Anche se viene chiamata “vitamina”, la vitamina D non è propriamente tale, per almeno due ragioni. Innanzitutto perché, pur essendo essenziale per la salute e il corretto funzionamento dell’organismo, la vitamina D non deve essere per forza assunta dall’esterno attraverso i cibi o integrazioni mirate per soddisfare il fabbisogno giornaliero (come invece avviene per le altre vitamine), poiché in persone sane la maggior parte della vitamina D necessaria è prodotta dalla pelle esposta al sole.
In secondo luogo, perché le funzioni della vitamina D vanno ben al di là di quelle delle comuni vitamine (che agiscono principalmente come cofattori enzimatici nelle reazioni metaboliche o come antiossidanti), risultando in molti casi assimilabili a quelle di un ormone, ossia di una sostanza capace, per definizione, “di stimolare una o più funzioni o attività organiche e di regolare o almeno influenzare l’equilibrio di importanti fenomeni vitali, come l’accrescimento, il differenziamento, i processi metabolici, il tono neurovegetativo”.
Ma più precisamente, la vitamina D a cosa serve? E la mancanza vitamina D che cosa può comportare? Quando la vitamina D è bassa, come fare per integrarla? Cambia qualcosa se la carenza di vitamina D riguarda bambini, adulti, anziani o donne in gravidanza? Scopriamolo insieme.
A cosa serve la vitamina D
Sono circa 1 miliardo le persone nel mondo che presentano una carenza di vitamina D, un deficit diffuso soprattutto tra gli anziani.
È un problema di salute globale causato principalmente da un’esposizione insufficiente alla luce solare. Una grave carenza di vitamina D può arrivare a provocare rachitismo nell’infanzia/adolescenza e osteomalacia in età adulta, un disordine del metabolismo scheletrico che comporta fragilità ossea. Per la sua sintesi sono necessarie, da un lato, la luce solare e, dall’altro, una buona funzionalità renale ed epatica. La vitamina D può, però, essere assunta anche con la dieta.
Oltre al suo ruolo fondamentale nel consentire un normale assorbimento e utilizzo di calcio e fosforo e nel mantenere ossa (e denti) normali, la vitamina D nel corso dei decenni ha dimostrato di svolgere innumerevoli altre funzioni favorevoli per l’organismo. In particolare:
- contribuisce alla normale funzione del sistema immunitario
- contribuisce a mantenere normali livelli di calcio nel sangue
- interviene nel processo di divisione cellulare
- contribuisce alla normale funzione muscolare.
All’origine della carenza di vitamina D, le cause principali comprendono:
- impossibilità di esporsi al sole e di passare un tempo sufficiente all’aria aperta (per esempio nel caso di anziani allettati per lunghi periodi, persone con mobilità ridotta, fotosensibilità o aumentato rischio di tumori della pelle ecc.);
- assunzione di farmaci che alterano l’assorbimento o il metabolismo della vitamina D (lassativi, antibiotici ecc.) o che causano fotosensibilizzazione e conseguente necessità di limitare l’esposizione ai raggi solari;
- presenza di insufficienza renale (specie, se è necessaria la dialisi) o epatica severe, disturbi alimentari, gravi intolleranze o patologie intestinali croniche associate a malassorbimento (per esempio, colite ulcerosa o malattia di Crohn);
- dieta vegetariana o vegana;
- obesità;
- malassorbimento intestinale conseguente a chirurgia bariatrica contro l’obesità grave o a interventi di resezione intestinale.
Carenza di vitamina D: i sintomi
Una condizione di modesta carenza di vitamina D non causa sintomi evidenti e questo spiega perché i deficit di vitamina D, molto diffusi in persone di ogni età in tutto il mondo, spesso non vengono diagnosticati né compensati in modo opportuno. Segni e sintomi si manifestano soltanto quando la carenza di vitamina D è severa e protratta.
Quando la vitamina D è bassa, i sintomi possibili comprendono dolore alle ossa e alle articolazioni, dolori e debolezza muscolari (soprattutto se è presente anche un deficit di calcio, elemento importante per la corretta contrazione muscolare), fragilità ossea e maggiore propensione alle fratture, anche in seguito a traumi modesti.
Se molto grave, la carenza di vitamina D può dare sintomi neurologici e neuromuscolari, come contrazioni muscolari involontarie, difficoltà di concentrazione e confusione mentale, debolezza e stanchezza non giustificate, ansia e disturbi del sonno.
Carenza di vitamina D: le conseguenze
Cosa comporta la carenza di vitamina D? Le conseguenze che può avere sulla salute dipendono sia dall’età della persona interessata sia dall’entità del deficit presente.
Innanzitutto, l’associazione tra carenza di vitamina D e alcune malattie ossee, come rachitismo, osteomalacia e osteoporosi, è ben riconosciuta. Va, tuttavia, ricordato che questo deficit non colpisce soltanto l’apparato scheletrico: negli anni, è emerso infatti che la carenza di vitamina D si associa anche ad altre condizioni. Tra queste abbiamo:
- patologie cardiovascolari: malattie cardiovascolari, dilatazione aortica, ipotensione ortostatica;
- patologie respiratorie: bronchiectasie, asma, fibrosi cistica, bronchiolite, apnea ostruttiva del sonno;
- patologie gastrointestinali: malattie infiammatorie intestinali, epatite cronica, cirrosi epatica, pancreatite;
- patologie neurologiche: sclerosi multipla, miastenia grave, meningomielocele, depressione;
- patologie muscolo-scheletriche: debolezza muscolare, artrosi, artrite reumatoide, artrite giovanile;
- patologie metaboliche: sindrome metabolica, diabete mellito, nefropatia diabetica, infertilità maschile, malattia renale cronica;
- tumori: a carico di seno, colon-retto, ovaio, polmone, prostata;
- patologie della pelle: psoriasi, lupus eritematoso sistemico, eczema.
Carenza vitamina D in gravidanza
La carenza di vitamina D è frequente in gravidanza e va tenuta sotto controllo soprattutto perché può causare conseguenze anche severe sia per la donna sia per il feto, come ad esempio la preeclampsia.
La preeclampsia è una sindrome caratterizzata da ipertensione che insorge dopo la ventesima settimana di gravidanza e dalla presenza, singola o in associazione, di segni clinici quali edema (gonfiore a mani, piedi e collo) e proteinuria (perdita di proteine nelle urine). Se non riconosciuta e non trattata in modo appropriato, la preeclampsia può causare distacco della placenta e parto pretermine, con possibili problemi per il neonato.
In presenza di dimostrata carenza di vitamina D, una integrazione mirata può anche aiutare a prevenire il sottopeso del neonato: una carenza di questa vitamina nella madre, infatti, si riflette in una sua carenza nel latte materno, l’unico alimento del bambino nei suoi primi mesi di vita se viene allattato al seno in via esclusiva.
Tale situazione può determinare problemi per il bambino, come rachitismo e convulsioni, ma anche aumentato rischio di infezioni del tratto respiratorio inferiore e di diabete di tipo 1.
Il medico curante saprà fornire i migliori consigli, su base personalizzata, per definire la necessità e le modalità di una eventuale supplementazione.
Carenza vitamina D nei giovani
Anche nei giovani adulti evitare una carenza di vitamina D è importante per mantenere il più a lungo possibile ossa normali. Benché apparentemente statico, infatti, l’osso è un organo estremamente dinamico, soggetto a un continuo rimodellamento, risultante dalla costante demolizione dell’osso già presente accoppiata alla simultanea sintesi di nuovo tessuto osseo.
Questo rimodellamento, particolarmente intenso durante l’accrescimento, prosegue per tutta la durata della vita. Perciò, è importante che anche i giovani assumano alimenti ricchi di vitamina D, si espongano regolarmente al sole per indurre la pelle a sintetizzare la vitamina D e rimuovano le altre cause di impoverimento osseo, prima tra tutte il fumo (che riduce la sintesi di nuovo osso) e l’alcol (che diminuisce l’assorbimento intestinale di calcio e ne aumenta la perdita urinaria, oltre ad alterare i livelli degli ormoni che regolano il metabolismo osseo).
Carenza vitamina D nei bambini
La carenza di vitamina D nei bambini può iniziare fin dal primo anno di vita, soprattutto se nutriti con solo latte materno e in quelli che, durante l’infanzia/adolescenza, presentano difficoltà digestive e/o intolleranze alimentari oppure disturbi intestinali che impediscono di mantenere una sufficiente varietà della dieta e il corretto assorbimento dei nutrienti.
La carenza di vitamina D nei bambini, quando è grave e non prontamente compensata, si manifesta principalmente con rachitismo, una condizione caratterizzata da ossa fragili, molli e deformità scheletriche (gambe incurvate a sciabola, anomalie costali ecc.), accompagnate da dolore osseo, crescita stentata, rallentato sviluppo, spasmi muscolari, convulsioni, cardiomiopatia e alterazioni dentali.
Diffuso anche nei Paesi occidentali fino ai primi decenni del ‘900, oggi il rachitismo è molto raro sia nei lattanti (nei quali vengono previste integrazioni di vitamina D) sia nei bambini che seguono una dieta varia e completa e che possono passare un tempo sufficiente all’aria aperta.
Il rischio di svilupparlo è maggiore per esempio nei bambini con pelle scura (che necessita di un maggiore stimolo solare per produrre adeguate quantità di vitamina D), in chi viene allattato al seno in via esclusiva molto a lungo (per esempio, un anno o più) e nei nati sottopeso.
Una particolare attenzione alla possibile carenza di vitamina D nei bambini va posta quando i genitori scelgono di somministrare una dieta vegetariana o vegana per lunghi periodi ai figli. In questi casi, è indispensabile chiedere il supporto del pediatra per garantire ai bambini l’assunzione di tutti i micronutrienti necessari per la crescita, compresa la vitamina D.
Cosa fare in caso di vitamina D bassa?
Dopo aver verificato, attraverso opportuni esami del sangue, che c’è una carenza di vitamina D, cosa fare? Innanzitutto, ci si deve rivolgere al medico per capire quanto è grave il deficit di vitamina D e quali interventi sono necessari per compensarlo, tenuto conto dell’età, del sesso, dello stato di salute generale e delle abitudini di vita.
A riguardo, un aspetto cruciale da ricordare è che contro la carenza di vitamina D, la pelle è la prima alleata, dal momento che circa il 90% del fabbisogno dell’organismo di questo composto prezioso può essere soddisfatto attraverso l’esposizione al sole moderata e regolare. Per permettere alla pelle di produrre vitamina D in quantità sufficienti, basta esporre alla luce diretta del sole (senza applicare filtri solari) viso, collo, braccia e parte delle gambe per circa 10-15 minuti al giorno, scegliendo le ore meno calde della giornata in primavera-estate (ossia, prima delle 11.00 del mattino e dopo le 16.00-17.00 nel pomeriggio) e le più luminose in autunno-inverno (tra le 10.00 e le 16.00).
Un’esposizione di questo tipo è generalmente considerata vantaggiosa e sicura, in un’ottica di prevenzione dei tumori della pelle in persone non a rischio, mentre potrebbe essere controindicata in chi ha già avuto o ha familiarità per melanoma o altri tutori cutanei oppure presenta una pelle particolarmente delicata/fotosensibile. Nel dubbio, chiedere consiglio al medico o al dermatologo di fiducia.
Ma per prevenire e contrastare la carenza di vitamina D, cosa mangiare? Diciamo subito che la quantità di vitamina D presente negli alimenti comunemente assunti con la dieta è abbastanza modesta e non tale da sopperire, da sola, al fabbisogno giornaliero dell’organismo.
Dal momento che la vitamina D è un composto liposolubile (ossia che si concentra nelle parti grasse), per cercare di ottenere il massimo quantitativo di vitamina D dagli alimenti, si devono consumare regolarmente pesci come salmone, tonno, aringa, sgombro, sardine, merluzzo, trota ecc., latte e yogurt interi, burro e formaggi grassi (se non controindicati a causa di problemi metabolici o cardiovascolari o per la necessità di seguire una dieta ipocalorica), uova, funghi.
Il fegato di animali e l’olio di fegato di pesce sono molto ricchi di vitamina D, ma la loro assunzione frequente non è consigliabile, se non in situazioni particolari.
In commercio, esistono da tempo anche molti alimenti arricchiti di vitamina D (di norma, con aggiunta anche di calcio) che possono contribuire a soddisfare il fabbisogno giornaliero: si tratta soprattutto di latte e bevande vegetali sostitutive (di soia, avena ecc.), succo d’arancia, cereali per la colazione, margarina.
Qualora fosse presente una carenza di vitamina D severa, in persone con osteoporosi accertata o fratture patologiche pregresse e in particolari situazioni cliniche, il medico potrà prescrivere l’assunzione di integratori alimentari a base di vitamina D oppure supplementazioni farmacologiche ad alto dosaggio, da assumere per bocca o con iniezioni.
Vitamina D e microbiota intestinale
Una carenza di vitamina D può avere diversi effetti anche sul microbiota intestinale e sulla barriera intestinale:
La carenza di vitamina D può infatti alterare la composizione del microbiota intestinale, influenzando negativamente l’equilibrio tra batteri benefici e batteri dannosi. Questo squilibrio nel microbiota può contribuire allo sviluppo di condizioni infiammatorie e immunologiche.
Inoltre è stato osservato che la vitamina D è coinvolta nella regolazione dell’integrità della barriera intestinale. Il segnale della vitamina D e del recettore della vitamina D (VDR) svolge un ruolo importante nel mantenimento dell’integrità dell’epitelio intestinale regolando l’espressione delle giunzioni strette (tight junctions) e delle giunzioni aderenti (adherent junctions). Quando questa barriera è compromessa e i batteri ottengono accesso alla lamina propria, la vitamina D influisce anche sull’attivazione e soppressione del sistema immunitario innato e adattativo in questo sito.
Secondo gli scienziati è possibile che alcuni degli effetti clinici della carenza di vitamina D siano mediati dal microbiota intestinale.
La ricerca ha evidenziato che la carenza di vitamina D può influenzare la composizione e la funzione del microbiota intestinale, che a sua volta può avere un impatto sulla salute generale e sul sistema immunitario dell’ospite.
Il microbiota intestinale svolge un ruolo cruciale nella regolazione dell’infiammazione, dell’immunità e della salute generale dell’ospite. Alterazioni nella composizione del microbiota intestinale, causate dalla carenza di vitamina D, possono contribuire allo sviluppo di condizioni infiammatorie e immunologiche.
Pertanto, è plausibile che il microbiota intestinale agisca come mediatore degli effetti clinici della carenza di vitamina D, influenzando la risposta infiammatoria e immunitaria dell’organismo. Ulteriori ricerche sono necessarie per comprendere appieno i meccanismi sottostanti a questa relazione e per valutare le implicazioni terapeutiche potenziali.
In sintesi, una carenza di vitamina D può influenzare negativamente sia il microbiota intestinale che l’integrità della barriera intestinale, contribuendo potenzialmente allo sviluppo di condizioni infiammatorie e immunologiche.