Il processo di svezzamento spesso porta con sé un turbine di emozioni e dubbi. Numerose neomamme si interrogano riguardo al momento opportuno per iniziare e alla strategia migliore da adottare: alcune sono impazienti di introdurre nuovi alimenti quanto prima, altre propendono per posticipare.
Vi sono poi quelle che si preoccupano per potenziali reazioni allergiche o sono in ansia vedendo il proprio piccolo riluttante a cibarsi.
Consultare il pediatra di fiducia è di sicuro la strategia più saggia per affrontare lo svezzamento con tranquillità. Emergerà che, a conti fatti, il margine di scelta è ristretto: gli specialisti sconsigliano l’opzione di anticipare lo svezzamento prima dei sei mesi di età e, allo stesso tempo, suggeriscono di non procrastinarlo oltre tale soglia temporale.
Generalmente, al compimento dei sei mesi, un neonato è pronto per iniziare lo svezzamento non soltanto dal punto di vista digestivo, ma anche motorio e psicologico, rendendo questo il momento propizio per esplorare nuovi sapori e texture.
Inoltre, a questa età, il solo latte non riesce più a colmare i requisiti nutrizionali crescenti; dunque, l’introduzione di cibi semisolidi e solidi diviene cruciale per garantire una crescita sana.
Per contro, il latte non va eliminato dall’alimentazione, anzi, l’Organizzazione Mondiale della Sanità invita a continuare l’allattamento (se possibile materno) fino al compimento del primo anno di vita. L’ideale sarebbe che, con il soffio sulla prima candelina, la dieta del bambino sia non solo salubre, ma anche variegata.
Dopo 6 mesi
L’introduzione di alimenti solidi prima che il neonato compia 6 mesi di età può risultare prematura e potenzialmente nociva per la sua delicata costituzione. Avventurarsi in questo processo troppo anticipatamente, in particolare prima dei 4 mesi, può innalzare il rischio di allergie e infezioni, in quanto il sistema digestivo del piccolo potrebbe non essere ancora adeguatamente attrezzato per gestire cibi diversi dal latte materno.
L’allattamento al seno non solo fornisce nutrimento, ma trasferisce anche anticorpi vitali che proteggono il neonato dalle infezioni; di conseguenza, sospendere troppo presto il latte materno è secondo gli esperti una scelta inopportuna. A questa età, anche i reni del bambino potrebbero non essere ancora pronti a elaborare alimenti diversi dal latte.
Pertanto, è consigliabile non introdurre nel latte biscotti, creme o altri alimenti prima di 6 mesi. Al contrario, posticipare l’inizio dello svezzamento oltre questo periodo potrebbe portare a una carenza di nutrienti essenziali che il latte da solo non è più in grado di fornire. Ritardare anche l’esposizione a nuovi sapori e consistenze può complicare il processo di transizione alimentare.
È fondamentale ascoltare attentamente i segnali del bambino e non procedere con fretta. Per esempio, il fatto che il neonato possa sembrare insoddisfatto dopo l’allattamento non significa necessariamente che il latte non sia sufficientemente nutriente; potrebbe semplicemente essere necessario aumentare la frequenza delle poppate o la quantità di latte per ciascuna di esse.
Comportamenti come mordicchiarsi le mani o un risveglio notturno più frequente non sono indicatori automatici della necessità di iniziare lo svezzamento. Tipicamente, i bambini pronti per questo passaggio riescono a sedersi da soli, a mantenere la testa stabile, a coordinare occhi, mani e bocca per osservare il cibo, afferrarlo e portarlo autonomamente alla bocca, e infine a inghiottire efficacemente.
Come introdurre nuovi alimenti
Una volta presa la decisione di avviare lo svezzamento, non esiste un percorso immutabile da seguire. L’approccio moderno verso l’ordine di introduzione dei cibi è flessibile e non lo considera più di vitale importanza. La prassi raccomandata è introdurre una varietà di sapori e consistenze progressivamente, rispettando i tempi e le capacità del bambino di masticare, con l’obiettivo che al termine del suo primo anno di vita, il suo regime alimentare comprenda una variegata selezione dai principali gruppi alimentari, strutturato in tre pasti principali e due spuntini quotidiani.
Più che la quantità di cibo assunta dal bambino, è cruciale che si ambienti gradualmente alla nuova dieta.
Nel frattempo, il latte continuerà a essere la sua principale fonte nutritiva e, col passare del tempo, inizierà a consumare porzioni moderate dei pasti consumati dalla famiglia.
La madre ha la libertà di optare per l’introduzione iniziale di vegetali cotti e frantumati (come carote e patate), frutta grattugiata (mela, pera o banana), o crema di riso diluita nel latte o in brodo vegetale.
Una volta che il bambino si è adattato ai primi alimenti, si possono inserire nuovi cibi: altri tipi di frutta e verdura, fonti di carboidrati come riso, mais, tapioca, e fonti proteiche come pollo, agnello, manzo, maiale, capra o pecora.
A partire dai 9 mesi si possono introdurre pesci come trota, platessa, orata e salmone. Legumi, yogurt, formaggini, prosciutto cotto o crudo e agrumi sono consigliabili dopo i 10-11 mesi. L’uovo, da introdurre gradualmente e sempre ben cotto, è sufficiente in quantità di mezzo tuorlo alla settimana prima del primo compleanno.
La carne rossa e i legumi, specie se associati a frutta o verdura contenente vitamina C, rappresentano ottime fonti di ferro, essenziale in questa fase di crescita; tuttavia, è importante moderare le porzioni per evitare un sovraccarico proteico.
Per lo stesso motivo, è sconsigliato il latte vaccino prima dell’anno di età, limitandosi al latte materno, formula e acqua e evitando eccessi di formaggi e formaggini, spesso troppo salati. È meglio evitare anche un consumo eccessivo di tisane al finocchio e limitare i succhi di frutta, che vanno diluiti per diminuirne l’acidità e somministrati esclusivamente durante i pasti.
Cosa evitare durante lo svezzamento
È imperativo escludere dalla dieta del bambino alcuni elementi, particolarmente il sale, che non dovrebbe mai essere aggiunto alle sue pietanze.
L’eccessivo consumo di sale può non solo gravare sui reni in via di sviluppo, ma anche predisporre il bambino a sviluppare una predilezione per cibi malsani. Parimenti, i dolcificanti artificiali andrebbero limitati, data la loro potenziale influenza nell’incidenza della carie dentaria. Pertanto, si raccomanda di evitare le bevande dolcificate artificialmente, i prodotti da forno zuccherati e le caramelle. Il miele è altresì da evitare in quanto può rappresentare un vettore per il botulismo.
È altrettanto importante astenersi dal fornire al bambino carni elaborate, cibi fritti, uova, pesce e frutti di mare non completamente cotti, frutta secca in pezzi interi, così come specie di pesci ad alto contenuto di mercurio come squalo, pesce spada e marlin.
Bevande come il tè e il caffè e i prodotti lattiero-caseari a basso contenuto di grassi sono da escludere; questi ultimi, in particolare, sono essenziali per lo sviluppo cerebrale e, nella loro forma intera, offrono un migliore apporto di vitamina A e un contenuto calorico necessario per la crescita del bambino.
In merito ai cibi preconfezionati, si consiglia prudenza: non tutto ciò che appare come baby food è adatto. Le confezioni possono essere ingannevoli, dunque è essenziale esaminare con attenzione l’elenco degli ingredienti, evitando specialmente quei prodotti che elencano zuccheri aggiunti tra i loro componenti.
Allergie e intolleranze
Per quanto concerne il pericolo di allergie, è prudente introdurre gli alimenti potenzialmente allergenici, come latte vaccino, uova, grano, frutta secca, arachidi, semi, pesce e frutti di mare, uno alla volta, seguendo scrupolosamente le direttive del pediatra in presenza di allergie note o in famiglia.
Non esistono evidenze che posticipare l’introduzione di tali alimenti diminuisca il rischio di allergie o intolleranze. Al contrario, è importante che questi cibi vengano introdotti quando il bambino ha raggiunto un’età sufficiente per poter manifestare e riconoscere eventuali reazioni allergiche.
Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, non è necessario ritardare l’introduzione di alimenti contenenti glutine. Anzi, alcune ricerche suggeriscono che posticiparne l’ingresso nella dieta potrebbe incrementare il rischio di sviluppare celiachia.
Come iniziare lo svezzamento
All’esordio dello svezzamento, si può iniziare ad introdurre modeste porzioni di cibo, utilizzando un cucchiaio morbido, durante o al termine dell’allattamento, preferibilmente all’ora di pranzo, facendo attenzione a servirlo a una temperatura adatta.
È importante attendere che il bambino mostri volontà di aprire la bocca e non insistere oltre il rifiuto iniziale di uno o due cucchiaini di cibo, considerando che il gusto e la consistenza differiscono notevolmente da quelli del latte materno.
La progressione quantitativa dei pasti e la loro frequenza dovrebbero evolversi lentamente, iniziando da una volta al giorno fino a stabilizzarsi sui tre pasti quotidiani tipici dei bambini dai 9 ai 12 mesi.
Non si deve mai esercitare pressione sui piccoli: solitamente, hanno l’innata capacità di riconoscere il momento in cui sono sazi, rendendo superflua ogni forma di costrizione.
Qualora il bambino declinasse un nuovo alimento, è preferibile accantonarlo per poi riproporlo successivamente, ricordando che talvolta occorrono dai 10 ai 15 tentativi prima di un’accettazione. Si consiglia di introdurre un solo nuovo cibo alla volta.
Bisogna inoltre ricordarsi che i bisogni nutrizionali non rappresentano l’unico aspetto da considerare durante lo svezzamento. In questo periodo, il bambino assimila anche le prime norme comportamentali legate al cibo e si familiarizza con odori, gusti e utensili.
È quindi importante lasciare che il piccolo esplori, permettendogli di toccare il cibo con le mani, abbracciando la pazienza e accettando il compromesso di un certo disordine durante il pasto.
Ad esempio, se il bambino desidera impugnare il cucchiaio o il cibo, può essere utile fornirgli un cucchiaino o pezzi di cibo solido come frutta morbida, verdura cotta, formaggio o pane che possa afferrare facilmente.
È sconsigliato, invece, offrire il cibo attraverso biberon, in quanto potrebbe comportare rischi di soffocamento o danni ai denti. Il bambino può imparare a bere acqua da un bicchiere, che a partire dai 9 mesi dovrebbe riuscire a utilizzare in modo autonomo.
E non dimenticate: proporre al bambino una dieta variegata e coinvolgerlo nei pasti familiari favorisce l’assunzione di tutti i nutrienti necessari e lo abitua a nuovi gusti e consistenze, facilitandone l’accettazione anche in età più avanzata. Inoltre, partecipare ai pasti in famiglia lo inizia alla convivialità, elemento fondamentale per lo sviluppo di sane abitudini alimentari, cardine della dieta mediterranea.
Che fare se il bambino non mangia
Il passaggio dal latte agli alimenti solidi e semisolidi spesso scatena il rifiuto del bambino che, alla vista del cucchiaio, gira la testa, piange, sputa il cibo. Sono scene che ogni mamma ha visto almeno una volta nel corso dello svezzamento.
Il rifiuto del cibo è dovuto a una serie di motivazioni sia di tipo pratico sia di tipo psicologico. Per prima cosa è molto diverso dal capezzolo della mamma o dalla tettarella del biberon. Un modo efficace per fargli accettare il cucchiaio è di inserirlo tra i suoi giochi; così facendo lo potrà toccare e portare alla bocca e diventerà un oggetto a lui più familiare.
Talvolta la ragione del “no” può essere dovuta al materiale di cui è fatto il cucchiaio: se di metallo, può non essere gradito dal bambino perché rigido e freddo. Meglio quindi provare con uno più colorato e morbido, per esempio di silicone.
Il rifiuto del cucchiaio può anche essere la conseguenza di un banale raffreddore o una faringite. In questo caso bisogna assicurarsi che il bimbo non abbia difficoltà a deglutire i cibi solidi.
Peraltro, la malattia stessa può provocare una sorta di regressione dei comportamenti, e può influenzare anche il sonno. Il bambino è quindi irrequieto e ha bisogno di maggior contatto con i genitori per essere rassicurato. In questi casi è necessario essere più pazienti del solito e lasciare che le cose tornino pian piano alla normalità.
In altri casi il bambino rifiuta il cibo perché imboccato dal genitore. La fase dello svezzamento coincide infatti con un periodo di forte crescita in termini di autonomia del bambino, che comincia a desiderare di avere maggiore controllo su quanto lo circonda. La strategia migliore è quella di lasciare che provi a fare da solo.
Se, nonostante tutti questi tentativi, il neonato non vuole mangiare e rifiuta le pappe o gli omogenizzati, non bisogna cedere offrendogli subito la poppata o il biberon. È meglio lasciar passare un po’ di tempo: in questo modo il piccolo non associa direttamente il rifiuto all’arrivo del latte.
Non bisogna quindi arrendersi di fronte alle prime difficoltà, perché questa fase è sicuramente una delle più complesse.
Microbiota e svezzamento
Il microbiota intestinale dei neonati svolge un ruolo fondamentale durante lo sviluppo, soprattutto durante il periodo di svezzamento, quando i bambini iniziano a mangiare cibi solidi per la prima volta.
Recenti ricerche hanno scoperto che se questi batteri non si sviluppano come dovrebbero, i bambini potrebbero correre un rischio maggiore di sviluppare, da adulti, problemi di salute come allergie, obesità e malattie che coinvolgono il sistema immunitario, che è la nostra difesa contro le infezioni.
Gli scienziati hanno studiato questo fenomeno in piccoli roditori (come modelli di studio) e hanno notato che quando i batteri intestinali non maturano correttamente, anche il sistema immunitario dei piccoli animali fatica a combattere le infezioni, in particolare quelle che colpiscono l’intestino.
Queste scoperte, pubblicate sulla rivista “Cell Host & Microbe”, sono importanti perché potrebbero aiutare a creare nuovi trattamenti che utilizzano i batteri benefici per migliorare lo sviluppo del sistema immunitario nei bambini, rendendoli più forti e più sani man mano che crescono.
Durante il periodo di svezzamento, si è visto che i batteri nel pancino dei piccoli inviano segnali che stimolano una forte risposta del sistema immunitario. Questo processo è cruciale per una buona salute a lungo termine. Se questo processo viene interrotto, possono sorgere problemi di salute.
Il gruppo di ricercatori dell’Università della Pennsylvania ha esaminato da vicino questo processo, creando un ambiente simile a quello dell’intestino dei bambini piccoli nei loro modelli di studio. Hanno scoperto che alcuni batteri specifici, che sono molto comuni nell’intestino dei neonati prima dello svezzamento, giocano un ruolo chiave in questo processo.
I modelli animali che mantenevano una composizione batterica costante durante lo svezzamento avevano un sistema immunitario meno sviluppato e maggiori difficoltà a combattere le infezioni, come quelle causate dal batterio Salmonella, rispetto ai modelli che avevano un ambiente batterico più simile a quello degli adulti.
La buona notizia è che aggiungendo batteri tipici degli adulti, i ricercatori hanno notato un miglioramento nel loro sistema immunitario. Questo ci dice che potremmo essere in grado di aiutare i bambini a sviluppare un sistema immunitario più forte attraverso interventi mirati sui batteri durante il periodo di svezzamento.
Mantenere un equilibrio sano dei batteri nel pancino dei neonati durante lo svezzamento sembra quindi fondamentale per la loro salute futura. Questa ricerca apre nuove strade per esplorare come possiamo supportare al meglio lo sviluppo dei nostri bambini fin dai primi giorni di vita.