A voler essere precisi si tratta di un pro-ormone, ma è comunemente conosciuta come “vitamina” e per questo viene spontaneo cercarla all’interno degli alimenti. C’è però un motivo se è nota come “vitamina del sole”: il nostro corpo è progettato perché buona parte della vitamina D di cui ha bisogno venga sintetizzata a partire da un precursore presente nella nostra pelle proprio grazie all’azione dei raggi solari.

Questa capacità di autoprodurre la vitamina D potrebbe far pensare che non sia molto importante assumerla con il cibo. Purtroppo, però, non tutti sintetizziamo dosi sufficienti di vitamina D. Bambini, adulti o anziani, siamo tutti a rischio di carenze principalmente per due motivi: da un lato, trascorriamo sempre meno tempo all’aria aperta, e così facendo limitiamo l’esposizione della nostra pelle ai raggi del sole e, di conseguenza, produciamo quantità di vitamina D spesso insufficienti a soddisfare i nostri fabbisogni; dall’altro, quando ci esponiamo al sole proteggiamo la nostra pelle con filtri in grado di schermare i raggi ultravioletti per ridurre il rischio di sviluppare un tumore della pelle, ma in questo modo si limita anche la produzione di vitamina D. Infatti la componente della luce solare che ne promuove la sintesi sono proprio i raggi UV.

Ecco perché è importante conoscere le principali fonti alimentari di vitamina D. Gli alimenti che la contengono, purtroppo, non sono molti. Per questo non è raro dover assumere degli integratori. Questa possibilità non deve però far passare in secondo piano né l’importanza di trascorrere del tempo all’aria aperta, né quella di includere nella propria alimentazione cibi in grado di apportare vitamina D. Scopriamo come assumerla, quali alimenti la contengono e a cosa serve la vitamina D.

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A cosa serve la vitamina D    

Tutti abbiamo bisogno di dosi adeguate di vitamina D. I valori normali sono uguali o superiori a 30 ng per ml di sangue. Al di sotto di questo livello si parla di insufficienza o, quando i valori sono particolarmente bassi, di carenza di vitamina D.

La dose massima che è possibile assumere è stabilita dai Larn (i Livelli di assunzione di riferimento di nutrienti ed energia per la popolazione italiana) che fanno delle distinzioni in base all’età:

•          nei lattanti il livello massimo tollerabile di assunzione è pari a 40 μg al giorno;
•          nei bambini tra 1 e 3 anni sale a 65 μg al giorno;
•          dai 4 ai 10 anni non si devono superare i 75 μg al giorno;
•          a partire dagli 11 anni la dose massima passa a 100 μg al giorno.

Non superare questi livelli massimi tollerabili è fondamentale per non correre il rischio che la vitamina D scateni effetti collaterali.

Fortunatamente l’intossicazione è un evento molto raro, che si verifica quando la concentrazione di vitamina D supera i 150 ng/ml, e per raggiungere questi livelli è necessario ingerire dosi estremamente elevate di vitamina D per periodi prolungati. I problemi con cui si potrebbe avere a che fare non devono però essere sottovalutati. Infatti, oltre a scatenare nausea, vomito, mancanza di appetito, perdita di peso, stitichezza, debolezza, stati confusionali e disorientamento, un eccesso di vitamina D potrebbe essere dannoso per la salute dei reni, promuovendo la formazione di calcoli e inducendo danni agli organi.

Inoltre, troppa vitamina D può favorire l’accumulo di depositi di calcio nei tessuti molli, per esempio a livello del cuore e dei polmoni.

D’altra parte, anche la carenza di vitamina D può avere gravi conseguenze, sin dalla tenera età. Nei bambini impedisce di sviluppare ossa forti ed è la causa del rachitismo, una malattia caratterizzata dall’indebolimento dello scheletro.

Non solo, durante l’infanzia un’assunzione non adeguata di vitamina D espone al rischio di non crescere adeguatamente in altezza. Negli adulti, invece, è responsabile dell’osteomalacia, un’altra condizione in cui a essere compromessa è la normale mineralizzazione delle ossa.

Il conseguente indebolimento dell’impalcatura di collagene che le sorregge fa venire meno il supporto strutturale delle ossa, aumentando il rischio di fratture, e accentua la pressione sulle fibre nervose, causando i dolori ossei spesso lamentati dalle persone affette da carenza di vitamina D.

Tutto ciò ha un senso alla luce di una delle funzioni ufficialmente riconosciute alla vitamina D. A che cosa serve, infatti, questa molecola? La vitamina D garantisce l’assorbimento e il corretto utilizzo del calcio e del fosforo, minerali che contribuiscono al mantenimento di ossa normali. La vitamina D esercita benefici anche per la salute del cavo orale, in quanto favorisce il mantenimento di denti normali. Ma non finisce qui, perché la vitamina D svolge anche altre funzioni: esiste infatti anche un legame tra vitamina D e sistema immunitario.

Inoltre la vitamina D ha proprietà utili per i muscoli, di cui promuove il buon funzionamento, che a sua volta aiuta a ridurre il rischio di cadute che, a partire dai 60 anni di età, espongono al rischio di fratture. Infine, la vitamina D partecipa ai fenomeni di divisione cellulare.

Per tutti questi motivi è fondamentale, a tutte le età, garantirsi dosi adeguate di vitamina D. Il fabbisogno giornaliero è stabilito, anche in questo caso, dai Larn. Questa volta non ci sono distinzioni basate sull’età: tutti, sin da bambini, dovremmo garantire al nostro organismo 10 μg di vitamina D al giorno.

Attenzione, però, perché l’assunzione raccomandata per la popolazione è diversa: solo ai lattanti (6-12 mesi di età) ne sono raccomandati 10 μg al giorno, mentre a partire da 1 anno e per tutta la vita adulta si dovrebbero invece assumere ogni giorno 15 μg di vitamina D, anche durante la gravidanza e l’allattamento. A partire dai 75 anni, poi, l’assunzione raccomandata sale a 20 μg al giorno.

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Gli alimenti ricchi di vitamina D

Come accennato, non sono molti i cibi ricchi di vitamina D. In frutta e verdura non ce ne sono grandi quantità. Per questo i vegetariani e, soprattutto, i vegani tendono ad assumerne con il cibo quantità significativamente inferiori rispetto a chi mangia carne. In generale, i vegetali non contengono il colecalciferolo, che è la forma di vitamina D sintetizzata nella pelle, ma l’ergocalciferolo, un’altra forma di vitamina D. A conti fatti, nel mondo vegetale i funghi possono rappresentare la migliore fonte di vitamina D. Il dosaggio può però variare a seconda della varietà scelta: in particolare, i funghi coltivati rischiano di contenerne di meno, a meno che non vengano esposti a raggi UV artificiali.

C’è poi una buona notizia per gli amanti del cioccolato: il cacao può contenere buone dosi di vitamina D. Anche in questo caso è fondamentale il contributo dei raggi ultravioletti, che durante il processo di essiccazione al sole trasformano in vitamina D il precursore presente nelle fave di cacao. E, diversamente da quanto spesso accade quando si parla delle virtù del cioccolato, in questo caso anche la variante bianca può dare il suo contributo alla salute. Sappiamo, infatti, che il cioccolato bianco non contiene polvere di cacao, ma solo burro; fortunatamente, però la vitamina D è presente anche in quest’ultimo.

Tuttavia, le principali fonti di vitamina D sono alimenti di origine animale, in particolare:

•          il pesce (trota salmonata, salmone, pesce spada, sgombro, aringhe, sardine, tonno)
•          le uova (in particolare, il tuorlo)
•          il latte intero
•          lo yogurt intero
•          alcuni formaggi (per esempio la feta)
•          il fegato di bovino
•          la carne (maiale, pollo e bovino)
•          l’olio di fegato di merluzzo.

Il pesce può dare un contributo fondamentale al contenuto di vitamina D delle persone pesco-vegetariane, mentre latto- e ovo-vegetariani possono fare affidamento sui latticini e sulle uova.

Gli onnivori hanno invece un po’ più di scelta, potendo assumere un po’ di vitamina D anche con il fegato di bovino e con la carne. Il contributo di maiale, pollo e carni bovine all’apporto quotidiano di questo nutriente è però molto più limitato rispetto a quello di altre fonti di origine animale.

Infine, l’olio di fegato di merluzzo è un ingrediente di molti integratori alimentari: in questo caso il dosaggio di vitamina D è molto più elevato rispetto alle altre fonti di questo nutriente, in quanto è pari a ben 250 µg ogni 100 grammi di olio.

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Vitamina D e alimenti: la tabella riassuntiva

La seguente tabella riassume le principali informazioni necessarie a chi vuole essere sicuro di assumere abbastanza vitamina D, ovvero dove trovarla e in quali quantità.

In alcuni casi (come quello dei vegani e di chi non può trascorrere abbastanza tempo all’aria aperta) potrebbe essere utile ricorrere a degli integratori. Per sapere per quanto tempo assumere vitamina D in questa forma è bene fare affidamento sui consigli del proprio medico o del proprio nutrizionista; spesso viene consigliato di utilizzarli soprattutto nel periodo invernale, sia perché è la stagione dell’anno in cui ci si preoccupa di più di avere un sistema immunitario efficiente, sia perché si tratta dei mesi in cui l’esposizione ai raggi del sole è minore.

Per quanto riguarda, invece, il momento migliore della giornata per assumere vitamina D, mattina o sera non fanno la differenza. Piuttosto, è meglio assumerla insieme a un pasto in cui siano presenti dei grassi. Si tratta, infatti, di una molecola liposolubile; per questo i grassi ne facilitano l’assorbimento.

AlimentoVitamina D per 100 grammi
Olio di fegato di merluzzo250 µg
Trota salmonata (d’allevamento)15,9 µg
Pesce spada13,9 µg
Sgombro13,8 µg
Salmone (fresco)10,9 µg
Cioccolato fondente1,90 – 5,48 µg
Uova (tuorlo)5,4 µg
Sardine4,8 µg
Aringa4,2 µg
Cioccolato bianco0,19 – 1,91 µg
Tonno1,7 µg
Latte intero1,3 µg
Fegato di bovino1,2 µg
Petto di pollo (con pelle)0,4 µg
Feta0,4 µg
Funghi0,2-0,4 µg
Filetto di maiale (incluso il grasso)0,3 µg
Filetto di maiale (senza il grasso)0,2 µg
Cioccolata spalmabile alla nocciola0,15 µg
Yogurt bianco intero0,1 µg
Filetto di bovino0,1 µg
Cosce di pollo (con pelle)0,1 µg
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Effetti positivi della vitamina D sul microbiota intestinale

Negli ultimi anni, la ricerca scientifica ha evidenziato l’importanza della vitamina D non solo per la salute delle ossa, ma anche per il microbiota intestinale. Il microbiota intestinale è una comunità complessa di microrganismi che vive nel tratto gastrointestinale e svolge un ruolo significativo nella digestione, nel metabolismo e nella risposta immunitaria. Alterazioni nel microbiota sono state associate a diverse condizioni di salute, tra cui obesità, diabete, malattie infiammatorie intestinali e disturbi cardiovascolari.

Studi recenti hanno dimostrato che la supplementazione di vitamina D può influenzare positivamente la composizione del microbiota intestinale. In particolare, la vitamina D è stata associata a un aumento della diversità microbica e a un miglioramento del rapporto tra diversi tipi di batteri intestinali, come i Bacteroidetes e i Firmicutes.

La vitamina D ha inoltre dimostrato di aumentare la diversità del microbiota intestinale, un fattore spesso associato a una migliore salute intestinale. Una maggiore diversità microbica è generalmente correlata a una maggiore resilienza contro le infezioni e le infiammazioni intestinali.

Come detto prima, la supplementazione di vitamina D ha mostrato di modificare il rapporto tra Bacteroidetes e Firmicutes, due phyla batterici dominanti nell’intestino umano. Un rapporto equilibrato tra questi due gruppi è associato a un metabolismo sano e a una riduzione del rischio di obesità. Inoltre la vitamina D è stata collegata a un incremento di batteri benefici, come Akkermansia e Bifidobacterium, noti per il loro ruolo nella promozione della salute intestinale e nella modulazione della risposta immunitaria.

I meccanismi attraverso cui la vitamina D esercita i suoi effetti sul microbiota intestinale sono complessi e ancora oggetto di studio. Si ipotizza che la vitamina D possa influenzare direttamente le comunità microbiche attraverso il suo assorbimento nel tratto gastrointestinale e l’interazione con i recettori della vitamina D espressi nel colon. Inoltre, potrebbe modulare indirettamente il microbiota migliorando la risposta immunitaria e riducendo l’infiammazione.

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