggio degli anticorpi IgA totali e anti-transglutaminasi. In caso di IgA totali basse, è indicata la ricerca degli anticorpi IgG anti-transglutaminasi, anti-endomisio o anti-gliadina.
La biopsia è invece riservata ai casi in cui il test delle IgA anti-transglutaminasi è positivo ma i valori non sono almeno 10 volte superiori rispetto alla norma, per escludere il rischio di una falsa diagnosi.
È stato sviluppato per diagnosticare le intolleranze al glutine anche un test rapido da effettuare in farmacia: è sufficiente una goccia di sangue, prelevata dal polpastrello di un dito, per rilevare la presenza di anticorpi anti-transglutaminasi di tipo A.
Se il risultato è positivo, bisogna comunque rivolgersi al medico per effettuare gli esami del sangue per ricercare gli altri tipi di anticorpi e, se necessario, sottoporsi a biopsia intestinale. Un risultato negativo, però, non esclude con certezza la celiachia perché c’è una percentuale piccola di pazienti che risulta falsamente negativa agli anticorpi anti-transglutaminasi.
Perciò, se ci sono sintomi tipici e prolungati, bisogna in ogni caso rivolgersi al medico. Attenzione anche a sottoporsi al test se si è asintomatici ma in famiglia ci sono persone celiache: la positività agli anticorpi anti-transglutaminasi può anche essere solo indice di predisposizione allo sviluppo della malattia, ma non essere la prova della sua presenza.
Sempre in relazione alla familiarità, i centri diagnostici propongono anche un test genetico per individuare persone a rischio di sviluppare la celiachia: si tratta ancora di un prelievo di sangue e si basa sulla ricerca di alterazioni del DNA che provocano la presenza sulla membrana delle cellule del sistema immunitario di due molecole, denominate DQ2 e DQ8, associate alla malattia celiaca.
Le Linee Guida Ministeriali per la diagnosi della Celiachia consigliano l’esecuzione di questo test sui pazienti con esiti dubbi o discrepanti dei test per rilevare gli anticorpi e/o della biopsia e sui loro familiari di primo grado, per identificare coloro che hanno un rischio maggiore o minore di sviluppare la malattia. Non è un test diagnostico, ma un test di suscettibilità.