Con il termine letargia (o ipersonnia) ci si riferisce a uno stato patologico di sonnolenza diurna – eccessiva e incontrollabile – accompagnata da episodi di sonno profondo, spesso invincibile, associato a rilassamento completo del tono muscolare, rallentamento delle funzioni psichiche e mancata risposta ai normali stimoli.

Può svilupparsi come reazione a diverse situazioni della vita di tutti i giorni tra le quali, tipicamente, carenza di sonno, stress, nervosismo e irritabilità continui, attività fisica eccessiva.

In questi casi, la letargia dovrebbe risolversi con un riposo adeguato, una alimentazione corretta e la giusta attività fisica, e dopo aver rimosso i fattori che scatenano lo stress.

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Letargia: il significato

In ambito strettamente medico, il termine letargia è utilizzato in caso di sintomi come quelli appena descritti, che si manifestano però in seguito allo sviluppo di una condizione patologica, come lesioni che interessano l’area ipotalamo-mesencefalica o alterazioni metaboliche.

In ogni caso si tratta di uno stato persistente; di solito, quando svegliato il soggetto si riaddormenta subito dopo e, nei casi più gravi, può addirittura evolvere in uno stato di coma.

Le cause della letargia

Come abbiamo visto, numerose condizioni o patologie possono essere alla base della letargia. Frequentemente la letargia rappresenta una risposta a fattori quali:

  • grave carenza di sonno
  • stress psico-fisici intensi
  • eccessiva attività fisica e lavorativa

La letargia, però, può anche essere dovuta ad alterazioni metaboliche o endocrine o a patologie, anche gravi, di natura organica o psichica, come per esempio:

  • avvelenamento da monossido di carbonio
  • grave disidratazione
  • acidosi
  • ipoglicemia
  • insufficienza epatica o renale
  • malattia surrenale
  • Ipo o ipertiroidismo
  • anemia e policitemia
  • intossicazione da alcol o stupefacenti
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La letargia può essere causata anche da disturbi cerebrali di origine vascolare, infettiva, traumatica o neoplastica. Spesso si tratta di alterazioni che coinvolgono l’ipotalamo e il mesencefalo, strutture nelle quali sono presenti i centri regolatori del sonno e della veglia, come per esempio:

  • encefalite, più spesso di origine virale, ma che può essere dovuta anche a batteri, funghi o parassiti (come la tripanosomiasi africana)
  • lesioni vascolari o tumori che interessano l’area ipotalamo-mesencefalica
  • tumori ipofisari
  • meningite.

Infine, la letargia può essere legata anche a disordini psichiatrici, incluse certe forme di depressione.

I sintomi della letargia

L’ipersonnia si può accompagnare ad altri sintomi, che variano a seconda della malattia, del disturbo o della condizione sottostante. Qualunque sia la causa, però, in presenza di letargia, i sintomi che il paziente lamenta più di frequente sono:

  • facile affaticamento
  • calo dell’umore
  • irritabilità
  • apatia
  • mancanza di motivazione
  • depressione
  • deficit dell’attenzione
  • lieve compromissione della vigilanza
  • difficoltà di concentrazione
  • pensiero lento
  • stato confusionale.
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La letargia di per sé è raramente un’emergenza; tuttavia può richiedere una valutazione medica immediata se si sviluppa improvvisamente e/o è accompagnata da altri sintomi gravi, quali:

  • improvvisa perdita di energia
  • vertigini
  • dolore toracico
  • confusione
  • visione offuscata
  • febbre alta
  • diminuzione della produzione di urina
  • gonfiore o aumento di peso improvviso
  • mancanza di respiro
  • battito cardiaco accelerato
  • livello di coscienza alterato.

Letargia, narcolessia e microbiota intestinale

Il microbiota intestinale, l’insieme complesso di microorganismi che popolano il nostro apparato digestivo, è sempre più riconosciuto come un attore chiave nella salute umana. Le sue influenze si estendono oltre la digestione, coinvolgendo anche il sistema immunitario, il metabolismo e persino il cervello.

Recentemente, alcuni gruppi di ricerca hanno iniziato a esplorare il legame tra il microbiota intestinale e i disturbi del sonno, tra cui la letargia e la narcolessia.

Questi disturbi, caratterizzati da un’eccessiva sonnolenza diurna e difficoltà nel mantenere un normale ciclo di sonno-veglia, potrebbero essere influenzati dalla composizione del microbiota intestinale e dalle interazioni lungo l’asse intestino-cervello.

Questo asse si basa su una comunicazione bidirezionale mediata da vie nervose, immunitarie ed endocrine. La pancia “parla” con il cervello, e viceversa.

Studi recenti hanno mostrato che le alterazioni nel microbiota intestinale possono influenzare la produzione di neurotrasmettitori e modulare l’infiammazione, entrambi fattori che possono contribuire a disturbi del sonno come appunto la narcolessia. Ad esempio, il microbiota può influire sulla produzione di serotonina, un neurotrasmettitore fondamentale per la regolazione del sonno.

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La narcolessia di tipo 1, un disturbo del sonno caratterizzato da eccessiva sonnolenza diurna e, talvolta, cataplessia, è associata a una perdita selettiva dei neuroni produttori di ipocretina nell’ipotalamo, ma le cause esatte del disturbo non sono ancora del tutto comprese.

Una ricerca recente ha evidenziato un legame bidirezionale tra il microbiota intestinale e la narcolessia di tipo 1. Gli scienziati hanno identificato specifici generi batterici associati a un rischio ridotto o aumentato narcolessia di tipo 1. Ad esempio, generi come Blautia e Collinsella sembrano ridurre il rischio, mentre altri, come Alloprevotella e Ruminiclostridium, sono associati a un rischio maggiore. Queste variazioni nel microbiota potrebbero influenzare la produzione di acidi grassi a catena corta e modulare l’infiammazione, influenzando così la patogenesi della malattia.

Anche la letargia, caratterizzata da una persistente sensazione di stanchezza e sonnolenza, può essere influenzata da disbiosi intestinale. La disbiosi, o squilibrio del microbiota, può alterare la produzione di metaboliti importanti e influire sulla permeabilità intestinale, portando a una risposta infiammatoria sistemica che può compromettere le funzioni neurologiche e contribuire a una sensazione di affaticamento cronico.

Data l’influenza del microbiota intestinale sui disturbi del sonno, le terapie mirate a modulare il microbiota potrebbero offrire in un prossimo futuro nuove opportunità per il trattamento della letargia e della narcolessia. L’uso di specifici probiotici e prebiotici, ad esempio, potrebbe aiutare a ristabilire un equilibrio microbico sano e migliorare i sintomi associati a questi disturbi.

Letargia: i rimedi

Come abbiamo visto, la letargia è più un segno clinico che una patologia a sé stante e, quindi, anche i rimedi dipendono dalla causa sottostante: ai primi segnali sarebbe quindi bene interpellare il proprio medico per individuarne l’origine in modo da impostare una cura efficace.

Se il disturbo del sonno che causa la letargia è dovuto per esempio ad apnee notturne, allora vanno identificate e trattate adeguatamente.

Invece, qualora si individui, all’origine della letargia, un disturbo psichico, come la depressione, il medico potrà valutare la necessità di una terapia con farmaci antidepressivi.

Non va comunque dimenticato che, spesso, la letargia è dovuta alla assunzione di alcolici o di stupefacenti, o può essere l’effetto collaterale di alcuni farmaci: la sospensione della sostanza o la sostituzione del farmaco, dove possibile, sono i rimedi principe.

Quando la letargia è invece dovuta al solo affaticamento, anche da stress o da eccessiva frammentazione del sonno notturno, possono essere sufficienti alcuni semplici accorgimenti:

  • mantenersi idratati
  • adottare un regime alimentare sano
  • seguire alcune semplici regole per assicurarsi un buon sonno notturno, come per esempio andare a dormire e alzarsi sempre alla stessa ora, non utilizzare smartphone o computer prima di addormentarsi ecc.
  • ridurre lo stress.

Inoltre, in questi casi potranno essere d’aiuto alcuni rimedi fitoterapici. Estratti di piante adattogene, quali eleuterococco e ginseng – che hanno anche effetti tonici – possono dare una mano a far fronte alle situazioni stressanti e rimedi che contengono la valeriana, dalle proprietà anti-ansia, anche associata alla melissa, possono combattere nervosismo, agitazione e irritabilità e aiutare a dormire meglio.

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La letargia nell’anziano

Una certa perdita di energia con l’invecchiamento è normale, così come un incremento della sonnolenza diurna, specie se si verifica per brevi periodi e in concomitanza con variazioni esterne come, per esempio, nei cambi di stagione.

Le persone anziane, poi, tendono ad avere il sonno notturno più leggero e a svegliarsi più volte durante la notte, e molte di loro compensano facendo pisolini durante il giorno.

Un’altra frequente causa di un aumento della sonnolenza diurna è la noia: patologie croniche e deterioramento della vista e dell’udito, che limitano anche le attività di intrattenimento, portano a uno scadimento della qualità della vita e la mancanza di un programma che li tenga attivi, molti anziani scivolano nell’abitudine di dormire per gran parte della giornata.

La sonnolenza diurna eccessiva non dovrebbe comunque essere sottovalutata poiché, molte volte, esiste una causa specifica che viene trascurata: quando un anziano trascorre la maggior parte del tempo a sonnecchiare, a letto o sulla sua poltrona preferita, è bene quindi indagarne le ragioni.

La letargia negli anziani, infatti, spesso può essere dovuta a:

  • malattie cerebro-vascolari
  • deterioramento neurologico
  • farmaci (come quelli contro ansia, depressione, ipertensione, insonnia, dolore cronico, morbo di Parkinson, allergie) che possono di per sé causare sonnolenza eccessiva; inoltre, l’assunzione di più farmaci, come spesso avviene nell’anziano, può produrre interazioni che amplificano questi effetti. Le persone anziane sono infine più suscettibili agli effetti avversi, come la letargia, poiché metabolizzano le sostanze in modo meno efficiente rispetto alle persone più giovani
  • depressione: sebbene, come abbiamo visto, sia facile che l’anziano si rifugi nel sonno per noia, è stato stimato che fino al 16% presenta sintomi depressivi clinicamente rilevanti.

E, ancora, da non sottovalutare il fatto che frequenti attacchi di sonno durante il giorno potrebbero associarsi a un aumento dell’accumulo a livello cerebrale della proteina beta-amiloide, considerata importante indizio della malattia di Alzheimer.

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Il neonato letargico

Nei primi mesi di vita il neonato passa circa il 70-80% del tempo dormendo (più o meno 15-20 ore al giorno) ed è del tutto normale visto che il sonno è necessario al suo sviluppo.

Tale sonno non è continuo, ma intervallato da risvegli, all’inizio ogni due-tre ore, perché ha fame o si è bagnato. Man mano che cresce i risvegli sono più distanziati tra loro, e le ore di sonno calano. Un bambino a tre anni, per esempio, dovrebbe dormire indicativamente circa 10 ore la notte e aggiungere 1 o 2 ore durante il giorno, anche se questi valori possono variare notevolmente da un bimbo all’altro. Un bambino che di tanto in tanto dorme più del solito non deve comunque preoccupare, a meno che non siano presenti altri sintomi.

Alcuni dei motivi più comuni che portano a un aumento delle ore di sonno sono, per esempio:

  • un periodo di crescita intenso
  • un malanno passeggero, come un raffreddore
  • aver effettuato una vaccinazione
  • sonno di scarsa qualità.

Alcuni bambini possono dormire troppo perché non mangiano a sufficienza e possono disidratarsi.

Come fare allora a identificare una effettiva condizione di letargia nel neonato?

Diciamo anzitutto che dormire di più non dovrebbe destare preoccupazione se, quando il bambino è sveglio, è vigile e attivo. Il neonato letargico, infatti, sembra avere invece poca o nessuna energia, è sempre sonnolente, tanto che addirittura può essere difficile svegliarlo per le poppate e anche da sveglio non è vigile né attento ai suoni e ai segnali visivi. 

A volte, questa condizione può svilupparsi lentamente e un genitore potrebbe anche non notare il cambiamento graduale.

Se si riscontra una vera e propria letargia nel neonato è essenziale un consulto con il pediatra in quanto può essere un segno di condizioni anche molto serie, come per esempio:

  • l’ipoglicemia, che a sua volta può essere l’unica causa o il risultato di altre condizioni, come la sepsi o errori congeniti del metabolismo
  • la sepsi, che si verifica in circa 1-5 su 1.000 nati, con una maggiore incidenza nei neonati di basso peso
  • errori congeniti del metabolismo
  • encefalopatia ipossico-ischemica, dovuta a un ridotto afflusso di sangue al cervello in genere per difficoltà durante il parto
  • iperbilirubinemia
  • ittero grave, riconoscibile da una colorazione giallastra della pelle e del bianco dell’occhio.
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