«Sono intollerante al lievito! Se mangio la pizza mi gonfio come un pallone e ingrasso 2 kg»
Quante volte vi è capitato di sentire questa frase? Oppure, quante volte la avete pronunciata voi stessi?
La (dura) verità, però, è che l’intolleranza al lievito non esiste.
La condizione di “intolleranza” al lievito non esiste nei libri di medicina e non esistono test o esami specifici per verificarne l’esistenza. Per spiegare bene questo concetto è necessario fare un passo indietro e capire bene cosa si intende per intolleranza.
Cosa sono le intolleranze?
Le intolleranze alimentari fanno parte di un più vasto gruppo di disturbi definiti come reazioni avverse al cibo: si parla di intolleranza alimentare, invece che di allergia, quando la reazione non è provocata dal sistema immunitario.
Esistono intolleranze di tipo enzimatico e intolleranze farmacologiche.
Quelle enzimatiche sono determinate dall’incapacità, per difetti congeniti o acquisiti, di metabolizzare alcune molecole. Spesso manca proprio l’enzima che serve per la scissione e metabolizzazione della molecola in questione. L’intolleranza enzimatica più frequente è quella al lattosio, lo zucchero del latte. Un altro esempio di intolleranza dovuta alla carenza di un enzima è il favismo caratterizzato dalla carenza o riduzione della funzione di un enzima chiamato glucosio-6-fosfato deidrogenasi.
Le intolleranze farmacologiche si manifestano in soggetti che hanno una reattività particolare a determinate molecole presenti in alcuni cibi. Le principali sostanze che possono provocare intolleranze farmacologiche sono un gruppo di sostanze chiamate amine vasoattive e altre sostanze, tra cui la caffeina e l’alcol etilico e gli additivi alimentari.
Dunque, il lievito non ricade in nessuna di queste categorie.
Esiste, invece, anche se molto rara, l’allergia al lievito, o meglio ad alcuni composti che spesso sono aggiunti al pane, insieme al lievito, come l’alfa-amilasi: si tratta di un’allergia e per identificarla esistono test affidabili e validati.
Quindi, quando sentiamo parlare di intolleranza al lievito, possiamo essere sicuri di essere in presenza di un falso mito, o quantomeno, un’affermazione non corretta!
Ma allora perché se mangiamo una pizza spesso avvertiamo quel noioso gonfiore addominale?
Andiamo per gradi: prima cerchiamo di capire cos’è il lievito e sfatiamo alcuni luoghi comuni.
Cos’è il lievito?
Quando parliamo di lievito intendiamo solitamente quello usato nella panificazione, il lievito di birra, ovvero il microorganismo chiamato Saccharomyces cerevisiae responsabile delle fermentazioni che stanno alla base della produzione di birra, vino e tutti i prodotti della panificazione. Anche quelli prodotti con il lievito madre. Sì, il lievito di birra si trova anche qui insieme ad altri microorganismi.
Un altro lievito utilizzato è quello chimico, o baking, fatto con due sostanze chimiche che si legano tra loro in presenza di acqua e calore, producendo anidride carbonica.
Il falso mito legato al lievito più ostico da abbattere è che il lievito abbia la capacità di continuare a gonfiarsi all’interno del nostro stomaco o intestino: del resto se il lievito fa gonfiare e raddoppiare il volume di una panetto di pasta per pizza, perché non dovrebbe farlo anche al caldo nello stomaco?
Questo non ha alcun senso dal punto scientifico!
Il lievito non può continuare a fermentare all’interno dello stomaco, perché essendo un microorganismo vivente, superati i 60 gradi muore (temperature quindi molto inferiori rispetto a quelle raggiunte nella cottura da tutti i prodotti da forno).
Qualora anche ci trovassimo a ingerire lieviti vivi, questi morirebbero una volta raggiunto lo stomaco, perché al di sotto di un certo pH, ovvero di una certa acidità, i lieviti non sopravvivono.
Quindi, i prodotti pane, pizza &co. non possono “lievitare” in pancia.
A chi, infatti, non è mai capitato di mangiare un pezzetto di pasta di pane o pizza cruda?
Quello che può essere successo alla peggio è di aver avuto un po’ di mal di pancia dovuto ad una digestione rallentata, perché i lieviti sono morti, ma i carboidrati non lievitati (e quindi non pre-digeriti dai lieviti) e non cotti (quindi non gelatinizzati) sono abbastanza indigeribili.
Questo significa, di nuovo, che il lievito non gonfia nella pancia, ma anzi aiuta la digestione dei carboidrati dell’impasto.
Da cosa dipende il gonfiore?
Consumare pietanze lievitate a volte può creare gonfiore, è vero, e a volte i sintomi possono essere confusi con quelli di un’intolleranza (gonfiore, stitichezza, diarrea, meteorismo ecc.). Si tratta però di fastidi transitori.
Nella maggior parte dei casi il fastidio è spesso provocato da:
- mix di nutrienti che rendono la digestione difficile
- eccesso di calorie nello stesso pasto.
In un esempio pratico: la pizza.
Coloro che spesso riferiscono di essere intolleranti al lievito riferiscono di avere i sintomi soprattutto dopo aver consumato una pizza.
La pizza, però, è difficile da digerire per tutti!
La pizza contiene tanto di tutto: tanti carboidrati (che di solito non ingeriamo in tali quantità in un solo pasto), tanto condimento, formaggio e altri ingredienti vari ed eventuali.
Questo si traduce in un pasto molto calorico.
In più, a volte, l’impasto non è perfettamente cotto (il che rende la digestione ancor più difficile) e non lievitato a lungo (la lunga lievitazione “digerisce” letteralmente l’impasto per noi, rendendoci meno gravoso il compito). I tanti carboidrati della pizza, quando arrivano nell’intestino, se vi permangono per molto tempo vengono fermentati dai batteri intestinali ed ecco insorgere il gonfiore e il fastidio.
Questa situazione può essere poi aggravata se il nostro intestino non è in forma: se è presente una condizione di sovrappeso o obesità, sedentarietà, ma soprattutto di infiammazione cronica, probabilmente anche il microbiota intestinale ne sta risentendo e potrebbe trovarsi in una condizione di disbiosi causata da uno stile di vita non ottimale. Questo può portare ad una difficile digestione dei cibi più complessi.
Ma in tutto questo i poveri lieviti non c’entrano nulla!
Che cos’è la disbiosi intestinale?
I fastidi che proviamo a seguito del consumo di alimenti contenenti lieviti possono dipendere da un fenomeno detto “disbiosi”, che, di fatto, è un’alterazione della flora batterica dell’intestino. Questo disequilibrio può presentarsi in seguito a periodi di cura a base di antibiotici, durante periodi di forte stress o per un abbassamento delle nostre difese immunitarie. Anche un’alimentazione ricca di zuccheri semplici, prodotti industriali, cibi ricchi di grassi saturi e sale, il consumo di alcool e una vita molto sedentaria possono portare ad una disbiosi. Queste alterazioni possono manifestarsi con sintomi che possono essere scambiati per intolleranza. Molte persone ne soffrono e molto spesso, per trovare una soluzione, si rivolgono a test fai da te che impongono l’eliminazione di alcuni (tanti) alimenti, ritrovandosi nella maggior parte dei casi confusi e con un intestino sempre più irritato.
Quindi che fare?
L’intolleranza al lievito viene spesso “auto-diagnosticata” perché eliminando i cibi con lievito, per forza di cose si tende a mangiare meno (si eliminano tutti i prodotti da forno, come pane, focaccia, pizza ecc) e quindi si sta meglio. I disturbi digestivi si attenuano, si perde anche qualche kg, ma, purtroppo, questa è quasi sempre una situazione solo transitoria e i risultati raggiunti, a medio e lungo termine, si perdono a causa di una dieta troppo restrittiva poco sostenibile nel tempo.
A volte la soluzione è molto più semplice di quello che si crede. Il fastidio infatti può essere semplicemente dovuto al fatto che il nostro organismo ci sta comunicando che stiamo esagerando, stiamo mangiando troppo e male.
Così, chi non digerisce una pizza intera, potrebbe provare a mangiarne una più piccola oppure tre quarti. Potrebbe provare a sceglierla più leggera con meno ingredienti, ad accompagnarla con acqua invece che con una pinta di birra, oppure, ancora, ad evitare l’antipasto di fritti misti e il dolce a fine pasto. Non è la pizza di per sé a dare fastidio, ma è l’eccesso in generale a causare il problema.
Una corretta alimentazione e uno stile di vita adeguato, aiutano a prevenire i disordini gastrointestinali e a rendere più ricco e diverso il nostro microbiota, aumentando così il nostro stato di salute generale.