Una recente review scientifica cerca di fare chiarezza su uno dei fenomeni biologici più complessi e universali, ma di enorme importanza per la nostra salute: l’invecchiamento. E lo fa attraverso la lente del microbiota intestinale.
Microbiota intestinale: un ecosistema in evoluzione
Il microbiota intestinale, l’insieme dei trilioni di microorganismi che popolano il nostro intestino, influenza una vasta gamma di funzioni biologiche essenziali, dalla digestione alla regolazione del sistema immunitario, dall’assorbimento dei nutrienti al metabolismo del colesterolo.
Nel corso della nostra vita, la composizione del microbiota cambia radicalmente, adattandosi alle varie fasi dello sviluppo umano, dall’infanzia alla vecchiaia.
Questo studio spiega anzitutto che il microbiota intestinale subisce una serie di trasformazioni a partire dalla nascita. Il tipo di parto (naturale o cesareo) e l’alimentazione (latte materno o artificiale) nella prima infanzia giocano un ruolo fondamentale nel determinare la composizione iniziale dei batteri intestinali.
Nei bambini allattati al seno, per esempio, i Bifidobatteri dominano il microbiota, contribuendo allo sviluppo del sistema immunitario. Durante lo svezzamento, il microbiota si arricchisce di nuove specie batteriche, diventando più diversificato e raggiungendo una relativa stabilità nell’età adulta.
Adolescenza: gli ormoni influenzano il microbiota
Un aspetto interessante che emerge dallo studio riguarda i cambiamenti ormonali associati alla pubertà, che influenzano la composizione del microbiota in base al sesso.
Durante l’adolescenza, i livelli di estrogeni e testosterone determinano differenze significative nella composizione batterica tra maschi e femmine.
Studi precedenti su modelli animali e umani hanno dimostrato che il microbiota maschile tende a diversificarsi in modo distinto rispetto a quello femminile dopo la pubertà, con differenze nei tipi di batteri presenti e nelle loro funzioni metaboliche.
In età adulta, il microbiota intestinale raggiunge il massimo livello di complessità e stabilità, influenzando il metabolismo, la funzione immunitaria e la resistenza allo stress. Tuttavia, con il passare degli anni, questa stabilità viene compromessa.
Gli anziani mostrano una riduzione nella diversità del microbiota, con un aumento di batteri associati a condizioni di fragilità, come la famiglia Christensenellaceae, e una diminuzione dei produttori di acidi grassi a catena corta (SCFA), fondamentali per mantenere l’integrità della barriera intestinale.
Microbiota degli anziani: fragilità e “opportunismo”
L’invecchiamento porta con sé cambiamenti significativi nella composizione del microbiota intestinale, che ha implicazioni dirette per la salute.
Negli anziani, il microbiota perde parte della sua diversità, e aumenta la presenza di batteri patogeni e opportunistici, spesso a causa dell’indebolimento del sistema immunitario (un fenomeno noto come “immunosenescenza“).
Il microbiota anziano è caratterizzato da un incremento dei batteri appartenenti al phylum Bacteroidetes e una diminuzione di Firmicutes, due gruppi microbici che svolgono ruoli chiave nel metabolismo e nella salute immunitaria.
Questi cambiamenti sono strettamente legati a patologie tipiche dell’invecchiamento, come le malattie neurodegenerative (Alzheimer e Parkinson), malattie cardiovascolari e diabete di tipo 2.
La perdita di batteri benefici che producono SCFA, come il butirrato, contribuisce all’aumento della permeabilità intestinale (“leaky gut”), facilitando il passaggio di sostanze nocive nel flusso sanguigno e promuovendo uno stato di infiammazione cronica di basso grado, noto come “inflammaging”.
Questo stato infiammatorio accelera il processo di invecchiamento e contribuisce allo sviluppo di numerose malattie croniche.
Modulare il microbiota per invecchiare in salute
Nonostante il quadro apparentemente negativo legato ai cambiamenti del microbiota durante l’invecchiamento, la review evidenzia anche possibilità promettenti di intervento.
Modificare il microbiota intestinale attraverso l’uso di probiotici, prebiotici e interventi dietetici può aiutare a promuovere un invecchiamento sano. I probiotici, come per esempio i ceppi di Bifidobacterium longum e Lactobacillus rhamnosus, sono stati associati a una migliore funzione immunitaria e a una riduzione dell’infiammazione negli anziani.
L’attività fisica e una dieta bilanciata possono anch’esse favorire un microbiota diversificato e stabile, essenziale per la longevità.
Una delle principali scoperte che gli autori dello studio sottolineano è l’effetto positivo del butirrato, un acido grasso a catena corta prodotto da alcuni batteri intestinali, che sembra proteggere dall’invecchiamento fisiologico migliorando la funzione della barriera intestinale, modulando le risposte immunitarie e inibendo la senescenza cellulare.
Microbiota e sistema immunitario nella terza età
Il microbiota intestinale svolge un ruolo cruciale nel plasmare il sistema immunitario durante tutta la vita. Nei soggetti anziani, mantenere un equilibrio microbico può potenzialmente ritardare il declino immunitario e migliorare la risposta immunitaria, riducendo la suscettibilità alle infezioni e alle malattie legate all’età.
Questo suggerisce che interventi mirati a modulare il microbiota potrebbero contribuire a ridurre la fragilità immunitaria tipica dell’invecchiamento.
Sebbene l’invecchiamento sia un processo inevitabile, comprendere meglio il ruolo del microbiota intestinale offre nuove prospettive per ritardarne gli effetti.
Lo studio sottolinea la necessità di ulteriori ricerche per esplorare appieno i meccanismi che regolano l’interazione tra il microbiota e l’invecchiamento. Le future strategie potrebbero includere l’uso di trapianti di microbiota fecale (FMT) e altre tecniche avanzate per modulare il microbiota e promuovere la salute negli anziani.
In conclusione, questa review mette in evidenza come il microbiota intestinale rappresenti una componente chiave del processo di invecchiamento. Intervenire sul microbiota attraverso stili di vita sani, integratori alimentari e altre terapie potrebbe non solo rallentare il processo di invecchiamento, ma anche migliorare la qualità della vita nelle persone anziane.
Siamo solo all’inizio della comprensione di questa complessa interazione, ma i risultati finora ottenuti sono promettenti e potrebbero aprire la strada a nuovi approcci per promuovere un invecchiamento sano e ridurre il rischio di malattie croniche legate all’età.