L’apparato gastrointestinale è l’interfaccia che l’organismo utilizza per assorbire i nutrienti introdotti con la dieta. Ma alcune delle sostanze che arrivano dall’ambiente esterno possono essere dannose e devono essere respinte o neutralizzate. 

Per evitare che questi elementi lesivi entrino nel circolo sanguigno e causino effetti tossici o vere e proprie patologie, accanto alla capacità assorbente, è necessario che l’intestino disponga di difese fisiche e immunitarie adeguate. 

A giocare un ruolo fondamentale nel delicato equilibrio tra queste necessità di interazione e di protezione è la barriera intestinale. Ma quali sono esattamente le funzioni di questa struttura spesso sottovalutata? 

E che cosa accade quando, per qualche ragione, la sua permeabilità aumenta, dando luogo alla cosiddetta “leaky gut” (termine tradotto in italiano con “intestino gocciolante” per rendere l’idea di un filtro che non riesce più ad assolvere pienamente alla propria funzione di protezione selettiva)?

La barriera intestinale

«La barriera intestinale è una struttura complessa composta da più strati», spiega in un’intervista a Microbioma.it Maria Rescigno, docente di Patologia generale presso l’Humanitas University e group leader dell’Unità di Immunologia delle mucose e Microbiota dell’Humanitas Research Hospital di Rozzano (Milano), «con una fondamentale funzione di difesa, non soltanto dalle sostanze che assumiamo con l’alimentazione, ma anche dalle comunità microbiche (microbiota) che fisiologicamente ospitiamo nel canale intestinale. Se da un lato, infatti, la flora batterica enterica svolge innumerevoli funzioni essenziali per il benessere dell’organismo, dall’altro, una sua interazione troppo “stretta” con l’epitelio intestinale o il suo passaggio negli strati sottostanti possono causare infiammazione locale e/o sistemica e problemi di salute di vario tipo. A mediare l’interazione tra parete intestinale e microbiota contenuto nel lume è il muco che riveste senza soluzione di continuità tutto l’epitelio intestinale, seppur con spessore e caratteristiche diverse nei vari tratti. Il film di muco può essere suddiviso in due strati sovrapposti, con proprietà e funzioni differenti: lo strato più esterno, orientato verso il lume, è più lasso e interagisce e può essere penetrato dai batteri intestinali, che possono contribuire anche a produrlo e a modularne la composizione per renderlo più ospitale per propria sopravvivenza; lo strato interno, adeso all’epitelio intestinale, è più compatto, sterile e ha una funzione propriamente protettiva, rappresentando uno scudo fisico nei confronti del microbiota. Anche l’epitelio intestinale, pur essendo principalmente deputato all’assorbimento di nutrienti, acqua e soluti, fa parte della barriera intestinale e ha un ruolo protettivo, selezionando le sostanze ammesse a penetrare negli strati più profondi della mucosa e ad avvicinarsi ai vasi sanguigni. L’epitelio intestinale è costituito da un monostrato continuo di cellule (gli enterociti), con un orletto a spazzola apicale che amplifica la superficie assorbente, strettamente adese tra loro grazie a connessioni proteiche laterali (tight-junctions) che limitano notevolmente lo spazio intercellulare disponibile per il passaggio di sostanze. Gli enterociti producono e liberano sulla superficie rivolta verso il lume enzimi e peptidi antimicrobici, che servono a sterilizzare la porzione di muco a diretto contatto con l’epitelio intestinale stesso». 

Complessivamente, quindi, la barriera intestinale è costituita da tre strati: il muco esterno e interno e lo strato continuo di enterociti adesi tra loro. A questo scudo biologico, si aggiungono ulteriori meccanismi di difesa rappresentati dalle cellule immunitarie presenti sotto l’epitelio intestinale, che producono altre sostanze antimicrobiche e possono attivarsi in risposta a sollecitazioni anomale, liberando immunoglobuline di tipo A (IgA) e citochine e innescando fenomeni infiammatori.

Leaky gut: che cos’è?

«La leaky gut», precisa la prof.ssa Rescigno, «consiste in un’alterazione della permeabilità intestinale che può dipendere dall’assottigliamento o dall’insorgenza di discontinuità nello strato di muco oppure da danni a livello dell’epitelio intestinale, generalmente legati a un allentamento delle tight-junctions o indotti da stati infiammatori accentuati. Quando si verificano fenomeni di questo tipo, la barriera intestinale diventa più permissiva del dovuto, lasciando passare sostanze o microrganismi che, di norma, non sarebbero ammessi ad accedere agli strati più profondi e verrebbero respinte verso il lume. Fortunatamente, non tutto ciò che sfugge al muco e all’epitelio intestinale riesce a entrare nel circolo sanguigno, poiché l’intestino è dotato anche di una “barriera vascolare che rappresenta l’ultima linea di difesa tra interno ed esterno dell’organismo. Si tratta di un filtro biologico estremamente raffinato e selettivo, che può ancora evitare che i microrganismi patogeni e i composti tossici sfuggiti alla barriera intestinale entrino nel sangue causando infezioni e/o danni sistemici».

Tra i fattori che possono indurre la comparsa della leaky gut, ci sono le disbiosi intestinali, vale a dire alterazioni significative della composizione e/o dell’abbondanza del microbiota intestinale, che vanno al di là della variabilità fisiologica caratteristica di ciascun individuo (in funzione della dieta, dello stato di salute generale, dell’età, dell’attività fisica e di innumerevoli variabili metaboliche, ormonali e psicologiche) e che possono associarsi a disturbi di vario tipo. 

«Il microbiota intestinale è composto da migliaia di specie batteriche differenti», spiega la prof.ssa Rescigno, «alcune più benefiche, indicate come “simbionti”, perché contribuiscono alla corretta funzionalità dell’organismo e al benessere dell’ospite, e altre meno favorevoli, chiamate “patobionti”, dal momento che una loro eventuale proliferazione incontrollata può dar luogo a disequilibri e disturbi intestinali o, talvolta, sistemici. Per quanto possa apparire strano, quando il microbiota intestinale è in equilibrio (ossia in uno stato di eubiosi, diverso per ciascun individuo), l’organismo trae vantaggio sia dai simbionti sia dai patobionti: i primi, contribuiscono a indurre la tolleranza immunitaria nei confronti di innumerevoli composti con cui l’intestino deve interagire; i secondi, addestrano il sistema immunitario a riconoscere le sostanze potenzialmente pericolose contro le quali deve attivarsi. Viceversa, quando la componente patobionte prende il sopravvento è possibile che il muco intestinale si assottigli e che si instaurino fenomeni infiammatori e leaky gut. Lo sviluppo della leaky gut può, inoltre, essere promosso da “difetti” nella produzione di peptidi antimicrobici o di IgA che impediscono di mantenere adeguate difese immunitarie locali».

Conseguenze della leaky gut

Come intuibile, la presenza di un’eccessiva permeabilità di barriera non può non avere ripercussioni sul benessere intestinale e, in alcuni casi, dell’intero organismo, sia quando si instaura in modo acuto e transitorio sia quando si mantiene in modo cronico per periodi prolungati. 

«Le conseguenze cliniche della leaky gut si osservano principalmente quando, oltre all’assottigliamento del muco e ad alterazioni dell’epitelio intestinale, sono presenti anche difetti della barriera vascolare intestinale che permettono a sostanze e microrganismi di norma esclusi dal circolo sanguigno, di entrare nel sangue, causando danni e infiammazione sistemici e/o infezioni. Quando lo stato infiammatorio indotto dalla leaky gut diventa cronico può risentirne anche il fegato, che riceve il sangue proveniente dall’intestino attraverso la vena porta e la circolazione sistemica, e può instaurarsi una condizione nota come “fegato grasso”, corrispondente all’aumento della quantità di lipidi contenuti nel fegato. Il persistere dell’infiammazione intestinale può far evolvere il fegato grasso in vera e propria steatosi epatica non alcolica (NAHS, Non Alcoholic Haepatic steatosis) e, successivamente, in cirrosi. Inoltre, la leaky gut cronica può promuovere l’infiammazione del tessuto adiposo, “organo” che gioca un molto importante nell’attivazione del sistema immunitario, potendo contribuire a innescare o peggiorare la risposta infiammatoria sistemica. Studi recenti hanno indicato che la leaky gut può avere ripercussioni anche a livello del cervello, attraverso una sorta di “interazione a distanza” tra la barriera vascolare intestinale e le barriere vascolari cerebrali. In particolare, è stato osservato che la presenza di infiammazione a livello intestinale può promuovere il passaggio nel sangue e l’arrivo nei vasi cerebrali di sostanze potenzialmente dannose per il sistema nervoso centrale (SNC), che le barriere vascolari cerebrali riconoscono come tali, reagendo in modo distintivo. In uno studio condotto dal nostro gruppo dell’Humanitas Research Hospital è stata individuata una nuova barriera vascolare cerebrale a livello del plesso coroideo che, in condizioni fisiologiche, permette lo scambio di un certo numero di sostanze tra il cervello e il resto dell’organismo, ma che in presenza di infiammazione intestinale si “chiude” per evitare il propagarsi dell’infiammazione a livello cerebrale. Questa chiusura, tuttavia, non è innocua: l’isolamento del cervello dal resto dell’organismo, infatti, promuove lo sviluppo di stati di ansia e depressione, quanto meno nei modelli animali esaminati nello studio».

Leaky gut: proteggere il microbiota aiuta?

Considerato il contributo delle disbiosi intestinali nell’insorgenza della leaky gut, viene spontaneo chiedersi se tutelare l’equilibrio del microbiota attraverso un corretto stile di vita e l’assunzione di prodotti probiotici certificati possa aiutare a evitare alterazioni della permeabilità intestinale e, a cascata, tutte le implicazioni sfavorevoli che possono derivarne in termini di infiammazione locale e sistemica, nonché di possibili reazioni a livello cerebrale.

«Il ruolo causale delle disbiosi intestinali nell’insorgenza dell’iper-permeabilità della barriera intestinale è stato documentato in numerosi studi», conferma la prof.ssa Rescigno, «e intervenire attivamente per favorire l’equilibrio del microbiota è sicuramente una strategia utile per prevenire la leaky gut. Una possibilità per ottenere un miglioramento della composizione del microbiota persistente nel tempo consiste nel modificare le abitudini alimentari, impostando una dieta in grado di favorire la proliferazione dei batteri simbionti benefici (come Akkermansia muciniphila, particolarmente efficiente nel produrre muco intestinale e nel contribuire a ripristinare un’adeguata funzione barriera), per esempio aumentando il consumo di fibre vegetali e riducendo quello di grassi saturi. Un’altra strategia consiste nell’assumere regolarmente prodotti a base di microrganismi probiotici (certificati per tipologia e quantità per dose giornaliera), anche se a oggi non è noto quali specifici ceppi batterici possano essere più utili in questo senso. In futuro, oltre a sfruttare in modo più mirato singoli microrganismi probiotici o loro miscele, per tutelare la barriera intestinale e prevenire o contrastare la leaky gut si potranno sfruttare anche preparati “post-biotici”, attualmente in fase di studio anche presso i nostri laboratori. I post-biotici sono costituiti non da batteri in quanto tali, ma da mix di loro prodotti di fermentazione, ossia di metaboliti in grado di preservare o migliorare la permeabilità intestinale. Per finire, una risposta alla leaky gut può venire dall’assunzione di analoghi degli acidi biliari, come per esempio, l’acido obeticolico, caratterizzato dalla specifica proprietà di migliorare la permeabilità intestinale e già utilizzato nel trattamento della NASH. Tuttavia, considerata la rilevanza del microbiota nella modulazione della barriera intestinale (sia come conseguenza di disbiosi sia per la presenza di batteri in grado di influenzare il muco intestinale), gli “sforzi” maggiori dovrebbero focalizzarsi sulla protezione dell’equilibrio della flora batterica enterica».